Stephanie Blythe: “As Long as there are songs”

Please Be Kind (arr. S. Blythe and C. Terry); Bei mir bist du schon (arr. S. Blythe and C. Terry); Serenade In Blue (arr. S. Blythe and C. Terry); White Cliffs of Dover (arr. S. Blythe and C. Terry); Sally: Look for the Silver Lining (arr. S. Blythe and C. Terry); Always (arr. S. Blythe and C. Terry); Ziegfeld Follies: Love (arr. S. Blythe and C. Terry); St. Louis Woman: Any Place I Hang My Hat Is Home – The Sky’s the Limit: One for my Baby (arr. S. Blythe and C. Terry); How Deep is the Ocean? (arr. S. Blythe and C. Terry);  A Star is Born: The Man that Got Away (arr. S. Blythe and C. Terry); The Thrill is Gone (arr. S. Blythe and C. Terry); Wrap Your Troubles in Dreams (arr. S. Blythe and C. Terry); Pinocchio: When You Wish Upon a Star (arr. S. Blythe and C. Terry); This is All I Ask (arr. S. Blythe and C. Terry). Stephanie Blythe (mezzosoprano), Craig Terry (piano). 1 Cd Innova 875
Il Cd
L’album As Long As There Are Songs di Stephanie Blythe non deve creare aspettative sbagliate: non è una raccolta di arie operistiche. Un melomane purista potrebbe storcere il naso di fronte a questa incisione del famoso mezzosoprano americano di casa al Met e liquidarla frettolosamente. Eppure non è la prima volta che una cantante lirica si cimenta con un repertorio non strettamente operistico: un nome su tutti – Kiri Te Kanawa, che ha inciso due album, Kiri Sidetracks e The  Kiri Selection, in cui ha inciso e impresso il suo marchio a standard jazz come Autumn Leaves e a famose canzoni pop come With You I’m Born Again.
L’operazione della Blythe è molto simile, solo che lei si cimenta con il repertorio del cosìddetto Great American Songbook, che racchiude in sé tutte le composizioni più rappresentative della musica popolare americana del ventesimo secolo, appartenenti alla tradizione del teatro musicale, di Broadway e dei film musicali di Hollywood, oltre che al repertorio jazz. Quindi la Blythe si misura con pezzi che sono appartenuti al catalogo di cantanti come Frank Sinatra (Please Be Kind e Serenade in Blue), così come con numeri tratti da spettacoli famosi come Ziegfield Follies o con canzoni che sono diventate cavalli di battaglia di artiste come Judy Garland, come nel caso di The Man That Got Away (tratto dal celeberrimo A Star Is Born) e Look For The Silver Lining (tratto dal musical Sally), fino a When You Wish Upon a Star, tratta dalla colonna sonora del Pinocchio di Walt Disney. Esempi e citazioni potrebbero continuare ancora, ma, per aiutare il lettore a comprendere il periodo storico di cui parliamo, va detto che la maggior parte dei brani appartengono alla prima metà del ventesimo secolo.
Questo particolarissimo repertorio non è grandemente noto al pubblico italiano, ma non per questo può risultare ostico: l’ascolto è piacevolissimo e se ne percepisce il valore anche senza essere degli intenditori del genere. Nessun afflato drammatico, nessuna morte incipiente o nessuna eroina tormentata come nell’opera, ma un puro, patriottico omaggio della Blythe ai grandi autori americani. Omaggio che non dovrebbe stupire più di tanto, in quanto figlia di un musicista jazz, prima ancora di essere un mezzosoprano di fama internazionale.
La Blythe si spoglia degli abiti di cantante lirica per indossare i costumi della showgirl… e che showgirl! Benché l’uso che fa della voce sia alquanto lontano dall’idea di interpretazione operistica, la cifra stilistica della Blythe rimane di stampo lirico, conferendo alle sue interpretazioni in questo disco un vigore strepitoso, unito ad una notevole capacità interpretativa. Tuttavia, notando quest’uso insolito della voce da parte della Blythe, non può non sopraggiungere la sensazione che la vocalità ne soffra in termini di impostazione e limpidezza della linea di canto: la voce della Blythe sembra, a tratti, “ingolata” e ben lontana dai fasti delle sue interpretazioni wagneriane (notoriamente, nel ruolo di Fricka). Questo nuovo approccio vocale semplicemente non funziona nella maggior parte dei casi.
L’accompagnamento al pianoforte da parte di Craig Terry dà un senso di fumosa intimità, da jazz club americano, e di una più terrena essenzialità, lontana dalla magniloquenza degli arrangiamenti operistici e quindi più accessibile ad un pubblico più vasto e magari più avvezzo ad un teatro off di Broadway che ad un palcoscenico lirico. La scelta di registrare in presa diretta l’album aggiunge una sensazione di ruvidità che rafforza l’impressione di una precisa volontà dell’artista di allontanarsi dalla sua consueta immagine di interprete e di voler andare dritta alle radici della musica popolare americana, quasi volendo raggiungerle scavando il terreno con le mani nude: impressione confortata dalla constatazione che la Blythe ha avuto un ruolo attivo, insieme a Terry, nell’arrangiamento di tutti i brani di questa raccolta. Un disco pop – non nell’accezione più comune del termine, ma solo nell’impianto – per una interprete di indubbio talento che, però, secondo chi scrive, dà il meglio di sé quando affronta il repertorio lirico.