Myung-Whun Chung e la Seconda di Mahler

Roma, Auditorium “Parco della Musica”, Accademia Nazionale di Santa Cecilia, stagione 2013-2014
Orchestra e Coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Direttore Myung-Whun Chung
Soprano Ailish Tynan
Contralto Christianne Stotijn
Maestro del coro Ciro Visco
Gustav Mahler: Sinfonia n. 2 in do minore “Resurrezione”
Roma, 4 febbraio 2014

Ennesima défaillance di un direttore in programma nella corrente stagione dell’Accademia di Santa Cecilia; ennesima sostituzione d’eccezione, con un risultato più che ottimo: questa volta è il russo Valery Gergiev che recede ─ per motivi personali, a quanto sembra ─ e lascia campo libero all’ex direttore stabile dell’Accademia (1997-2005), il sudcoreano Myung-Whun Chung, dal talento poliedrico (è anche titolato pianista) e fermamente impegnato nel sociale. Il programma rimane immutato: la poderosa Sinfonia n. 2 di Mahler, cosiddetta della “Resurrezione”. Un lavoro impressionante per genialità, concezione architettonica e bellezza estetica; una di quelle enormi, grandiose sinfonie di Mahler che travalicano un genere musicale per abbracciarli tutti, dal canto al poema sinfonico: un vero e proprio Gesamtkunstwerk, un’“opera d’arte totale”.
La Sinfonia n. 2 fu la prima concepita come tale da Mahler; i primi abbozzi risalgono al 1888, ma la gestazione durò fino al 1894, anno in cui ebbe l’illuminazione relativa al senso generale della composizione e soprattutto al finale: Mahler, nelle sue lettere, afferma che gli sia venuta durante la celebrazione funebre dell’amico, compositore e direttore d’orchestra Hans von Bülow.
Lo sforzo che serve per dirigere questa partitura è ─ per prendere a prestito il nome di un’altra sua sinfonia ─ titanico. Chung muove la bacchetta con gesto severo, austero, composto: l’orchestra è imbrigliata perfettamente dall’inizio alla fine, senza mai un calo di tensione. La tessitura ritmica della sinfonia è una trama caleidoscopica, assai ardua da controllare alla perfezione: il gusto certo non manca a Chung, e anche se alle volte può apparire algido, meno compartecipe di altre bacchette, o può scegliere di dilatare eccessivamente alcuni passaggi o, all’opposto, stringerne degli altri, l’ora e mezza di sublime musica è coerentemente condotta, con rigore. Chung è anche attento al carattere del programma poetico che Mahler stesso aveva pensato per questa sinfonia. Nel I tempo (Allegro maestoso), la marcia funebre per l’eroe (“Totenfeier”), fa emergere dall’orchestra le inesorabili, ostinate figure ritmiche degli archi bassi (violoncelli e contrabbassi), vero cuore pulsante del movimento, intervallati dalle dissonanze delle trombe; poi lo squarcio luminoso e tutto si trasforma in un paradiso (arpeggi e legni); ma l’atmosfera s’intorbida nuovamente e riemerge, indefessa, la marcia funebre, in un continuo dialogo tra luce e ombra. Il tutto è sentito da Chung più nel suo senso generale, che in quello minuto; mostra più capacità da cesellatore nei due movimenti successivi. Dopo una lunga pausa ─ i cinque minuti prescritti dall’autore ─ inizia il II tempo (Andante moderato), una placida barcarola, esteticamente delicata e gradevole, pregna della dolcezza del ricordo, terso ma non totalmente scevro d’inquietudine, presaga della morte futura. Il III, lo Scherzo (In ruhig fliessender Bewegung) è di una tagliente ironia e i legni (clarinetto e oboe) in ricche figure cromatiche, cui fanno eco gli archi alti, suggeriscono il ritmo di una danse macabre. «Segue senza alcuna interruzione» (come afferma esplicitamente Mahler sulla partitura) l’Urlicht, “O Röschen rot!”, sentitamente cantato dal mezzosoprano Christianne Stotijn, dalla voce non potente ma espressiva: l’esperienza nel brano e la pulizia dell’emissione conferiscono bellezza all’esecuzione di questo canto che anela al divino. Il tutto termina nel poderoso finale (V), il canto della Resurrezione: Chung dirige al meglio delle sue possibilità l’ingente massa orchestrale (si pensi alla difficoltà di coordinare l’immane orchestra con gli ottoni retroscenici, le trombe del Giudizio Universale) e l’eccellente coro dell’Accademia (Ciro Visco), che interpreta divinamente il corale finale “Aufersteh’n, ja aufersteh’n wirst du” del poeta Klopstock, compatto e dall’emissione sonora impeccabile, assieme al talentuoso soprano Ailish Tynan. Un successo sugellato dagli applausi del pubblico ─ quasi una galvanizzazione generale successiva all’ultimo movimento: «solo se sento profondamente compongo ─ solo quando compongo, sento profondamente» ebbe a dire Mahler di questo capolavoro: un caloroso saluto del pubblico romano tributato al ritorno di un maestro stabile dell’Accademia. Foto Riccardo Musacchio & Flavio Ianniello