Dopo la stagione, coincidente con Lodoletta e Sì, che alcuni critici definirono del disimpegno, Mascagni decise di dedicarsi alla composizione di un’opera a sfondo politico sebbene poco ispirato da questi soggetti, come si evince da una lettera indirizzata a Forzano: “Come si può mettere in musica l’acquisto dei voti dei deputati della Convenzione? […]. E poi, Forzano, si può far cantare Robespierre? Lei lo vede Robespierre tenore, o anche baritono, o basso profondo. Io non me sento”.
Forzano, studioso della Rivoluzione francese, in precedenza aveva proposto a Mascagni una serie di soggetti ispirati a questo delicato momento storico e tra questi un libretto incentrato sulla figura di Robespierre e uno su quella di Maria Antonietta, di cui esiste uno spezzone di libretto. Nonostante ciò, la Rivoluzione Francese continuò ad esercitare un certo fascino sulla fantasia di Mascagni e di Forzano che trovò ispirazione in Noyades di Nantes di George Lenôtre e in Sous la terreur di Victor Martin. Nacque, così, Il piccolo Marat, un’opera nella quale la Rivoluzione francese, con i suoi protagonisti principali, resta confinata sullo sfondo di una vicenda particolarmente complessa e molto più umana e, quindi, idonea alla musica e al canto. Mascagni, tuttavia, poco soddisfatto delle qualità poetiche di Forzano, chiese l’intervento di Targioni-Tozzetti, ma la collaborazione fu tutt’altro che semplice e pacifica. Forzano, infastidito, chiese e ottenne che l’apporto di entrambi fosse ben distinto segnalando le parti scritte da Targioni-Tozzetti con le virgolette. Rappresentata per la prima volta al Teatro Costanzi di Roma il 2 maggio 1921 sotto la direzione del compositore con Gilda Dalla Rizza (Mariella), Agnese Porter (principessa Fleury), Hipólito Lázaro (piccolo Marat) e Luigi Nardi (voce interna), Benvenuto Franci (soldato), Ernesto Badini (carpentiere), Michele Fiore (ladro), Augusto Beuf (capitano) Arturo Pellegrino (portatore d’ordini), Gino De Vecchi (spia), Mario Pinheiro (tigre), Taurino Parvis (Presidente) e Luigi Ferroni (Orco), l’opera ebbe un immediato successo tale da rinverdire i fasti di Cavalleria rusticana e destinato a ripetersi negli altri teatri italiani. Giannotto Bastianelli, non sempre tenero nei confronti delle opere di Mascavgni, uscendo dal teatro dopo una rappresentazione bolognese nel 1923, annotò: Così ho lasciato il Comunale in quello stato parossistico che danno i grandi successi.
Atto primo
Un enigmatico e moderno accordo (Es. 1), costituito da sovrapposizioni di quinte diminuite e quarte aumentate (che delle quinte diminuite sono l’inversione) e non riconducibile agli schemi dell’armonia tradizionale, apre il primo atto del Piccolo Marat, la cui scena iniziale raffigura una piazzetta di una cittadina francese durante il periodo della Rivoluzione. Qui un coro a cappella di prigionieri intona una preghiera alla Vergine, mentre una folla di persone si accalca all’interno della piazza additando una fanciulla con un paniere che, secondo le voci del popolo, sarebbe rea di essere una contrabbandiera. La fanciulla, che si scoprirà essere Mariella, viene salvata da un giovane, mentre una guarnigione di Marats blocca la folla che vorrebbe inseguirla. In questo quadro iniziale Mascagni dà vita ad una raffinata scena corale nella quale si assiste ad un serrato dialogo tra i due cori con i Marats che promettono alla folla in tumulto che sarebbe stata fatta giustizia. Nemmeno l’intervento del Capitano riesce a mettere ordine e a nulla vale il suo richiamo ai valori della patria, in quanto la folla affamata e inferocita accusa i Marats di accaparrarsi i beni alimentari. Ne nasce un tumulto che viene sedato dall’imperioso intervento dell’Orco (Morte ai briganti!), soprannome con cui è designato il presidente del Comitato Rivoluzionario. La folla, per difendersi dall’accusa di briganti, rivolge la sua ira su Mariella che l’Orco, non senza una certa riluttanza, interroga sull’accaduto. La ragazza, che si scopre essere la nipote di quest’ultimo, si difende dicendo che stava portandogli il paniere con la cena quando la folla l’avrebbe quasi linciata se non fosse intervenuto in suo soccorso un giovane. Qui la scrittura, inizialmente piena di ribattuti che indulgono al parlato restituendo sulla pagina un effetto veristico, si libra in aperture liriche che mostrano quasi il primo sbocciare di un sentimento amoroso. L’Orco, rivolgendosi alla folla, dice che si tratta della propria nipote che stava portandogli la sua parca cena, suscitando la reazione inviperita di un uomo che, riprendendo l’intervallo melodico di quarta aumentata discendente dell’inizio, lo accusa di godere del privilegio di poter cenare. A questo punto interviene Il Piccolo Marat, il salvatore di Mariella, che in una scrittura vocale con la quale sembrano rinverdirsi i fasti del Ratcliff (Attorno a quel paniere), distribuisce alla folla lo scarso contenuto del paniere portato da Mariella mostrando, nel contempo, l’insensatezza del loro comportamento e il suo coraggio. L’Orco ordina di arruolarlo tra i Marats che intonano un giuramento, mentre la folla, lamentando la mancanza del pane su un accordo formato da quinte vuote, si disperde. Mariella, rimasta sola con Il Piccolo Marat, lo ringrazia in una pagina di tenero lirismo, a cui si contrappone il cinismo dell’Orco che, preoccupato della folla, vorrebbe liberare le prigioni velocemente per riempirle di nuovo. Il suo terribile piano è quello di imbarcare i detenuti in un battello da fare esplodere una volta giunto nella parte più profonda del fiume. Il carpentiere, che per paura ha lavorato alla realizzazione del battello, è inorridito e per questo viene condannato ad assistere a tutte le esecuzioni capitali che si svolgeranno. Giunge, allora, un soldato che accusa l’Orco delle nefandezze di cui è responsabile. Quest’ultimo risponde con una prosopopea sulla quale Mascagni ironizza con un tema di carattere falsamente pomposo (Es. 2). Nel frattempo viene rivelata al pubblico la vera identità del Piccolo Marat il quale non è altri che il principe di Fleury alla ricerca della madre che era stata arrestata in precedenza e che ritrova nel carcere. Il tenero duetto tra i due si conclude quando si sente la voce dell’Orco che sta dando le ultime indicazioni per compiere il suo scellerato piano. Imbarcati sul battello, i prigionieri riprendono la preghiera intonata all’inizio dell’opera, mentre Il Piccolo Marat in uno slancio da tenore eroico promette alla madre che l’avrebbe salvata.
Atto secondo
Un cupo tema introduce perfettamente la tetra casa dell’Orco dove è ambientato l’atto secondo. Qui Mariella è raggiunta dal carpentiere che le chiede di ottenere la grazia presso suo zio; i due danno vita ad un duetto che è un’occasione per ricordare, in passi di acceso lirismo, la vita serena che si conduceva prima della rivoluzione. Alla fine del duetto il carpentiere, angosciato dal rimorso di aver partecipato a quell’orrore lavorando al battello, confessa alla fanciulla, con la promessa di non tradirlo, di aver fatto la spia al soldato. Divenuto importante Il Piccolo Marat concede la grazia al carpentiere a patto che questi gli fornisca un battello e lo attenda tutta la notte nei pressi del carcere. Entra in scena l’Orco, il quale, dopo essersi informato sulla spia e su una presunta congiura, amministra la giustizia in modo sommario e convoca una famiglia insieme alla quale si presenta una donna di cui non conosce l’identità, in quanto si è perduto l’incartamento che in realtà era stato nascosto preventivamente dal Piccolo Marat. Si tratta, infatti, della principessa per la quale Il Piccolo Marat interviene chiedendo all’Orco di riportarla in carcere per farla riconoscere dagli ussari di servizio lì. L’intervento del soldato che accusa l’Orco di amministrare la giustizia in un tribunale improvvisato, induce quest’ultimo a rimandare in carcere i prigionieri. Nel successivo duetto con il Soldato l’uomo mostra tutto il suo abominevole odio nei confronti dei vecchi oppressori e inneggia al Terrore, mentre il Soldato cerca di rivelare alla folla i delitti dell’Orco senza successo. Mariella, rimasta sola, è raggiunta dal Piccolo Marat che nel duetto successivo rivela la sua vera identità e il suo piano per salvare la madre: egli vorrebbe immobilizzare l’Orco che sarebbe rientrato ubriaco e costringerlo a firmare la grazia. La giovane, che si è innamorata del Piccolo Marat e intende fuggire con lui, decide di assecondare il piano. Nel frattempo l’Orco rincasa ubriaco e a stento riesce ad entrare nella sua stanza, mentre l’atto si conclude in modo misterioso.
Atto terzo
Un preludio dalle sonorità lugubri apre il terzo conciso e coeso atto ambientato nella camera dell’Orco, dove l’uomo, inizialmente in preda agli incubi, si sveglia scoprendo di essere legato. Il Piccolo Marat si presenta con il salvacondotto per la madre che l’Orco firma controvoglia e in quel momento giunge la notizia che Tolone è stata conquistata da Napoleone. Nella confusione i due amanti cercano di fuggire, ma l’Orco riesce a sparare un colpo di pistola che ferisce Il Piccolo Marat; questi prega Mariella di salvare se stessa e sua madre abbandonandolo lì, ma la donna non vuole lasciarlo. Liberatosi, l’Orco vorrebbe uccidere Il Piccolo Marat, salvato dal Carpentiere che colpisce l’uomo con un candelabro. Finalmente salvi, i quattro possono fuggire, mentre un lirico tema tratto dal duetto tra il Piccolo Marat e Mariella sembra coronare musicalmente il loro sogno d’amore. In allegato il libretto dell’opera
Si ringrazia la sig.ra Guia Farinelli Mascagni per aver fornito lo spartito per canto e pianoforte del Piccolo Marat nella riduzione realizzata da Guido Farinelli.