Novara, Teatro Coccia
“LA PASIÓN DE CARMEN”
Musica Georges Bizet y Flamenco
Coreografia Carmen Cantero e Ricardo Lopez
Ballet Flamenco Español
Novara, 25 gennaio 2014
Immagino quanto sia difficile creare, realizzare, riprodurre un’opera artistica, sia un classico sia una pura innovazione nel repertorio della danza; dietro l’opera c’è un infinito lavoro, e quindi dichiaro tutto il mio rispetto per chi ci prova. Ma tale lavoro non è da tutti, e quindi è meglio ridimensionare le proprie aspirazioni quando mancano capacità e mezzi adeguati. Il Teatro Coccia di Novara ha ospitato – al di fuori della sua stagione – una produzione di Carmen (La pasión de Carmen) per cui il povero Bizet in questi giorni si ritorce nella tomba, al colmo della sofferenza e del dolore. Il classico è stato presentato in uno spettacolo in due atti da parte del Ballet Flamenco Español (già il nome lascia molto a desiderare), ma la sorpresa è stata tremenda: ci si aspettava un balletto pieno di temperamento e di passione (come da titolo), e invece ci si è trovati di fronte a nove ballerini inesperti, tanto che sembrava di essere a un saggio scolastico.
Il flamenco si caratterizza per tanti aspetti, braccia morbidissime, polsi che non smettono di girare, palmi stesi in alto, posizioni pittoresche, torso in arco teso al massimo, zapateados (danze con ritmo punteggiato dalle calzature dei ballerini), poliritmia costante, alterigia, ostentazione eccessiva degli affetti, insomma tutto quello che in spagnolo si direbbe zalameria. Ma a Novara (e nelle altre città italiane in cui il balletto è in tournée in queste settimane) la coreografia era decisamente scarsa, come fatta senza voglia, senza impegno; il corpo di ballo sporco nei movimenti; non si è visto un solo lavoro riuscito bene, perché ogni danzatore aveva uno stile, una tecnica diversa da quelli degli altri (e toccherebbe al coreografo risolvere questi problemi). La prestazione della solista che interpretava Carmen è stata orrenda; può darsi che sia stata penalizzata dall’eccessiva altezza: i ballerini alti non sono molto commerciali, perdono grazia, ed è difficile per loro farsi valere; però con l’esperienza si possono acquisire trucchi e fiducia in se stessi. La Carmen di Novara invece era proprio dilettante, ha tenuto sempre lo sguardo rivolto in basso, non è riuscita a creare nessuna connessione con il pubblico né a interpretare il personaggio né a dimostrare la sua tecnica (insomma a qualificare tutti gli anni di studio nel campo della danza). L’unico artista che si poteva guardare era il ballerino che interpretava Don José, tecnicamente il migliore di tutti. La sorpresa peggiore è che la storia di Carmen finisse con la prima parte dello spettacolo, concentrata in appena tre quarti d’ora. E la seconda parte? Ancora più breve della prima, si apre con un tableau di flamenco (e sarebbe stato meglio se la compagnia avesse proposto una serata tutta di flamenco originale invece di distruggere i classici). Iniziano gli strumentisti, e la loro musica dal vivo è meravigliosa, coinvolge molto più delle registrazioni di Bizet, finalmente avvolge e trasporta nel mondo del flamenco; seguono un paio di improvvisazioni, mezzi balletti, insomma ben poco da dire. Va invece ricordato che il Teatro Coccia fosse spaventosamente semi-deserto; lo sparuto pubblico ha comunque applaudito calorosamente gli artisti al termine delle due parti.