Parma, Teatro Regio, Stagione Lirica 2014
“PAGLIACCI”
Dramma in un prologo e due atti
Libretto e musica di Ruggero Leoncavallo
Nedda / Colombina SERENA DAOLIO
Canio / Pagliaccio RUBENS PELIZZARI
Tonio / Taddeo ELIA FABBIAN
Beppe / Arlecchino DAVIDE GIUSTI
Silvio MARCELLO ROSIELLO
Un Contadino ALESSANDRO BIANCHINI
Un altro Contadino DEMETRIO RABBITO
“GIANNI SCHICCHI”
Opera in un atto su libretto di Giovacchino Forzano
Musica di Giacomo Puccini
Gianni Schicchi ELIA FABBIAN
Lauretta EKATERINA SADOVNIKOVA
Zita SILVIA BELTRAMI
Rinuccio DAVIDE GIUSTI
Gherardo MATTEO MEZZARO
Nella ELEONORA CONTUCCI
Betto di Signa GIANLUCA MARGHERI
Simone MATTEO FERRARA
Marco MARCELLO ROSIELLO
La Ciesca ROMINA BOSCOLO
Maestro Spinelloccio STEFANO RINALDI MILIANI
Ser Amantio di Nicolao STEFANO RINALDI MILIANI
Pinellino, calzolaio MATTEO MAZZOLI
Guccio, tintore ROMANO DAL ZOVO
Orchestra Regionale dell’Emilia Romagna
Coro del Teatro Regio di Parma
Coro di voci bianche e Giovanili Ars Canto Giuseppe Verdi
Direttore Francesco Ivan Ciampa
Maestro del coro Martino Faggiani
Maestro del coro di voci bianche Gabriella Corsaro
Regia Federico Grazzini
Scene Andrea Belli
Costumi Valeria Donata Bettella
Luci Pasquale Mari
Nuova produzione del Teatro Regio di Parma
Parma, 18 gennaio 2014
La Stagione Lirica 2014 del Teatro Regio di Parma inaugura all’insegna di un insolito dittico che unisce Pagliacci di Ruggero Leoncavallo e Gianni Schicchi di Giacomo Puccini. Una scelta che segna un taglio netto con le stagioni ‘oloverdiane’ degli anni precedenti ma che tra il pubblico parmigiano, durante l’intervallo, sembra non aver sortito il giusto richiamo («Era meglio Verdi»… «A me piace solo la romanza»… «Non sono le mie opere preferite»…). Insomma, difficile come sempre accontentare tutti soprattutto in quel di Parma. Dopo una prima un po’ burrascosa, la seconda recita – che ha visto un cast leggermente modificato nei Pagliacci – ha raccolto un vivo successo di pubblico.
La regia di entrambe le opere viene affidata a Federico Grazzini; le scene sono di Andrea Belli, i costumi di Valeria Donata Bettella e le luci di Pasquale Mari. Uno degli spettacoli più belli messi in scena in questi ultimi anni al Teatro Regio. Appena si apre il sipario dopo il Prologo dei Pagliacci, si è subito catapultati nei mitici anni dell’EIAR: i pagliacci arrivano a bordo di un treno accolti dal popolo e dall’autorità cittadina così come l’apertura della commedia (scena seconda) diventa un momento di teatro di rivista per la gioia dei numerosi marinai che affollano la platea (ricavata in prossimità del retropalco, creando così un efficace effetto di ‘teatro nel teatro’). L’impianto generale tende tuttavia a perdere un po’ di fluidità allorché i cori vengono ammassati e sconta anche qualche ingenuità, come «la frusta del cane immondo» che diventa un coltello per sfregiare la mano di Tonio. Da Nedda che apre la finestra del proprio camerino per far entrare il sole ferragostano, si passa poi alla claustrofobica e opprimente ambientazione di Gianni Schicchi; la scena è ovviamente unica, un ambiente oblungo atto a ricreare la camera del defunto, resa ancor più lugubre dall’illuminazione fioca e ovattata. Qui il referente primo sono gli anni ’60 del Novecento, ravvisabili in acconciature e costumi. Quello che però colpisce, soprattutto nello Schicchi, è come la regia sembri non voler lasciare nulla al caso; chi sta in scena sa sempre cosa fare, fino alla baruffa finale (realizzata benissimo) tra i parenti gabbati e Schicchi.
Rubens Pelizzari ha incarnato un Canio molto efficace scenicamente; la voce è di buon volume così come buona è parsa la volontà di voler fraseggiare con gusto. Qualche suono aperto sul passaggio superiore non ha inficiato una prova comunque positiva. È stato il più applaudito dell’intera serata, a seguito dell’esecuzione della propria aria. Più pallida a suo fianco la Nedda di Serena Daolio, dotata di un centro molto fioco e che ha affrontato i pochi acuti previsti dalla parte con molta cautela, attaccandoli in piano e poi cercando di rinforzare il suono. Funzionale, soprattutto scenicamente, il Tonio di Elia Fabbian; sonoro ma ruvido nell’emissione il Silvio di Marcello Rosiello che trova tinte da vero innamorato solo al termine del duetto con Nedda. Di Davide Giusti come Beppe si è sentito molto poco, anche durante l’esecuzione della serenata a Colombina. Completavano il cast Alessandro Bianchini e Demetrio Rabbito (i Contadini).
Ritroviamo Elia Fabbian nei panni di Gianni Schicchi. Si può rilevare una voce di discreta ampiezza ma l’emissione non sempre facilissima gli impedisce di essere incisivo musicalmente. Ekaterina Sadovnikova è stata una Lauretta molto piacevole: voce piccola ma ben impostata e melodiosa, conquista il pubblico col suo «Babbino caro». Di Davide Giusti come Rinuccio c’è poco da aggiungere a quanto detto sopra, se non che il canto sempre muscolare lo priva di volume e squillo. Irresistibile la Zita ‘pazzoide’ di Silvia Beltrami, la vera protagonista della serata. Bene il Gherardo di Matteo Mezzaro, un po’ querula la Nella di Eleonora Contucci. Molto convincente Stefano Rinaldi Milani impiegato nel doppio ruolo di Maestro Spinelloccio e Ser Amantio. Su un livello di correttezza il resto della compagnia, comunque molto coinvolta nel funambolico disegno registico. Buone la prove del Coro del Teatro Regio di Parma guidato da Martino Faggiani e del Coro di voci bianche e Giovanili Ars Canto Giuseppe Verdi.
La conduzione di Francesco Ivan Ciampa, funzionale sì ad un mero accompagnamento al canto, appiattisce però ciò che invece dovrebbe essere peculiare. Se in Pagliacci è mancata una descrizione efficace dei paesaggi arroventati, della canicola, delle passioni che trasformano la farsa teatrale in tragedia, in Schicchi si è avvertito qualche turgore sonoro in più… poco altro. Discreta la prova dell’Orchestra Regionale dell’Emilia Romagna.
Del consenso unanime abbiamo già riferito. Repliche fino al 26 gennaio. Foto Roberto Ricci – Teatro Regio di Parma