Napoli, Tearo di San Carlo, stagione di balletto 2013-2014
“LO SCHIACCIANOCI”
Coreografia di Marius Petipa e Lev Ivanov
Musica Pëtr Il’č’ Ĉaikovskij
Clara/Principessa Confetto MARIJA KICEVSKA
Principe Schiaccianoci GIUSEPPE PICONE
Drosselmeyer EDMONDO TUCCI
Regina della Neve ALESSANDRA VERONETTI
Danza spagnola LUISA IELUZZI, ALESSANDRO STAIANO, CLAUDIA D’ANTONIO, STANISLAO CAPISSI
Danza araba ROBERTA DE INTINIS, ERTRUGREL GJONI
Danza cinese SARA SANCAMILLO, CANDIDA SORRENTINO
Danza russa CARLO DE MARTINO, PASQUALE INCORONATO, MICHELE POSTIGLIONE
Mirlitoni MARTINA AFFATICATO, ANNALINA NUZZO, VITO LORUSSO
Solisti fiori MARGHERITA PROVENZANO, SALVATORE MANZO
Orchestra E Coro di Voci Bianche del Teatro di San Carlo
Corpo di Ballo del Teatro di San Carlo
Allievi della Scuola di Ballo del Teatro di San Carlo diretta da Anna Razzi
Direttore David Coleman
M° del Coro di Voci Bianche Stefania Rinaldi
Scene Nicola Rubertelli
Costumi Giusi Giustino
Napoli, 4 gennaio 2013
Puntuale come una ricorrenza, Lo Schiaccianoci (prima rappresentazione 18 dicembre 1892, Teatro Marijnskij di San Pietroburgo), ovvero il balletto principe delle festività natalizie non manca di deliziare anche quest’anno, con le sue magiche e dolcissime atmosfere, il pubblico partenopeo al Teatro di San Carlo di Napoli, con un allestimento curato dalla Direttrice del Corpo di Ballo Alessandra Panzavolta, dall’originale di Marius Petipa e Lev Ivanov, per “dipingere” la splendida partitura di P. I. Ĉjajkovskj sul palcoscenico del Massimo napoletano.
Contrariamente al solito, ci si asterrà in questa sede dalle notizie storico-tecniche più accurate che devono necessariamente far parte di una recensione, dato che di “noci da schiacciare” ce ne sono state parecchie in questo periodo e il nostro spettacolo chiude verosimilmente la classicissima saga natalizia che i teatri di tutto il mondo offrono a un pubblico assetato di fiaba e di sogno. Specie in un momento particolarmente nero come questo. Visto e rivisto, trito e ritrito, Lo Schiaccianoci – sia pure con inevitabile tedio iniziale da parte di qualcuno, data la ricorrenza del titolo – ha la potenza del capolavoro, perché riesce a stupire ogni volta anche il più scettico dei presenti.
Le ormai popolarissime melodie, il cui ascolto superficiale potrebbe pericolosamente banalizzarne il significato (soprattutto se associate a spot pubblicitari), continuano invece a raccontare una storia che affascina per la verità che emana attraverso l’illusione del fantastico. La gaiezza spensierata dei bambini, la serenità degli adulti in un giorno di festa, la gioia del dono e un desiderio: quello di diventare grandi e di realizzare i propri sogni. Niente di più auspicabile e appetibile. Un’immersione nell’onirico che ha il grande merito di separarci dalle miserie quotidiane per qualche ora, nutrendo lo spirito di chi ha la fortuna di comprendere il significato di tanta profondità.
L’allestimento del Teatro di San Carlo per questa stagione è il migliore degli ultimi anni. Ripreso con pochi elementi (e abbiamo rischiato anche grosso, visti i problemi finanziari degli ultimi tempi…), il risultato è stato tuttavia efficace e convincente. Il pubblico, ancora numerosissimo alla terzultima recita, ha accolto con calorosissimi applausi un corpo di ballo quasi completamente rinnovato. Con nostra grande gioia e un sospiro di sollievo. Ma procediamo con ordine, a partire dai protagonisti. Nel doppio ruolo di Clara – Principessa Confetto la Prima Ballerina del Balletto di Macedonia Marija Kicevska: formatasi all’Accademia di Balletto di Skopje e presso la Scuola di Balletto a Parigi, minuta e perfettamente nella parte, è stata una Clara bambina leggiadra e convincente, lirica e appassionata nel primo Pas de deux (nel quale la bambina è diventata già adolescente, così come ci dice la musica) precisa e solida nel grand Pas de deux finale, in cui la maturità raggiunta ce la figurano alcuni “drammatici” cambiamenti di tonalità. Questo Passo a due, in particolare, ha scatenato un vero delirio da parte del pubblico. Sarà che la musica di Ĉjajkovskj, con il suo respiro sinfonico e magicamente evocativa delle atmosfere raccontate, già da sola riesce a commuovere e a trasportare lo spettatore nell’incanto della fiaba, ma gli interpreti principali hanno saputo coinvolgere e convincere tutti con esecuzioni da manuale.
Benché il titolo sia dedicato al principe Schiaccianoci, il balletto classico, si sa, è della donna. Di una bimba che diventa donna secondo il topos letterario più fortunato di tutti i tempi, quello di un principe che arriva solo nei sogni e poi scompare. Peccato per chi avrebbe voluto vederlo un po’ di più questo principe, soprattutto se si chiama Giuseppe Picone. Ma Lo Schiaccianoci è così: ce lo fa desiderare e condensa in pochi e faticosissimi passaggi la visione del nostro eroe. Non serve ripetere quanto già più volte detto a proposito di una delle stelle più fulgenti della danza internazionale, tanto più caro al Teatro di San Carlo, nella cui Scuola ha mosso i primi passi, perché proveniente da un piccolo paese del casertano. Una stella nata dai sacrifici del fratello maggiore, che a suo tempo rinunciò a laurearsi in medicina per accompagnarlo tutti i giorni alla Scuola di ballo del San Carlo. Chissà in quanti lo farebbero oggi. Ebbene, chi ha creduto in una stella nascente può oggi ammirare la levità e la forza, l’eleganza e il salto felino di un artista di straordinaria bellezza e bravura. Non solo danzatore agile ed elegante, specie nei grand jetés nei quali la leggerezza dell’atterraggio silenziosissimo è pari alla forza dello slancio aereo, ma anche ottimo partner per la ballerina (cosa non sempre direttamente proporzionale al valore del danzatore in sé). Una coppia felice, insomma, che ha ammaliato con grazia ed eleganza.
Edmondo Tucci è stato un Drosselmeyer piuttosto diverso da quelli generalmente proposti nelle passate edizioni, in senso più che positivo: la ventata “sportiva” che il suo stile consueto porta in scena, quel tocco moderno che traspare dai movimenti decisi e virili hanno dato vita a un personaggio seducente, una sorta di anello di congiunzione tra Clara e il Principe, l’elemento terreno al quale la bambina si affida per raggiungere il sogno. Bella prova anche per le prime ballerine Alessandra Veronetti, meno rigida dello scorso anno nel ruolo della Regina della Neve, e soprattutto Roberta De Intinis, che nei movimenti lenti e sinuosi della Danza araba è stata davvero convincente, accompagnata dal giovane Ertrugrel Gjoni, uno dei migliori elementi della nuova compagnia. La Danza spagnola è stato uno dei numeri migliori della serata, eseguita con tecnica sicura e temperamento focoso dal due coppie di giovanissimi, Luisa Ieluzzi e Alessandro Staiano, Claudia D’Antonio e Stanislao Capissi, che ci auguriamo di rivedere in scena con lo stesso cipiglio e con risultati sempre maggiori. Simpatico e carino il duo della Danza cinese, con Sara Sancamillo e Candida Sorrentino (lo scorso anno impegnata nel ruolo di Clara), mentre vigoroso e ben eseguito è stato il numero della Danza russa, eseguito dal Pasquale Incoronato, Pasquale Giacometti e Danilo Di Leo. Ottima prova anche per Salvatore Manzo nel ruolo di Arlecchino e come solista nel trio dei Mirlitoni. Qualche problemino per le sue partner, invece, nelle conclusioni delle pirouettes. Il momento meno convincente è apparso forse il Valzer dei fiori, in parte per l’esiguità della “flora” (solo sei donne e sei uomini), in parte per l’insicurezza dei solisti. Nel complesso, si può finalmente dire che il ricambio generazionale ha innalzato il livello generale della compagnia. Ci si augura che questi giovani proseguano sulla strada dell’umiltà e del lavoro per migliorare sempre più e portare in alto il nome di un Teatro che non ha certo bisogno di presentazioni, ma che deve tornare a splendere anche per la sua Danza. La strada intrapresa sembra finalmente quella giusta.
A parte il taglio di alcune scene iniziali del secondo atto, la vicenda fiabesca si è dipanata secondo tradizione dinanzi agli occhi di un pubblico costantemente attento ed entusiasta, sempre pronto ad applaudire, anche quando non avrebbe dovuto! L’orchestra ha ancora una volta eseguito la partitura con calda partecipazione emotiva, grazie all’energica direzione del direttore David Coleman. Il Coro di Voci Bianche del Teatro di San Carlo, diretto da Stefania Rinaldi, si è distinto per una delicatezza estrema. Molto belle le scene di Nicola Rubertelli e i costumi di Giusi Giustino (gli unici un po’ meno eleganti sono apparsi quelli degli uomini nel Valzer dei fiori). Se il buongiorno si vede dal mattino, noi vogliamo vederlo dal principio del nuovo anno. Buon 2014, Teatro di San Carlo!