Lucca, Teatro del Giglio, Stagione danza 2013/2014
Compañía Antonio Gades
“CARMEN”
Coreografia Antonio Gades
Carmen MARÌA JOSÉ LÓPEZ
Don José MIGUEL LARA
Torero JAIRO RODRÌGUEZ
Il marito MIGUEL ÁNGEL ROJAS
Musicisti
Cantaora: Ángela Nuñez “la Bronce”
Cantaores: Joni Cortés, Juañares, Enrico PAntoja, Gabriel Cortés
Chitarristi: Antonio Solera e Camarón de Pitita
Staff tecnico
Direttore tecnico Dominique You
Fonico Beatriz Anievas
Luci Marc Bartoló
Costumi e attrezzista Carmen Sanchez
Lucca, 23 gennaio 2014
Nonostante la delusione per chi attendeva da mesi le giovani leve di Alvin Ailey, assenti per motivi indipendenti dal Teatro del Giglio, il rimpiazzo dell’ultimo minuto non può che aver soddisfatto il pubblico lucchese della danza. Protagonista della serata di giovedì 23 gennaio, il flamenco, quello d’autore e di repertorio, rivelatosi al pubblico dei grandi teatri attraverso il talento carismatico di Antonio Gades. Danzatore, coreografo ma anche regista, Antonio Esteve Ródenas, in arte Gades,è stato il primo a creare un repertorio contemporaneo per il flamenco che si discostasse dai caricati folklori propinati ai turisti in Spagna, per divulgare una danza pregiata a prescindere dalle origini popolari gitane. La sua trilogia coreografica, da Las Bodas de Sangre a l’Amor Brujo passando per Carmen, fonde musica aulica a canti popolari iberici, in una partecipazione diretta con l’eleganza sincopata di danzatori in vaqueros a vita alta e danzatrici cinte da ruote sgargianti e a pois.
Sul palco del Giglio il testamento di Gades, la compagnia diretta da Stella Arauzo (partner di Gades in Carmen dopo la storica Cristina Hoyos) che da anni mantiene vivo l’operato del coreografo a Getafe, cittadina poco distante da Madrid.
Ad accogliere la corte di cantori, musicisti e ballerini, un pubblico ancora commosso dall’ultimo saluto al maestro Abbado da poco scomparso, celebrato prima dell’apertura del sipario con un lungo applauso. Poi è subito Spagna, quella dei chitarristi rotondi che incitano le danze su sedie impagliate, quella delle matrone in mantones che graffiano il toque di lamenti poetici, quella di danzatrici strette in vita che ammaliano con il braceo e scandiscono lo zapateo con tacchi sonori.
La Carmen di Gades è la trasposizione adattata del film candidato all’Oscar che interpretò lui stesso sotto la direzione di Carlos Saura nel 1983. In “Carmen Story” il coreografo Gades era in cerca di una prima ballerina adatta al ruolo principale e si imbatteva in una vera Carmen, di nome e di fatto, artefice della storia nella storia originariamente scritta da Prosper Mérimée.
Sul palco del Giglio quel che rimane della vecchia compagnia e molti volti nuovi. All’apertura del sipario un corpo di ballo in prova diretto da Miguel Lara, classe 1983, nei panni di Don Josè, ruolo che fu di Gades ai tempi d’oro. Poi l’intreccio, Maria José Lòpez alias Carmen che ferisce la rivale, a riproporre la memorabile scena che nel film vedeva la giovane attrice Laura del Sol duellare a passo di flamenco con la storica compagna artistica di Gades, Cristina Hoyos, in realtà la Carmen originale, la regina dei palcoscenici internazionali. E ancora la seduzione e la passione tra i due protagonisti, il duello coi bastoni dopo la partita a carte tra Don José e il marito di Carmen interpretato dall‘autentico ma ormai attempato Miguel Ágel Rojas, e infine la gelosia incalzante per l’austero torero Jario Rodrìguez verso il tragico epilogo. Il tutto intervallato e condito da momenti popolari, dove danzatori, cantanti e musicisti si scambiano di ruolo tra palos e compás in un coro che insorge e fomenta la “ribellione di Carmen alla proprietà privata dei sentimenti”, come disse lo stesso Gades in un’intervista del 1984. Le note di Bizet subentrano talvolta come la base di una sala prove che si interseca in una novella d’ altri tempi o come un sottofondo che sottolinea flebilmente i passi cruciali. Così l’Habanera sembra quasi provenire da una radio accesa che scatena la sensualità di Carmen, la protagonista indiscussa dell’ intero spettacolo. Nei suoi panni Maria José López è superba, in principio abile nel mimetizzarsi con il corpo di ballo e un’esplosione di sensualità nel seguito da solista, in quell’abile equilibrio di seducente eleganza mista a popolaresca boria a distinguere una performance mai eccessiva e tecnicamente sempre precisa. Tanto da far passare in secondo piano, un Don José un po’ debole, che soffre inevitabilmente della comparazione con quella che fu l’interpretazione del carismatico Gades. Un dislivello di genere che si ripropone nel resto della compagnia. La perfezione fisica della componente femminile, salvo qualche rara eccezione, è disegnata sui body di lycra colorati a scoprire schiene parlanti ammaestratrici di braccia duttili ma perentorie. Gli uomini ammaliano meno, alcuni sono visibilmente appesantiti e non compensano con carisma, mentre altri tratteggiano una rifinitura di movimento senza concretizzarla.
L’effetto complessivo, con la nodale complicità dei cantatores e dei chitarristi, è comunque estremamente appassionante. Una formidabile carica di energia insita nel folklore spagnolo si alterna alla tristezza malinconica dell’arida Andalusia, lo sfondo di una tragica morte che è la franchigia per la libertà. A far dimenticare l’amarezza del finale, al termine dello spettacolo la compagnia al completo si è esibita in degli extra a cui il pubblico ha partecipato attivamente con applausi ritmati. Quando si dice il ritmo contagioso del flamenco.