Catania, 26 gennaio 2014 – Finalmente riavviata la stagione sinfonica del Teatro Massimo Bellini con un gran successo: tutti venduti i posti disponibili, entusiasmo alle stelle da parte degli spettatori, incoraggiamenti da parte dell’artista ospite. Si trattava di Stefano Bollani il musicista che con il piano vive in simbiosi: ne accarezza la tastiera, ne palpeggia le corde, inserisce le mani nella cassa armonica traendone pizzichi di suono, effetti sonori da brivido, in una successione di sorprese senza fine. Quello che ci vuole per un pubblico appassionato di musica classica, ma soprattutto di musica, nelle sue varie forme. I motivi più famosi del repertorio occidentale, da Tico Tico a Heaven, ad Aquarela do Brasil, si sciolgono dallo spartito: in un continuo cambiamento di tonalità, trasformazione di ritmo, intreccio di motivi. Non sentiamo quello che i compositori scrissero sul pentagramma, ma quel che Bollani ne ricava e, per chi la musica la ama, è una esperienza senza pari. Perché i cambiamenti non sono capricciosi ma improvvisi di intelligenza musicale sulla tastiera. E’ l’arte della variazione, di cui fu sovrano creatore Liszt, che adeguava alla occasione del momento, la creazione altrui: adattando alle dimensioni di un salotto la grande scena operistica epica. Bollani fa il medesimo. In un momento di allegria la canzone d’amore diventa una ironia sentimentale, la canzonetta più ritmicamente spericolata, diventa un gioco a chi è più bravo: se il compositore originario o il variatore di oggi. E quando eventualmente nella stessa serata, Bollani ritorna sugli stessi motivi, il suo stato d’animo gliene suggerisce nuove sperimentazioni; la variazione della variazione, in un gioco di riflessi senza fine.
Il culmine di questa creatività è stato il fuori-programma. L’artista (scarpette sportive e tenuta assai casual) ritorna sul proscenio con carta e penna e chiede al pubblico plaudente che cosa desideri. E giù una serie di richieste: dai motivi di Battiato agli hit dell’ultimi decenni. Bollani annuisce e annota. Ma quando qualcuno gli chiede la Casta Diva resta ovviamente perplesso. Lui fare il Casto divo? Giunge il soccorso dalle parti dei palchi, con un coro di angeliche, raffinatissime, voci femminili che intonano l’inno ala Diva che inargenta le antiche piante, che proprio in quella sala fu cesellata dalla Callas nel mitico esordio della sua carriera. Per alcuni istanti protagonista della serata sono state queste intrepide voci di tra il pubblico, e Bollani le ha ascoltate con ammirato stupore. Poi è ripresa la sarabanda. Creazioni, variazioni, motivazioni. L’artista ha augurato al Teatro Massimo Bellini di riprendersi dalla situazione difficile appena attraversata perché “Il teatro è una delle poche occasioni che ci siano rimaste di partecipare attivamente alla vita del nostro tempo: per esaltarci quando propone spettacoli interessanti e per commentarli quando ci deludono”. Ma commentarli con la nostra intelligenza, non ripetendo il parlottare insulso che quotidianamente esonda dallo schermo. Bellissima morale per una serata autenticamente irripetibile.