Palermo, Teatro Massimo, Stagione Lirica 2014
“FEUERSNOT”
Singgedicht (Poema cantato) in un atto su libretto di Ernst von Wolzogen.
Musica di Richard Strauss
Schweiker von Gundelfingen“ALEX WAWILOFF
Ortolf Sentlinger RUBÉN AMORETTI
Diemut NICOLA BELLER CARBONE
Elsbeth CHRISTINE KNORREN
Wigelis CHIARA FRACASSO
Margret ANNA MARIA SARRA
Kunrad DIETRICH HENSCHEL
Jörg Pöschel MICHAIL RYSSOV
Hämmerlein NICOLÒ CERIANI
Kofel PAOLO BATTAGLIA
Kunz Gilgenstock PAOLO ORECCHIA
Ortlieb Tulbeck CRISTIANO OLIVIERI
Ursula IRINA PEREVERA
Ruger Asbeck FRANCESCO PARRINO
Walpurg VALENTINA VITTIN
Ein grosses Mädchen FRANCESCA MARTORANA
Attori: Federica Aloisio, Stefano Vona Bianchini, Remi Boissy, Chiara Breci, Mirko Bruno, Viola Carinci, Lorenzo Covello, Federica Cuccia, Gabriella D’Anci, Dimitri D’Urbano, Clara De Rose, Roberto Galbo, Giulia Sarah A. Gibbon, Silvia Giuffrè, Danilo Giuva, Francesca Laviosa, Federica Marullo, Emilio Marchese, Elisa Parrinello, Mauro Pasqualini, Vittoria Pirrone, Giuseppe Sangiorgi, Daniele Savarino, Giuliano Scarpinato, Valerio Tambone, Giovanni Tuzza, Emilia Verginelli, Alexandre Vella, Giuseppina Vicari, Paola Santa Virgilio,
Orchestra, Coro e Coro di voci bianche del Teatro Massimo
Direttore Gabriele Ferro
Maestro del coro Piero Monti
Maestro del coro di voci bianche Salvatore Punturo
Regia Emma Dante
Scene Carmine Maringola
Costumi Vanessa Sannino
Luci Cristian Zucaro
Movimenti Sandro Maria Campagna
Nuovo allestimento del Teatro Massimo
Palermo, 18 gennaio 2014
Una caldissima atmosfera ha avvolto la Prima del Feuersnot di Richard Strauss lo scorso 18 gennaio, aprendo il sipario alla nuova Stagione lirica del Teatro Massimo di Palermo: il vento di scirocco che ha investito la città portando temperature primaverili ha suggellato la trepidante attesa del pubblico palermitano che ha finalmente potuto acclamare la sua Emma Dante come regista d’opera nel Teatro della sua città al fianco di un altro concittadino d’eccezione, il Maestro Gabriele Ferro. Per la terza volta rappresentata in Italia e per la prima volta non tradotta, ma nell’originale dialetto bavarese, Feuersnot si distingue tra le celebrazioni italiane per l’anno straussiano nei 150 anni dalla nascita del compositore, accentrando su di sé lo sguardo della critica internazionale.
L’arditezza della partitura – molto difficile da eseguire – e dei contenuti – ritenuti addirittura osceni dalla critica tedesca del tempo – hanno condannato quest’opera a non rientrare tra quelle straussiane di maggior successo, anche se segna senz’altro la strada delle più note (e certamente ben più scandalose) Salome ed Elektra, alle quali il nome del grande compositore è inscindibilmente legato. Feuersnot è un Singgedicht, alla lettera “poesia cantata”, di fatto una sorta di poema sinfonico cantato e scenico in un atto, dal carattere polemico e satirico nei confronti della città di Strauss, Monaco di Baviera, che non aveva saputo capire la sua arte. La storia non è altro che una metafora della vicenda personale del compositore alla fine della quale egli intravede, tuttavia, un barlume di speranza. Scoperta dallo stesso Strauss in un vecchio libro di saghe fiamminghe del 1843 e adattata a libretto dall’amico Ernst von Wolzogen, poeta e scrittore satirico molto noto al coevo pubblico borghese, la storia è ambientata in una Monaco senza tempo dove tutti si preparano ai festeggiamenti in onore di San Giovanni nella notte del solstizio d’estate; tutti meno Kunrad, di professione ebanista, che vive da solo nella casa ereditata dal suo Maestro ma che, quando i bambini bussano alla porta chiedendo ceppi di legno da ardere per i fuochi in onore del Santo, viene subito contagiato dall’allegria della festa.
L’entusiasmo improvvisamente esploso nell’animo di Kunrad è reso ancor più forte dalla visione della figlia del podestà, Diemut: accecato dalla passione, egli la bacia pubblicamente mentre lei, disgustata per l’affronto subìto, decide di vendicarsi tendendogli una trappola. Quando cala la sera e tutta la città è riunita attorno ai fuochi, Diemut invita l’ignaro pretendente nella sua stanza, calandogli un cesto in modo che egli possa entrare dalla finestra: non appena il cesto si trova a mezz’aria lei lo ferma, palesando l’inganno e procurando la derisione degli abitanti di Monaco nonché l’ira dello stesso Kunrad il quale, facendo ricorso all’arte magica ereditata dal suo Maestro, punisce tutti quanti spegnendo i fuochi e lasciando al buio la città fino a quando non gli sarà corrisposto l’amore della bella ragazza. Quest’ultima infine perderà ogni resistenza e si concederà all’amante in un’esplicita unione amorosa benedetta da tutta la città.
L’elemento popolare e folkloristico della festa che fa da scenario a tutta la vicenda è lo spunto per la scelta scenografica: ma invece di Monaco, la regista – anche lei vittima di un ‘rifiuto’ – mette in scena una città del sud che è forse la sua Palermo, dove ancora oggi i bambini vanno girando di porta in porta a chiedere legna per la ‘vampa’ di San Giuseppe. Una manciata di sedie sospese in aria (compresa la sedia-cesto che porterà Kunrad alla stanza dell’amata) e una facciata scarna con mura scrostate e finestre d’ogni tipo, costituiscono la scena, curata da Carmine Maringola, che fa da sfondo all’avvicendarsi dei tanti personaggi previsti dal libretto. Le luci fisse e morbide di Cristian Zucaro indicano il naturale calar della sera, mentre fili di luminarie vanno apparendo qua e là scandendo i preparativi della festa.
Elemento di assoluta novità costituiscono altri trenta attori che, muti, accompagnano i momenti salienti dell’azione: come una compagnia di felliniana memoria, si mescolano alla folla grigia della strada e, con i loro movimenti – coordinati da Sandro Maria Campagna – e gli eccentrici costumi – ideati da Vanessa Sannino – rendono visivamente più intense alcune delle pagine strumentali di questa splendida partitura straussiana. Particolarmente efficace a tal proposito risulta la scena dell’amplesso di Diemut e Kunrad, che rappresenta il culmine di bellezza del Feuersnot: sotto la finestra chiusa dei due amanti e sulle note del lento e maestoso crescendo musicale, gli attori distesi in cerchio evocano l’immagine del fuoco che riprende vigore, agitando sempre più freneticamente le stoffe rosse, gialle e arancio che portano addosso come le fiamme sfavillanti della passione dei due protagonisti che si affacceranno infine trionfanti al cospetto della città.
Proprio il travagliato legame che si instaura tra la città e il suo artista rappresenta il nucleo fondamentale attorno al quale ruota la vicenda, dal carattere fiabesco e insieme autobiografico: Kunrad è Strauss e la “mancanza”, il “bisogno” di fuoco veicolati dal titolo si riferiscono, secondo questa interpretazione, al “sacro fuoco dell’artista”, quello che accende gli animi e che nobilita le città, e senza il quale non è possibile vivere; nella visione della regista questo fuoco è la musica stessa. L’intento interpretativo è chiaro da subito quando, al buio e ancor prima che lo spettacolo abbia inizio, Kunrad entra in scena in veste di compositore: mentre se ne sta seduto a cavalcioni sulla cavea d’orchestra a scrivere una partitura e gli strumenti cominciano a provare, i personaggi a sfilare e danzare alle sue spalle – quasi fossero realizzazione della sua fantasia – a quel punto ci rendiamo conto che egli non è che Strauss e che noi seduti in platea stiamo assistendo alla genesi della sua opera. E ne abbiamo la conferma quando, invece di semplici ceppi di legno, Kunrad offre alla città i propri spartiti e strumenti musicali da bruciare, togliendo in questo modo la possibilità di ascoltare la sua musica a coloro che in passato non l’hanno saputa capire. Figlia del Podestà, Diemut rappresenta il percorso di redenzione della città. Se inizialmente respinge l’amore di Kunrad, lo disprezza e lo deride, lo svolgersi degli eventi la porta a comprendere la purezza dell’animo del mago-musicista e a lasciarsene coinvolgere, scoprendo d’averlo amato da sempre. Ci vorrà del tempo perché Strauss, come Kunrad, possa essere compreso e la sua musica accettata.
Una musica effettivamente difficile, ironica e piena di riferimenti a Richard Wagner (riferimenti che fanno eco a quelli letterari contenuti nel libretto) dal quale Strauss intende ormai allontanarsi: tra Leitmotive e citazioni parodistiche di alcune opere del Maestro del Ring, Gabriele Ferro si è mosso con ampi movimenti composti, ben guidando l’orchestra nelle grandi parti strumentali che si avvicendano alle parti cantate (come il brano iniziale o il grande valzer sul calar della sera).
Chiara e potente la voce del soprano Nicola Beller Carbone, interprete straussiana affermata e già acclamata in passato dal pubblico del Massimo: qui incarna una graziosa Diemut molto disinvolta sulla scena, capace di giocare d’ironia nel suo lungo duetto con Kunrad («Mittsommernacht»), interpretato invece dal baritono Dietricht Henschel. Quest’ultimo risente forse della difficilissima scrittura prevista da Strauss, fatta di salti di registro impegnativi, spesso sconfinanti nella zona tenorile dove la voce appare meno salda («Oh weh, Herr Schweicker von Gundelfingen»). Apprezzabili anche gli interpreti di tutti gli altri personaggi, quattordici in tutto, tra cui spiccano per bravura il podestà, il basso Rubén Amoretti, il Castaldo, il tenore Alex Wawiloff, e le tre compagne di Diemut, Elsbeth (Christine Knorren), Wigelis (Chiara Fracasso) e Margret (Anna Maria Sarra) che si esibiscono in deliziosi e leggiadri terzetti. Anche in questa occasione il Coro del Teatro Massimo, con il Maestro Piero Monti, ha confermato la propria eccellenza e versatilità, mentre ha letteralmente infuocato la platea il Coro di voci bianche del Teatro Massimo diretto dal Maestro Salvatore Punturo: sfidando le regioni estreme della propria estensione, le voci dei bambini incarnano insieme semplicità e magia, assolvendo quasi a un ruolo da protagonisti durante tutta la vicenda. La registrazione di Feuersnot sarà trasmessa martedì 4 febbraio dal canale satellitare Sky Classica HD e successivamente anche da Unitel Classica HD. Inoltre è in mostra presso il Teatro Massimo il backstage dell’opera, con fotografie di Rosellina Garbo e un video realizzato da Clarissa Cappellani. Photo © Studio Camera