Note d’Armenia tra arte e religiosità

Roma, Istituzione Universitaria dei Concerti, Aula Magna de “La Sapienza” Università di Roma, Stagione musicale 2013-2014 – Ciclo Minerva
Direttore e solista Jordi Savall
Mùsicos Armenios: Duduk George MinassyanHaïg Sarikouyoumdjian
Kamantcha Gaguik Mouradian
Hespèrion XXI: Viola da arco Viva Biancaluna Biffi, Percussioni Pedro Estevan
Anonimos: Azat astvatsn & Ter kedzo (Ode alla libertà e supplica per gli armeni); Anonimo medievale: Akna krunk (Canto d’esilio);  Sayat Nova (1712 – 1795): Kani vur djan im (Canto d’amore); Tradizionale: Canto e danza; T. Tchukhadjian: O’h intsh anush (Canto d’esilio); Anonimo: Matshkal (Canto rurale); Sayat Nova: Dun en glkhen (Supplica al re prima dell’esilio); Tradizionale: Lamento sulla città di Ani,  raccolti da Komitas (1869 – 1935): Garun a (Canto rurale),  raccolti da Komitas: Al aylukhs (Girotondo: dialogo amoroso), Canti di nozze; Gusan Ashot (1907 – 1989): Lamento: en sarer; Tradizionale, raccolti da Komitas: Alagyeaz & Khnki tsar (Canti rurale); Mkhitar Ayrivanetsi (1222 – 1290): Sirt im sasani (Cantilena di Jeudi Saint); G. Yeranian (1827 – 1862): Hayastan yerkir (Ode alla patria); Tradizionale, raccolti da D. Ghazarian (1883 – 1958): Hey djan (Canto d’amore), raccolti da Komitas: Hov arek (Canto rurale: Lamento), Lamento: sev mut amper, T. Tchukhadjian (1837 – 1898): Menk kadj tohmi (Canto di lotta).
Roma, 15 gennaio 2014
Quanti gli amanti della musica antica! Un pubblico di tutte le età e tra i più vari affollava (con posti in piedi!) la sala dell’Istituzione Universitaria dei Concerti di Rom, ieri sera, per partecipare al rito del ricordo di una delle più antiche civiltà cristiane dell’Oriente. Terra biblica del Giardino dell’Eden, punteggiata di chiese e monasteri, l’Armenia è il luogo ideale per il pellegrinaggio della mente dove è più facile staccarsi dal quotidiano per ricongiungersi al sacro. La voce calda e modulata di Aram Movsisyan, sostenuta dal filo sonoro e continuo dei duduk e punteggiata dal ritmo percussivo di tamburo e tamburello, crea un senso di mistero che sa svanire in pianissimi tra i più delicati (peccato rovinati da accessi di tosse che puntualmente colpiscono il pubblico dei concerti sempre raffreddato!). Ma la sensualità della musica armena è più forte ,e nonostante tutto, riesce a sollevare l’anima verso la spiritualità, complice la bravura di Jordi Savall di saper creare un mondo di emozioni e di bellezza attraverso strumenti che normalmente sono depositati nei musei. Restituire al presente i timbri della viella, della ribeca, della viola da arco, far conoscere musiche che il tempo si porta inesorabilmente via, chiamando a suonare con lui musicisti multietnici, è un impegno nobile che è valso all’interprete catalano la nomina di Ambasciatore dell’Unione Europea per il dialogo interculturale. E così coccolati dai suoni dolci di una coppia di duduk, dolci anche nel nome, tra i più antichi strumenti a fiato armeni sopravvissuti, si vibra all’unisono con le corde della kamancha e ci si ritrova nella dimensione intima e delicata della poesia di un canto d’esilio (O’h intsh anush) o nella vivacità di un canto amoroso (Al aylukhs). Ma sia che si ascolti un’ode d’amore (Kani vur djan im) o un canto rurale (Matshkal), una cantilena (Sirt im sasani) o una supplica (Dun en glkhen), la musica armena sembra sempre scaturire dall’anima e accarezzarla, con l’unico scopo di portarle benessere, perché è un universo sonoro in cui si riflette nel modo più vero lo spirito di un popolo dalla storia antica e dolorosa. Accattivanti i suoni scuri degli strumenti a fiato che sembrano addirittura parlare, riproponendo inflessioni tipiche del linguaggio, più delicati, invece, e cantabili gli effetti sonori delle corde della kamancha. Un insieme delicato ma intenso che talvolta fa sentire il respiro stesso degli strumentisti come parte integrante di un discorso sonoro che scaturisce dall’interiorità dell’uomo. Attenzione scrupolosa ai dettagli per Jordi Savall e il suo storico ensemble Hespèrion XXI, cui si unisce un gruppo di musicisti d’Armenia, per realizzare quasi due ore di preziosità musicali, idealmente dedicate dal violoncellista spagnolo anche alla moglie Montserrat Figueras, scomparsa da poco, che ammirava musica e musicisti della terra d’Armenia e che lavorò al fianco del marito in un percorso di studio e di ricerca di questi materiali sonori.