Steven Osborne nel segno di Beethoven e Schubert

Verona, Teatro Ristori, Amici della Musica, 104esima Stagione Concertistica 2013/2014
Pianoforte Steven Osborne
Ludwig Van Beethoven: Sette Bagatelle op. 33; Sonata per pianoforte in Do Maggiore N. 21 Op. 53 “Waldstein”
Franz Schubert:Improvviso N. 1 in Fa minore D 935 Op. post. 142; Sonata in Sol Maggiore D 894 , Op. 78 “Fantasia”
Verona, 3 dicembre 2013

Primo recital solistico per la stagione degli Amici della Musica, protagonista il pianista scozzese Steven Osborne, in scena al Teatro Ristori.  Musicista dal curriculum eccellente, Osborne ha proposto un programma incentrato sulle musiche di Ludwig van Beethoven e Franz Schubert, affiancando a brani ormai entrati stabilmente nel repertorio del concertismo, come la sonata op 53, pagine meno eseguite.
Fin dalle prime note è stata chiara la misura della cifra tecnica del pianista, capace di coniugare una chiarezza fuori dall’ordinario con un’attenzione al dettaglio e un’eleganza del fraseggio magistrali. Sono dunque risultate godibilissime le 7 Bagatelle op. 33 di L.v. Beethoven, ciclo che non ha mai incontrato fortuna nei programmi da concerto, complice una scrittura non paragonabile per efficacia a pagine più note del grande compositore tedesco. Scelta coraggiosa e realizzazione encomiabile, Osborne lascia scorrere la musica in maniera semplice e scherzosa, assecondando la scrittura e senza tentare di caricare di contenuti delle pagine frivole quanto amabili. Viene messo in luce un Beethoven poco conosciuto al grande pubblico, ironico, spiritoso, a volte un po’ troppo lezioso, ma pur sempre genuino, memore degli esordi come prodigio dell’improvvisazione nei salotti viennesi. Il virtuosismo di Osborne si sposa meravigliosamente con le scale, gli arpeggi, i trilli e le altre facezie di queste pagine.
A completare la prima parte del concerto la  Sonata in Do maggiore op 53, dedicata al Conte Waldstein, autentico capolavoro del genio di Bonn. L’approccio del pianista alla composizione è stato quello del rifinitore, del cesellatore mai pago, la resa, però, non è proporzionata allo sforzo. In una sonata che Wilhelm von Lenz, tra i primi autorevoli biografi del compositore, definì “l’ Eroica delle sonate per pianoforte”, ci saremmo aspettati una maggiore carica emozionale, troppo sacrificata, a nostro giudizio, sull’altare di un perfezionismo a volte arido. A fronte di momenti di autentica magia timbrica (l’attacco del terzo movimento è stato probabilmente il momento più affascinante della serata) la sonata nel suo insieme è risultata stucchevole, priva di quell’anelito, di quella tensione titanica che permeano le pagine della maturità artistica del compositore.
Dà l’avvio alla seconda parte del programma l’Improvviso in Fa minore di Franz Schubert, primo della raccolta dell’op 142 pubblicata postuma, brano che dimostra ulteriormente l’innegabile sensibilità pianistica di Osborne, vero alchimista degli impasti timbrici, sobrio ed elegante nella conduzione delle linee melodiche. Conclude la serata l’esecuzione della Sonata in Sol Maggiore op 78 di Schubert, l’ultima del quale il compositore, ormai consapevole dell’approssimarsi della fine, poté vedere la pubblicazione. Osborne introduce egregiamente il clima di serenità, le atmosfere rarefatte, indugiando in visioni oniriche anche troppo intangibili, che sul finire peccano di manierismo, quando si potrebbe dare una concretezza emotiva maggiore all’espressione del sentimento schubertiano, che sicuramente non trascende mai la forma, ma non è privo di una forte e genuina comunicatività che troppo spesso è mancata nel corso dell’esecuzione. Un pubblico grato, ma messo a dura prova dalla mole del programma, ha plaudito generosamente l’artista. Foto Brenzoni