Firenze, Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, Stagione Lirica 2013/2014
“IL CAPPELLO DI PAGLIA DI FIRENZE”
Farsa Musicale in quattro atti su libretto di Nino Rota e Ernesta Rinaldi Rota
Musica di Nino Rota
Fadinard ENEA SCALA
Nonancourt GIANLUCA BURATTO
Beaupertius FILIPPO FONTANA
Lo zio Vézinet STEFANO CONSOLINI
Emilio NICOLÒ CERIANI
Felice GREGORY BONFATTI
Achille di Rosalba SAVERIO BAMBI
Una guardia LEONARDO MELANI
Un caporale delle guardie MASSIMO EGIDIO NACCARATO
Minardi LADISLAO HORVÁTH
Il pianista della Baronessa ANDREA SEVERI
Elena SANDRA PASTRANA
Anaide MARTA CALCATERRA
La Baronessa di Champigny AGOSTINA SMIMMERO
La modista IRENE FAVRO
Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino
Direttore Andrea Battistoni
Maestro del Coro Lorenzo Fratini
Regia Andrea Cigni
Scene e costumi Lorenzo Cutùli
Luci Luciano Roticiani
Produzione del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino in collaborazione con Maggio Fiorentino Formazione
Firenze, 6 dicembre 2013
La brillante e frenetica farsa di musicale di Nino Rota ha atteso ben 56 anni dalla prima rappresentazione (al Teatro Massimo di Palermo il 21 aprile 1955) per approdare sulle fiorentine sponde nell’estate del 2011 ed è stata subito ansiosa di tornare nella città, che se pure non ne costituisce luogo d’ambientazione, ne compone parte del titolo. L’enorme ritardo diviene ancora più incomprensibile quando si pensa all’occasione perduta di affidare questa rivelazione ad un grande musicista e fiorentino d.o.c. come il compianto Bruno Bartoletti che di Rota fu amico e collaboratore. Così dopo appena due anni il titolo torna in cartellone con una ripresa della produzione di Andrea Cigni che forse ha perso un po’ di smalto rispetto alla prima edizione del 2011. Al posto del sipario di velluto bordeaux del Teatro Comunale troviamo una gigantesca cartolina postale con vista di Parigi ed in omaggio al compositore nella sala che va riempiendosi di pubblico viene irradiato il tema di Amarcord.
La veduta parigina ricompare anche in scena sotto forma di gigantesco praticabile inclinato contornato da una pericolosa cornice e costellato di botole dalle quali di volta volta appaiono i personaggi. Tutt’intorno una serie di affiches anni ’50 (epoca in cui si è trasposta la vicenda e alla quale sono ispirati anche i bei costumi di Lorenzo Cutuli) occhieggiano a temi della trama come i cappelli, i soldati e l’infedeltà coniugale evocata sia dal cartellone francesizzato del film The Unfaithful di Vincent Sherman, sia in maniera un po’ grossolana dal paravento recante un mastodontico gesto delle corna che arreda casa Beaupertuis. Il gioco di luci ed ombre disegnato da Luciano Roticiani per mettere in evidenza ora questo, ora quel gruppo di affiches aventi connessione tematica con la scena in corso, finisce inevitabilmente per inghiottire nell’oscurità parte del palcoscenico con un effetto un po’ malinconico.
In questo secondo cast, la voce di Enea Scala stenta a prendere corpo nelle prime frasi dell’opera e nel racconto del calesse per poi decollare nel duetto con Elena e proseguire con sicurezza e facilità in acuto. Il personaggio funziona specialmente nei duetti con la baronessa e con Beaupertuis anche se non avrebbero guastato un pizzico di ironia e istrionismo in più. Il ruolo di Elena, che vuol essere una sorta di benevola parodia delle eroine del belcanto, è affidato a Sandra Pastrana dotata di una voce strumentale, ben in maschera e a proprio agio su tutta la gamma. L’artista esegue con timbro suadente i passaggi lirici del duetto con Fadinard e affronta con precisione i picchiettati del terzo atto. Nei panni dello zotico padre della sposina il giovane Gianluca Buratto (preso in prestito dal primo cast per sostituire l’indisposto Salvatore Salvaggio) ha dato un’ottima prova delle proprie qualità: la voce è enorme, estesa e di bel colore, la pronuncia perfetta e l’interpretazione pone grande cura nelle intenzioni e nelle dinamiche, con bellissimo legato ed agilità fluide. Di grande effetto l’aria con accompagnamento di trombone suonato da Fabiano Fiorenzani. Beaupertuis è Filippo Fontana abilissimo nel tratteggiare l’isteria del personaggio a discapito di una voce non particolarmente imponente. Il ruolo di Anaide, talvolta affidato ai mezzosoprani, tocca in quest’edizione al soprano Marta Calcaterra una graziosissima Marilyn Monroe un po’ leggera e poco incisiva sul piano vocale. Nicolò Ceriani delinea un Emilio giustamente gradasso. Molto discutibile Agostina Smimmero, autentica voce di contralto, la cui dizione ostrogota fa perdere le facezie della Baronessa annichilendo l’anima del personaggio. Ciononostante è l’interprete accolta con maggior calore dal pubblico. Irene Favro intona con precisione le linee saltellanti della vessante modista. Il cappello di paglia di Firenze, perennemente spinto sul pedale comico, è una vera e propria antologia di ruoli di carattere fra i cui interpreti sono: Stefano Consolini, un Vezinet quasi parlante ma funzionale, Gregory Bonfatti un Felice di lusso, Leonardo Melani una simpaticissima guardia dallo starnuto poderoso e Saverio Bambi un divertente ed effeminato Achille di Rosalba. Ricordiamo anche Massimo Egidio Naccarato nei panni del Caporale delle guardie unico ruolo per il quale erano previsti ben tre interpreti. Il Coro del Maggio, preparato da Lorenzo Fratini, riempie e vivacizza la scena a volte un po’ vuota. Anche se ci sono stati numerosi scollamenti dall’orchestra addirittura in momenti inspiegabili come nel semplice refrain “Tutta Parigi noi giriam” , Il coro coreografato delle modiste abbigliate e pettinate come tanti cloni, e la scena del temporale con protagonisti e coro che invadono la platea attraversandola latitudinalmente, con gli ombrelli aperti, rimangono fra i momenti più godibili dell’opera.
Alla guida dell’Orchestra del Maggio, Andrea Battistoni mostra tutta l’energia dei suoi 26 anni dominando la compagine con gesto ampio, scattante, vario, muovendosi come in una danza nervosa sul podio e seguendo interpreti ed orchestra con grande attenzione. Nonostante i tempi frenetici tuttavia manca una certa scorrevolezza e si cade talvolta nella noia. Nell’atto ambientato in casa della Baronessa di Champigny si è voluta riproporre una felice idea avuta da Pierluigi Pizzi nella versione scaligera del 1998 introducendo il personaggio del pianista della baronessa, in questo caso l’ottimo Andrea Severi, cui sono affidate alcune linee melodiche sottratte all’orchestra con un accattivante effetto da café-chantant. Anche il ruolo di Minardi, generalmente interpretato da una comparsa, era sostenuto dal concertino con obbligo di spalla dell’Orchestra del Maggio Ladislao Horvath che ha saputo tratteggiare con grande simpatia e destrezza musicale questo piccolo cameo.