Rovigo, Teatro Sociale:”Il matrimonio segreto”

Rovigo, Teatro Sociale, Stagione lirica 2013/2014
“IL MATRIMONIO SEGRETO”
Dramma giocoso in due atti di Giovanni Bertati
Musica di Domenico Cimarosa
Signor Geronimo FABRIZIO BEGGI
Elisetta GIULIA SEMENZATO
Carolina DORELA CELA
Fidalma LORIANA CASTELLANO
Conte Robinson ANDREA ZAUPA
Paolino FILIPPO ADAMI
Orchestra Regionale Filarmonia Veneta
Direttore Damiano Binetti
Regia Italo Nunziata
Scene e Costumi Pasquale Grossi
Disegno luci Patric Latronica
Rovigo, 17 novembre 2013
E’ sempre con grande piacere che si rivede uno tra i massimi capolavori del teatro musicale del Settecento, ancora oggi amato e “popolare” ma non così frequente tra i cartelloni dei teatri, soprattutto del belpaese. Scelta coraggiosa e lodevole quindi quella del Sociale di Rovigo di riproporre (in coproduzione con i teatri di Ferrara e Treviso) un titolo la cui fama è anche universalmente legata alla prima esecuzione (Vienna, Hofoper, 7 febbraio 1792), quando su richiesta dell’imperatore Leopoldo II l’intera opera fu bissata, tanto – pare – fosse piaciuta. Vero è che a quel sovrano va il merito di essersi ben prodigato nell’accogliere con tutti gli onori a Vienna il musicista campano, tra gli ultimi eccelsi rappresentanti della gloriosa scuola napoletana. Da notare che siamo a due mesi dalla morte di Mozart, che pure partecipa di questo clima crepuscolare, un classicismo ammantato da tinte pastello e argentea malinconia, di cui Cimarosa fu proprio in questo giro d’anni punta di diamante. Musica di inesauribile inventiva melodica, entro un impianto di limpida chiarezza formale in simbiosi con Bertati, il cui libretto – cui è stato pure imputato di mancare di acume psicologico (ma sarà poi così vero?) –  risulta irresistibile nel camuffare una farsa in dramma giocoso che accompagna tra realistica indifferenza e malinconica consapevolezza la fine di un mondo, prossimo a sgretolarsi sotto i colpi rivoluzionari. L’allestimento rodigino, affidato a Italo Nunziata per la regia e a Pasquale Grossi per le scene e i costumi, certo ne coglie l’essenza. La vicenda ha luogo in uno stanzone con grandi finestroni a rievocare un generico interno borghese di fine Ottocento che, a una prima impressione, sembra poco adattarsi all’elegante e capricciosa cornice settecentesca dell’originale. Eppure la macchina scenica è ben oliata e per lunghi tratti funziona assai bene nel dipanare con chiarezza lo svolgimento della trama. I cantanti sono così liberi di muoversi con disinvoltura tra il labirinto di mobili in parte coperti, dando libero sfogo a gag continue, giocate spesso tra scatti repentini, ammiccamenti, smorfie, da cui spunti narrativi talora briosi nel ritmo e più pensati nella stasi. Insomma uno spettacolo la cui leggera piacevolezza man mano conquista il pubblico che dimostra di apprezzare, partecipe e divertito.
Sotto il profilo musicale Damiano Binetti dal podio ha saputo infondere energia, ritmo e compiutezza organica alla partitura, dirigendo con apprezzabile sensibilità e competenza stilistica, buona cura nei dettagli e moderata attenzione agli equilibri tra buca e scena nella concertazione. Forse non è riuscito ad ottenere dall’orchestra raffinatezze e morbidi chiaroscuri in contrasto con il brio di certe dinamiche, ma la compagine strumentale ha comunque suonato con slancio, pregevole impegno e sufficiente pulizia in tutte le sezioni. Le voci hanno poi fatto il resto, con cantanti  – in gran parte selezionati tra i vincitori dell’edizione 2012 del concorso intitolato a Toti Dal Monte – che hanno trovato via via buon affiatamento sulla scena, imponendosi un po’ tutti per la bella presenza e l’interpretazione vivace e ironica.
Sugli scudi soprattutto il Geronimo di Fabrizio Beggi e la Fidalma di Loriana Castellano. Il primo emerge per l’ottima dizione e l’immediata e comunicativa vis scenica, la seconda per l’uniformità timbrica e la padronanza nel fraseggio. Buona la prova di Dorela Cela, la cui voce sa intrecciarsi all’orchestra in maniera impeccabile nel ricreare la leggerezza incantevole di Carolina, non così il Paolino di Filippo Adami, che tende spesso a dare enfasi e squillo inappropriati alla parte, con voce per lo più generica e povera di colori. Giulia Semenzato disegna una mirabile Elisetta, distinguendosi per purezza di emissione e padronanza di legato, mentre il conte Robinson di Andrea Zaupa riscatta la scarsa duttilità vocale con una notevole prestanza e spigliate capacità attoriali. Pubblico non così numeroso ma prodigo alla fine di accoglienze cordiali per tutti.