Venezia, Teatro La Fenice
Orchestra Filarmonica della Fenice
Direttore Omer Meir Wellber
Mandolino Jacob Reuven
Pëtr Il’ič Čajkovskij:”Romeo e Giulietta”, overture-fantasia, in si bemolle minore dal dramma di Shakespeare
Camille Saint-Saëns: Introduzione e rondò capriccioso in la minore op. 28
Antonio Vivaldi:Concerto per violino, archi e continuo in sol minore op. 4 n. 6, RV 316a, trascrizione per mandolino (dalla raccolta La stravaganza)
Isaac Albéniz: “Asturias”
Manuel De Falla: Danza Spagnola da La vida breve
Astor Piazzolla:” Tango Suite”; Libertango; Oblivion
Venezia, 28 ottobre 2013
Serata all’insegna della solidarietà e della buona musica al Teatro la Fenice, non priva di una certa dose di intrigante ricercatezza, vista la presenza di un solista d’eccezione come il mandolinista israeliano Jacob Reuven, che ha eseguito composizioni di Camille Saint-Saëns, Antonio Vivald, Isaac Albéniz, Manuel De Falla e Astor Piazzolla, sulla base di trascrizioni che prevedevano l’intervento del suo strumento, non proprio usuale, come solista, nelle sale da concerto.
Le finalità benefiche di questo evento, importante anche sul piano sociale, sono state sintetizzate dalla portavoce della cooperativa “Il Cerchio”, un’associazione che si occupa dell’inserimento lavorativo di detenuti ed ex detenuti: il ricavato di questa serata di beneficenza, organizzata dalle cooperative “Il Cerchio” e “Rio Terà dei Pensieri” assieme all’associazione di volontariato penitenziario “Il Granello di Senape”, verrà devoluto all’acquisto di beni di prima necessità da distribuire tra le recluse e i reclusi rispettivamente nel carcere femminile della Giudecca e in quello maschile di Santa Maria Maggiore. Ringraziamenti al Sovrintendente del Teatro La Fenice Cristiano Chiarot e all’Associazione Orchestra Filarmonica della Fenice, che hanno generosamente contribuito alla realizzazione dello spettacolo, nonché alle direttrici dei due istituti penitenziari e a tutte le forze politiche per la loro totale collaborazione. La serata concludeva una giornata, nel corso della quale è stato presentato un progetto, cui partecipano nove paesi europei, finalizzato all’inserimento sociale di una parte della popolazione troppo spesso dimenticata, come ha sottolineato, in un successivo intervento, il sindaco di Venezia Giorgio Orsoni, esprimendo il proprio plauso per questa concreta iniziativa, che onora l’intera città.
Subito dopo, mentre chi scrive, come tanti – si presume – tra il pubblico, ripensava a quelle parole, che si riferivano implicitamente ad una situazione carceraria indegna di un paese civile, è iniziato il concerto, che aveva come protagonisti due acclamati interpreti israeliani: oltre al mandolinista Jacob Reuven, che grazie al sua tecnica trascendentale unita a un’esuberante personalità, si è imposto come uno dei più interessanti e richiesti virtuosi dello strumento per cui ha stabilito nuovi standard tecnico-interpretativi, il maestro Omer Meir Wellber, con cui Reuven suona abbastanza spesso, oggi considerato uno dei più grandi talenti tra i giovani direttori d’orchestra, lanciatissimo nello stato ebraico come a livello internazionale – anche in seguito alla stima e all’interessamento da parte di Daniel Barenboim, suo vero e proprio mentore. Guidata dal gesto senza orpelli, ma efficacissimo, del direttore israeliano, che si è rivelato, ancora una volta, un fine interprete, attento alle sfumature, capace di raffinatezze timbriche come di marcate sottolineature a livello dinamico ed agogico, l’Orchestra Filarmonica della Fenice ha offerto una splendida prova, dimostrando di essere cresciuta quanto a precisione, affiatamento, purezza di suono. Questo si è sentito fin dalle battute iniziali del primo brano in programma, Romeo e Giulietta, overture-fantasia, di Čajkovskij (l’unico in assenza del mandolino): nell’Introduzione, una pagina dal colore brunito, cupa e solenne, che presagisce la tragica fine dei due giovani amanti come nella seconda sezione più drammatica, dove il maestro israeliano ha reso da par suo le contrapposizioni imitative dell’incisivo tema che la caratterizza, ad esprimere l’odio insanabile tra le due alrtezzose famiglie veronesi, per poi sciogliere la tensione nell’esposizione dell’appassionato tema d’amore, dove gli archi hanno brillato per coesione ed espressività.
Ma, com’è naturale, la parte più attesa del concerto era quella che vedeva come protagonista il mandolino di Jacob Reuven. Sorprendente davvero la tecnica dell’artista israeliano, che – nei limiti del possibile – sa trarre dal piccolo strumento sonorità incredibilmente rotonde e consistenti, dando prova di grande agilità e velocità nei passaggi più squisitamente virtuosistici e affrontando con verve e disinvoltura arpeggi, scalette, piccole cadenze come nell’ Introduzione e rondò capriccioso di Saint-Saëns, uno dei brani più popolari dell’ autore francese (composto per un giovanissimo Pablo de Sarasate), in cui il mandolino ha sostenuto brillantemente, con le sue peculiarità, l’ardua parte originariamente per violino. Straordinaria la prestazione di Reuven anche nel concerto di Vivaldi, apparendo perfettamente a suo agio tra modulazioni ed intervalli “stravaganti”, almeno nelle intenzioni del Prete Rosso, e in Asturias di Albéniz, dove ha saputo ricreare il clima misterioso che pervade la Leyenda prodotta dalla fantasia del compositore catalano, scandendo con maestria l’ossessivo tema principale, costituito da un rincorrersi di semicrome. Di struggente cantabilità l’interpretazione di Reuven relativa ai pezzi basati su ritmi di danza: la Danza spagnola da La vida breve di De Failla e, vero clou della serata, una serie di composizioni di Astor Piazzolla, Tango Suite,Libertango, Oblivion, dove al mandolino si è unita un’altrettanto straordinaria fisarmonica sotto le agili dita del maestro Wellber, strumento che l’artista israeliano suona dall’età di cinque anni. Ne è derivata un’esecuzione che ha letteralmente travolto il pubblico veneziano, dimostrando che non esistono gerarchie preconcette nel campo della musica – classica, colta, leggera o quant’altro – ma soltanto buona o cattiva musica, buone o cattive esecuzioni. E questa sera si è ascoltato un grande Piazzolla per un’altrettanto grande esecuzione. Sull’onda dell’entusiasmo del pubblico plaudente e acclamante, sono stati concessi generosamente due bis: la celeberrima Csárdás di Vittorio Monti, dove i due solisti hanno duettato alla grande, non senza creare qualche saporoso momento di comicità (come quando Meil Wellber ha fatto un esplicito cenno a Reuven, che tentava di attardarsi troppo in un virtuosistico ostinato, o in occasione di una corona volutamente esasperata); e per finire L’Intermezzo dell’atto secondo da Carmen di Georges Bizet. Ancora scroscianti applausi hanno sancito il pieno successo di una serata, come abbiamo visto, doppiamente da ricordare.