Firenze, Auditorium di Santo Stefano al Ponte
Coro del Maggio Musicale Fiorentino
Direttore Lorenzo Fratini
Coro del Maggio Musicale Fiorentino
Direttore Lorenzo Fratini
Soprano Eloisa Deriu
Mezzosoprano Barbara Zingerle
Tenore Leonardo Sgroi
Basso Nicolò Ayroldi
Pianoforte Andrea Severi, Paolo Gonnelli
Gioachino Rossini:”Stabat Mater” per soli, coro e pianoforte a 4 mani
(versione di Carl Czerny)
Continuano le celebrazioni per gli 80 anni dalla fondazione del Coro del Maggio Musicale Fiorentino, coevo all’omonimo festival, alla cui guida si sono succeduti i Maestri Andrea Morosini, Adolfo Fanfani, Roberto Gabbiani, Vittorio Sicuri, Marco Balderi, José Louis Basso, Piero Monti fino all’attuale Direttore Lorenzo Fratini. La rassegna, partita a fine maggio con Ein Deutches Requiem di Brahms, proseguita con il Requiem di Mozart nella versione per pianoforte a 4 mani di Carl Czerny, ci ha offerto sabato scorso uno Stabat Mater di Rossini un po‘ fuori stagione ma di indubbio interesse anch’esso nella riduzione pianistica di Czerny a 4 mani. Nella suggestiva cornice di Santo Stefano al Ponte, chiesa sconsacrata e regolare sedi di concerti dal 1986, il Coro si è esibito in una piccola formazione con una quarantina di elementi dando anche occasione al pubblico fiorentino di sperimentare le qualità di quattro dei suoi membri che si sono proposti in veste di solisti interpretando una partitura tutt’altro che semplice.
L’acustica generosa della chiesa dona una ricchezza sinfonica al registro grave del pianoforte nei toni scuri che aprono il piccolo preludio al brano iniziale per il quale il direttore Lorenzo Fratini sceglie tempi meditativi che conferiscono una sentita tristezza e compartecipazione all’afflizione della Vergine sotto la croce.L’aria Cujus Animam introdotta con baldanza eroica dai pianisti Andrea Severi e Paolo Gonnelli è stata proseguita in chiave più timida dal tenore Leonardo Sgroi la cui voce tende a rimanere in sordina salvo trovare una maggiore apertura nelle due frasi in crescendo finali che salgono al si doppio bemolle e nel sorprendente re bemolle della cadenza che suona pieno e brunito. Molto intensa la prestazione del soprano Eloisa Deriu interprete appassionata alla costante ricerca di colori con buona proiezione ma con intonazione non sempre cristallina. Il suo temperamento trovo lo sfogo ideale nell’aria Inflammatus dove la cantante appare percepire realmente le fiamme del giudizio universale. Le risposte del coro suonano potenti come un Dies Irae verdiano e sulle ultime battute finiscono per fagocitare i due do della solista che per quanto ben agganciati non riescono a stagliarsi sulla mole sonora.Canta bene Niccolò Ayroldi con il solo peccato originale di essere un baritono e non un basso. Nonostante l’artista sia a proprio agio in tutta la tessitura dello Stabat Mater che copre oltre due ottave dal mi bemolle1 al fa 3, in alcuni passaggi dell’aria Pro peccatis suae gentis si avverte la mancanza della polpa e dell’autorevolezza del basso. Buona la resa vocale nei salti di ottava e nelle frasi del recitativo con coro a cappella e nel quartetto Sancta Mater dove trova un ottimo equilibrio con le altre voci ed in particolare col mezzosoprano Barbara Zingerle. Quest’ultima, dotata di una linea di canto di grande presenza ed omogeneità, prosegue magnificamente la sua performance nell’aria Fac ut portem (la cui melodia fu utilizzata da Rossini anche per uno dei numerosi rimproveri metastasiani – Mi lagnerò tacendo – da lui musicati) con bel colore e cura delle dinamiche affrontando senza tema le due escursioni che partendo dal pedale sul si bemolle grave salgono al sol diesis acuto. I brani maggiormente valorizzati dal leggero riverbero presente nella chiesa sono indubbiamente quelli a cappella. Di grande atmosfera e ispirazione la frase dei bassi Eja Mater fons amoris che risuona quale atavica invocazione sacerdotale. Nel Quando Corpus, eseguito a nostro avviso con eccessivo rigore ritmico, il coro ha saputo mantenere una buona intonazione sui difficili cromatismi.
Lorenzo Fratini sempre attento, preciso e musicale, con gesto eloquente riesce a plasmare in modo plastico le dinamiche corali specialmente nei due brani a cappella e nella fuga finale nella quale cura sapientemente l’intensità gli ingressi delle singole voci imponendo subito la dissolvenza. Il Maestro del Coro ha saputo ben dosare i colori e i tempi delle pagine dello Stabat Mater nelle quali tendono naturalmente ad emergere la vivacità e spensieratezza delle migliori pagine operistiche rossiniane talvolta in aperto contrasto con la drammaticità del testo della sequenza attribuita a Jacopone da Todi.La compagine ha potuto contare sul solido sostegno dei pianisti Andrea Severi e Paolo Gonnelli che hanno suonato con esattezza, bella articolazione, sonorità e gusto. Dopo i meritati applausi il Coro ha offerto in bis al pubblico O salutaris hostia brano rossiniano a cappella composto nel 1857 che proprio a Firenze trovò la prima esecuzione.Il prossimo ed l’ultimo fra gli eventi in programma sarà un Concerto di Natale con canti tradizionali e musiche di Bach e Scarlatti, che si terrà sempre in Santo Stefano al Ponte il 19 Dicembre.
Continuano le celebrazioni per gli 80 anni dalla fondazione del Coro del Maggio Musicale Fiorentino, coevo all’omonimo festival, alla cui guida si sono succeduti i Maestri Andrea Morosini, Adolfo Fanfani, Roberto Gabbiani, Vittorio Sicuri, Marco Balderi, José Louis Basso, Piero Monti fino all’attuale Direttore Lorenzo Fratini. La rassegna, partita a fine maggio con Ein Deutches Requiem di Brahms, proseguita con il Requiem di Mozart nella versione per pianoforte a 4 mani di Carl Czerny, ci ha offerto sabato scorso uno Stabat Mater di Rossini un po‘ fuori stagione ma di indubbio interesse anch’esso nella riduzione pianistica di Czerny a 4 mani. Nella suggestiva cornice di Santo Stefano al Ponte, chiesa sconsacrata e regolare sedi di concerti dal 1986, il Coro si è esibito in una piccola formazione con una quarantina di elementi dando anche occasione al pubblico fiorentino di sperimentare le qualità di quattro dei suoi membri che si sono proposti in veste di solisti interpretando una partitura tutt’altro che semplice.
L’acustica generosa della chiesa dona una ricchezza sinfonica al registro grave del pianoforte nei toni scuri che aprono il piccolo preludio al brano iniziale per il quale il direttore Lorenzo Fratini sceglie tempi meditativi che conferiscono una sentita tristezza e compartecipazione all’afflizione della Vergine sotto la croce.L’aria Cujus Animam introdotta con baldanza eroica dai pianisti Andrea Severi e Paolo Gonnelli è stata proseguita in chiave più timida dal tenore Leonardo Sgroi la cui voce tende a rimanere in sordina salvo trovare una maggiore apertura nelle due frasi in crescendo finali che salgono al si doppio bemolle e nel sorprendente re bemolle della cadenza che suona pieno e brunito. Molto intensa la prestazione del soprano Eloisa Deriu interprete appassionata alla costante ricerca di colori con buona proiezione ma con intonazione non sempre cristallina. Il suo temperamento trovo lo sfogo ideale nell’aria Inflammatus dove la cantante appare percepire realmente le fiamme del giudizio universale. Le risposte del coro suonano potenti come un Dies Irae verdiano e sulle ultime battute finiscono per fagocitare i due do della solista che per quanto ben agganciati non riescono a stagliarsi sulla mole sonora.Canta bene Niccolò Ayroldi con il solo peccato originale di essere un baritono e non un basso. Nonostante l’artista sia a proprio agio in tutta la tessitura dello Stabat Mater che copre oltre due ottave dal mi bemolle1 al fa 3, in alcuni passaggi dell’aria Pro peccatis suae gentis si avverte la mancanza della polpa e dell’autorevolezza del basso. Buona la resa vocale nei salti di ottava e nelle frasi del recitativo con coro a cappella e nel quartetto Sancta Mater dove trova un ottimo equilibrio con le altre voci ed in particolare col mezzosoprano Barbara Zingerle. Quest’ultima, dotata di una linea di canto di grande presenza ed omogeneità, prosegue magnificamente la sua performance nell’aria Fac ut portem (la cui melodia fu utilizzata da Rossini anche per uno dei numerosi rimproveri metastasiani – Mi lagnerò tacendo – da lui musicati) con bel colore e cura delle dinamiche affrontando senza tema le due escursioni che partendo dal pedale sul si bemolle grave salgono al sol diesis acuto. I brani maggiormente valorizzati dal leggero riverbero presente nella chiesa sono indubbiamente quelli a cappella. Di grande atmosfera e ispirazione la frase dei bassi Eja Mater fons amoris che risuona quale atavica invocazione sacerdotale. Nel Quando Corpus, eseguito a nostro avviso con eccessivo rigore ritmico, il coro ha saputo mantenere una buona intonazione sui difficili cromatismi.
Lorenzo Fratini sempre attento, preciso e musicale, con gesto eloquente riesce a plasmare in modo plastico le dinamiche corali specialmente nei due brani a cappella e nella fuga finale nella quale cura sapientemente l’intensità gli ingressi delle singole voci imponendo subito la dissolvenza. Il Maestro del Coro ha saputo ben dosare i colori e i tempi delle pagine dello Stabat Mater nelle quali tendono naturalmente ad emergere la vivacità e spensieratezza delle migliori pagine operistiche rossiniane talvolta in aperto contrasto con la drammaticità del testo della sequenza attribuita a Jacopone da Todi.La compagine ha potuto contare sul solido sostegno dei pianisti Andrea Severi e Paolo Gonnelli che hanno suonato con esattezza, bella articolazione, sonorità e gusto. Dopo i meritati applausi il Coro ha offerto in bis al pubblico O salutaris hostia brano rossiniano a cappella composto nel 1857 che proprio a Firenze trovò la prima esecuzione.Il prossimo ed l’ultimo fra gli eventi in programma sarà un Concerto di Natale con canti tradizionali e musiche di Bach e Scarlatti, che si terrà sempre in Santo Stefano al Ponte il 19 Dicembre.