Parma, Teatro Regio, Festival Verdi 2013
Orchestre National de France
Direttore Daniele Gatti
Maestro del Coro Martino Faggiani
Soprano Fiorenza Cedolins
Mezzosoprano Veronica Simeoni
Tenore Francesco Meli
Basso Michele Pertusi
Giuseppe Verdi: Messa da Requiem, per soli, coro e orchestra
Parma, 31 ottobre 2013
Un “Requiem col Nobel”, potremmo intitolare questa cronaca… al di là dei meriti artistici e, soprattutto del riscontro da parte di un pubblico molto partecipe, la serata conclusiva delle celebrazioni verdiane del bicentenario al Teatro Regio ha avuto infatti come ospite d’onore Aung San Suu Kyi – la leader politica birmana Premio Nobel per la Pace, cittadina onoraria di Parma dal 2007 -condotta alla presenza del pubblico da parte del Sindaco di Parma Federico Pizzarotti poco prima dell’inizio della rappresentazione, dopo aver trascorso la giornata nella città emiliana. Quello del 2013 è stato il Festival dedicato alle celebrazioni dei duecento anni trascorsi dalla nascita di Giuseppe Verdi: senza dubbio, sarà ricordato anche per essere stato il Festival segnato dalla crisi economica ma – paradossalmente – anche dall’“internazionalità”, considerata la massiccia presenza di turisti provenienti da gran parte del mondo. Evidentemente il piano per un rilancio del Teatro e del suo Festival sta dando i propri frutti: ora occorrerà vedere come si evolveranno le sorti di questa manifestazione ma anche quale sarà l’appeal della Stagione invernale, annunciata da pochi giorni… Anche l’ultimo spettacolo sembrerebbe volersi allineare alla pluralità che ha contraddistinto quest’edizione del Festival: nel ‘walzer’ di orchestre che nel mese di ottobre si sono susseguite, arriva ora l’Orchestre National de France sotto la bacchetta di Daniele Gatti a dirigere la Messa da Requiem di Giuseppe Verdi. Ha riscosso i favori del pubblico la lettura di Daniele Gatti innestata principalmente su due binari, dai fortissimi tellurici attaccati con gesto scattoso e ferino – propendendo talvolta a rendere ‘visibile’ solo l’involucro monumentale e magniloquente della partitura – ai pianissimi rarefatti e sottili degli attacchi iniziali: i vari numeri si sono susseguiti con sempre rinnovato vigore, in modo da dominare le articolate agogiche della composizione. Il Coro del Teatro Regio di Parma guidato da Martino Faggiani si è comportato in modo eccellente – semplicemente come un grande interprete dovrebbe fare -: una voce e un ‘dire’ unico e compatto. In particolar modo degna di menzione la prova della sezione femminile. Sul piano di un’omogeneità puramente vocale, ben assortito il quartetto dei solisti. Fiorenza Cedolins, nonostante una zona grave un po’ fragile («Libera me»), ha cantato con sicurezza, mostrando un centro limpido e sonoro, tentando di coniugare lirismo (in particolar modo nel «Recordare») e drammaticità alla propria esecuzione e riuscendo a svettare – od onta di un vibrato un po’ largo – negli slanci del «Kyrie». Al posto della prevista Daniela Barcellona, è giunta Veronica Simeoni che ha così fatto il suo debutto al Teatro Regio. Ha mostrato voce omogenea, di colore chiaro e di buona e solida emissione in tutta la gamma. Degli interpreti, ci è sembrata anche quella più analitica sul piano del fraseggio e la più attenta all’accento e al colore da conferire alla parola (molto bravo Gatti a guidarla, tenendola quasi ‘per mano’ nel «Liber scriptus»); e, giustamente, la più emozionata. Emozione che comunque non ha compromesso in alcun modo la bella prova complessiva. I due interpreti maschili possono essere accomunati, in questo particolare momento delle rispettive carriere, da una ‘virata’ verso il repertorio verdiano. Francesco Meli, rispetto alla prova di due anni fa, ha mantenuto la bellezza del canto a voce piena, anche in acuto, ma è apparso meno sicuro nello sfumare il suono (come per il fragilissimo incipit dell’«Hostias»). Di Michele Pertusi rischiamo di ripetere quanto già detto per il Nabucco della stagione appena trascorsa; quindi, in estrema sintesi, voce non particolarmente debordante nel volume, ma sostenuta da buona tecnica e un canto a fior di labbro raro a sentirsi oggigiorno: quanta compostezza e, al contempo, solennità nel suo «Mors stupebit»… L’inizio come il termine dell’esecuzione è stato preceduto da lunghi attimi di silenzio; alla fine, applausi calorosissimi e iterati per tutti da parte di un Teatro pienissimo. Finiscono qui le celebrazioni verdiane a Parma. Come abbiamo già accennato in precedenza, la Stagione invernale è stata annunciata pochi giorni prima del termine del Festival: inizierà col dittico Pagliacci / Gianni Schicchi. Niente Verdi per l’inverno del 2014: anche questa, a suo modo, è una novità non da poco. Foto Annalisa Andolina – Teatro Regio di Parma