Sassari, Ente Concerti Marialisa de Carolis, Teatro Comunale, Stagione Lirica 2013
“COSÌ FAN TUTTE”
Dramma gioco in due atti su libretto di Lorenzo Da Ponte
Musica di Wolfgang Amadeus Mozart
Fiordiligi FRANCESCA SASSU
Dorabella ANNALISA STROPPA
Gugliemo CLEMENTE ANTONIO DALIOTTI
Ferrando GREGORY WARREN
Despina PAMELA CHIRIACO
Don Alfonso OMAR MONTANARI
Orchestra e Coro dell´Ente Concerti “Marialisa de Carolis”
Direttore Giovanni Battista Rigon
Maestro del Coro Antonio Costa
Regia Jacopo Spirei
Scene Mauro Tinti
Costumi Marco Idini
Luci Fiammetta Baldiserri
Nuovo allestimento dell´Ente Concerti ´Marialisa de Carolis´
Sassari, 15 novembre 2013
Della trilogia “italiana” di Mozart Così fan tutte è sempre stata probabilmente l’opera meno popolare: Le Nozze di Figaro, unico grande successo teatrale in vita per il compositore, e lo straordinario Don Giovanni, mettono inevitabilmente in ombra quello che forse, per equilibrio e coerenza drammaturgica, si può considerare il capolavoro del librettista Lorenzo Da Ponte. Un intreccio semplicissimo, un gioco delle coppie simmetrico e quasi ovvio, un lungo secondo atto in cui non succede quasi niente, si dipanano sostenuti da un’abile retorica razionalista che spesso sfiora il cinismo. Sono lontani gli effetti proto romantici o i presagi di future libertà: sul finire del secolo dei lumi, la prima dell’opera è del 1790, Mozart e Da Ponte costruiscono un cenotafio all’illuminismo, alla logica dei rapporti umani depurati da qualunque retorica sentimentale. Amore, passione, amicizia, fedeltà diventano categorie astratte, funzionali a una logica meccanicistica e implacabile che tutti disapprovano ma che tutti praticano senza alcun vero senso di colpa e con un vago sorriso amaro.
Logica quindi è apparsa la scelta di ambientare nella contemporaneità l’allestimento della terza opera in programma al Teatro Comunale di Sassari, per la 70esima stagione lirica organizzata dall’Ente Concerti Marialisa di Carolis: al regista Jacopo Spirei riesce fin troppo facile tradurre la vicenda in una Napoli moderna, tra sentimenti tanto esibiti quanto fasulli, dove il meccanismo della seduzione fine a se stessa, l’inganno e il denaro sembrano motivare principalmente i rapporti umani. Guglielmo e Ferrando disputano con Don Alfonso nella sede di un prestigioso Yacht Club, Dorabella e Fiordiligi contemplano i ritratti degli amati sul cellulare, Despina fa la cameriera in una mensa universitaria gestita dalle sue padrone e comparirà alla fine travestita nella gustosa parodia di una nota onorevole ma, pur con alcune incongruenze, l’operazione si rivela accettabile e coerente con lo spirito dell’opera. Ciò grazie anche a un notevole equilibrio nei costumi di Marco Idini e nell’apparato scenografico di Mauro Tinti, basato fondamentalmente su alcune piattaforme movimentate in scena da tecnici-comparse, che in maniera elegante e pratica ha ben risolto le varie situazioni. La recitazione, ovviamente naturalistica nell’impostazione, ha sempre mantenuto una misura notevole nell’economia dei movimenti e nella spontanea espressione degli interpreti. Un cast molto giovane e disinvolto ha ben assecondato le scelte registiche, costruendo nel complesso dei personaggi magari non caratterizzati in maniera approfondita ma comunque ben inseriti nel meccanismo scenico. Apprezzabile anche l’idea di risolvere buona parte del difficile secondo atto con un’ambientazione neutra, appena caratterizzata dalle luci di Fiammetta Baldiserri: poteva essere grande la tentazione di sporcare con orpelli inutili ciò che doveva essere affidato solo alla musica.
Normalmente però ci si affida a qualcuno o qualcosa di solido e purtroppo proprio l’esecuzione musicale ha dimostrato ben poca solidità sin dalle prime battute dell’Ouverture. Il direttore Giovan Battista Rigon in sostanza non sempre è riuscito a inquadrare ritmicamente l’opera: sono stati continui gli sfasamenti nelle cadenze, le incertezze nelle ripartenze e nei cambi di tempo che hanno inficiato pesantemente l’esecuzione e, soprattutto, hanno impedito un vero approfondimento nell’espressione. Proprio la genericità espressiva e la qualità del suono poco curata hanno rallentato la tensione soprattutto nei momenti in cui l’eloquio musicale sarebbe dovuto essere più presente, come nelle grandi arie cantabili. Nella generale preoccupazione per l’insieme ovviamente sono finiti in secondo piano anche elementari aspetti stilistici: orchestra, coro e solisti sembravano troppo spesso eseguire la propria parte con una consapevolezza personale non sempre appropriata, piuttosto che come parte di un disegno organico complessivo.
Eppure non mancavano le qualità a disposizione: i giovani interpreti hanno mostrato una buona omogeneità complessiva sul piano vocale oltre che nella recitazione, una tecnica nel complesso matura e i registri chiari, seppure poco estesi nel grave e piuttosto leggeri nel peso vocale, avevano una freschezza sicuramente adeguata nella situazione. Ha spiccato la Dorabella di Annalisa Stroppa per colore, omogeneità e vivacità interpretativa: interessante soprattutto nel versante brillante del personaggio. Buona anche la prestazione del soprano sassarese Francesca Sassu che ha delineato una Fiordiligi sicura sul piano vocale, assai ben caratterizzata soprattutto grazie alla lucentezza del registro acuto e capace di una prova convincente nelle difficili arie di genere affidate al personaggio. Bene assortita anche la coppia maschile Guglielmo – Ferrando: Clemente Antonio Daliotti ha mostrato tecnica sicura e un bel timbro omogeneo mentre è apparsa un po’ più faticosa l’emissione di Gregory Warren nella zona del passaggio; comunque la sua interpretazione è stata una delle più convincenti sul piano stilistico. La terza coppia, vero motore drammaturgico dell’opera, è stata quella formata da Don Alfonso e Despina: Omar Montanari ha cantato molto bene, ma in un primo momento poteva lasciare perplessi la scelta di un Don Alfonso così giovane e brillante, lontano dalle solite caratterizzazioni. Tuttavia nel corso dell’opera, e nella particolare situazione dell’ambientazione, la scelta di trasformare l’anziano e saggio filosofo in un compagno giovane e complice si è rivelata funzionale e, nel complesso, credibile. Pamela Chiriaco è riuscita a sfruttare un timbro vocale non gradevolissimo nel registro centrale con una caratterizzazione vivace e talvolta caricaturale del personaggio, in linea con una tradizione interpretativa forse discutibile ma tutto sommato accettabile. Buone le qualità dell’orchestra dell’Ente, nell’occasione anche sfortunata, avendo perso il primo fagotto poco prima dell’inizio della recita (e si può immaginare che problema possa essere con un’orchestrazione così trasparente…) e discreta la compattezza del coro omonimo, istruito da Antonio Costa, nei brevi interventi richiesti dalla partitura.