Se l’ouverture Christoph Columbus ebbe un esito contrastato, non certo più felici furono i primi passi teatrali di Wagner; il suo Divieto d’amare, alla prima rappresentazione del 29 marzo 1836 al Teatro di Magdeburgo, andò incontro ad un fiasco colossale e la seconda serata la rappresentazione non iniziò neppure a causa di una rissa scoppiata tra il marito della primadonna e il secondo tenore, sospettato di esserne l’amante, e di una platea quasi vuota all’interno della quale c’erano soltanto tre persone. Per Wagner, neosposo, si aprì un periodo difficile, che, come egli ebbe modo di ricordare, fu fonte di molte umiliazioni, ma nel quale ritrovò delle energie per comporre. Lo stesso Wagner scrisse: “Volli tuttavia mettere a profitto della mia arte la calma del porto di salvezza al quale ero finalmente arrivato: scrissi alcune composizioni, tra le quali una grande ouverture sul tema di Rule Britannia. Durante il mio soggiorno a Berlino avevo scritto l’ouverture intitolata Polonia ispiratami dalla festa dei Polacchi. Rule Britannia era un passo di più verso un genere affidato all’effetto di masse: nella parte finale l’orchestra, già potente, doveva essere rinforzata da una banda militare. L’opera era destinata al prossimo festival musicale che avrebbe avuto luogo a Könisberg” (Ivi, p. 141).
Non c’è molto altro da dire su queste due ouvertures, delle quali Polonia fu scritta tra il 18 maggio e il 7 luglio del 1836, mentre la seconda fu completata nel mese di marzo del 1837. Delle due ouvertures Polonia si distingue per una certa invenzione melodica e per una scrittura brillante, per la verità, abbastanza convenzionale e ancora inquadrata nello stile delle ouvertures italiane primottocentesche, mentre Rule Britannia, sulla cui musica Wagner faceva molto affidamento per un possibile successo, è una pagina retorica costruita sul famoso inno patriottico britannico musicato da Thomas Arne nel 1740. Egli inviò la partitura a George Smart, presidente della Società Filarmonica di Londra, confidando in un’esecuzione nella capitale inglese, ma le sue speranze furono miseramente deluse quando, nella primavera del 1840, mentre si trovava a Parigi, si vide recapitare indietro la partitura, come raccontò egli stesso: “Con mio indicibile sgomento constatai pure che il plico conteneva la mia ouverture su Rule Britannia che la Società Filarmonica di Londra mi restituiva. Furioso, dichiarai di non accettare il pacco. Il fattorino, dal canto suo, si mise a reclamare i sette franchi ch’io dovevo pagare, dal momento che avevo già rotto i sigilli. Ma niente gli valse: io non avevo i sette franchi. Addussi il pretesto che egli mi aveva comunicato troppo tardi il prezzo del porto e lo costrinsi a portarsi via l’unico esemplare della mia ouverture”. (Ivi, p. 190)
Proprio a Parigi tra il mese di dicembre del 1839 e il mese di gennaio del 1840 Wagner compose il lavoro più maturo della sua giovanile produzione sinfonica, Eine-Faust Ouverture, la cui prima stesura, eseguita a Weimar soltanto nel 1852 è, tuttavia, andata perduta. Nel giudicare questa partitura è necessario, dunque, considerare che noi disponiamo di una tarda rielaborazione del 1855 realizzata da Wagner dopo l’ascolto della Faust-Symphonie di Franz Liszt e quindi in un’epoca più matura. Composto, come affermato da Wagner stesso sotto l’influenza della Nona di Beethoven, questo lavoro sinfonico condivide con il capolavoro beethoveniano soltanto la tonalità dal momento che l’atmosfera armonica e le soluzioni orchestrali sono tipicamente wagneriane. Originariamente Wagner intendeva scrivere una sinfonia in quattro movimenti, ma la contemporanea composizione dell’Olandese volante lo indusse ad abbandonare il progetto, confermato, tuttavia, dalla struttura di questa composizione che segue i principi della forma-sonata. L’ouverture si apre con un’introduzione lenta (Sehr gehalten), nella quale vengono accennati i temi principali che si presentano in una ricca tavolozza orchestrale quasi come dei Leitmotiv, mentre, esposto dai primi violini, il primo tema della sezione rapida in forma-sonata (Sehr bewegt) sembra rappresentare l’anima, per dirla con un’espressione boitiana, dualistica di Faust, proteso verso il Cielo nello slancio iniziale costituito dal salto d’ottava, ma attratto dalla materia verso la quale immediatamente ricade sempre grazie a un nuovo salto di ottava (Es. 5). Faust, come Tannhäuser, ci appare come un alter ego del compositore tormentato dall’ansia della redenzione e nel frattempo attratto dalle seduzioni del peccato, che nel mito del cantore errante prendevano la forma dei piaceri del Venusberg. Non può sfuggire, infatti, la parentela di questo tema con la seconda idea tematica del celeberrimo Coro dei Pellegrini, nella quale alla volontà di ascesa realizzata dal salto d’ottava segue una discesa cromatica verso il basso (Es. 6).Questo tema, peraltro, appare brevemente citato nella parte del corno alla fine della sezione modulante, poco prima del celestiale secondo tema affidato al primo flauto che si esibisce in un disegno melodico di due ottave pieno di slancio (Es. 7).
È solo un anticipo della redenzione che attende Faust il quale, dopo le lotte e i tormenti dello sviluppo, accede finalmente ad una forma di pace eterna nel diafano e celestiale finale dove l’accordo della tonica, reso maggiore con l’innalzamento della terza, sembra rappresentare un approdo di quiete ad una vita dualisticamente lacerata. Questo finale sembra anticipare un altro splendido finale, quello del Tristano e Isotta, dove tre accordi di si maggiore in pianissimo donano quel senso di quiete che i due protagonisti trovano solo nella morte. Pur non essendo l’ultimo lavoro sinfonico in assoluto – Wagner, infatti, avrebbe composto nel 1870 l’Idillio di Sigfrido, come regalo di compleanno per la moglie Cosima e una Marcia in occasione del centenario dell’indipendenza degli Stati Uniti d’America nel 1876 -, l’ouverture del Faust è l’ultimo lavoro sinfonico giovanile di Wagner e delinea, anche per l’adesione ad un programma extramusicale, un ponte con la sua produzione operistica alla quale risulta apparentato anche per le idee tematiche e filosofiche che qui appaiono in abbozzo. Ormai l’arte di Wagner stava prendendo forma e i suoi capolavori si profilavano all’orizzonte.