Roma, Auditorium Parco della Musica, Sala Santa Cecilia, Stagione di Musica Sinfonica dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia 2013-2014. Inaugurazione della Stagione Sinfonica
“PETER GRIMES”
Opera in un prologo e tre atti. Libretto di Montagu Slater.
Musica di Benjamin Britten
Peter Grimes GREGORY KUNDE
Ellen Orford SALLY MATTHEWS
Captain Balstrode ALAN OPIE
Auntie SUSAN BICKLEY
Le Nipoti ELENA XANTHOUDAKIS, SIMONA MIHAI
Robert Boles MICHAEL COLVIN
Swallow GRAEME BROADBENT
Mrs.(Nabob) Sedley FELICITY PALMER
Rev.Horace Adams HARRY NICOLL
Ned Keene RODERICK WILLIAMS
Hobson DARREN JAFFERY
Una pescivendola GABRIELLA MARTELLACCI
Un avvocato MARCO SANTARELLI
Orchestra e Coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Direttore Antonio Pappano
Maestro del Coro Ciro Visco
Roma, 28 ottobre 2013
Magnifica l’apertura della Stagione Sinfonica 2013/2014 dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia con il capolavoro di Benjamin Britten, “Peter Grimes”, voluto dal Maestro Antonio Pappano per la celebrazione del centenario della nascita del compositore. Lo spettacolo, in forma di concerto, ha avuto sublimi protagonisti lo stesso direttore Antonio Pappano e il tenore Gregory Kunde nei panni dello sfortunato pescatore che dà il titolo all’opera. La serata, emozionante e inquietante, allo stesso tempo, è stata resa magica dalla bacchetta del Maestro, che ancora una volta ci ha offerto una lettura molto passionale di un dramma caposaldo del teatro lirico del Novecento. “Peter Grimes”, rappresentato, per la prima volta, a Londra, subito dopo la fine del secondo conflitto mondiale, il 7 giugno 1945, al Sadler’s Wells Theatre, è un lavoro violento, dove non solo la violenza è fisica ma psicologica. “The Borough” (Il Borgo), poema di George Crabbe, da cui l’autore insieme al tenore Peter Pears e al librettista Montagu Slater trae il soggetto dell’opera, mostra un Peter Grimes, che vive in un villaggio di pescatori nel Suffolk, cinico, assassino per denaro, Britten ne fa scaturire un uomo che, sicuramente ha dei problemi psichici, ma che viene travolto dal gorgo della violenza degli abitanti del Borgo, spietati nel distruggere la reputazione di una persona sofferente con una condanna collettiva, che alla fine lo spinge al suicidio in mare. Il mare è il vero protagonista dell’opera insieme al pescatore, il mare accoglie la sua anima dolente, il mare è così ben raffigurato nel corso di tutta l’opera, da sembrare presente nella sala, in particolare negli splendidi Interludi marini, probabilmente i brani più noti dell’opera, spesso eseguiti anche isolatamente. Ebbene il mare, tessuto connettivo dell’opera, viene evocato dall’Orchestra di Santa Cecilia, in uno stato di grazia particolare, con una raffigurazione quasi pittorica. Le folate di vento del mare in tempesta o i momenti di più serena quiete della brezza più lieve sono vivificati dalla passione del Maestro Pappano. Così il primo interludio, “l’alba” è solenne e struggente nello stesso tempo, il secondo interludio “la tempesta” è travolgente con una iridescenza tale da riempire la sala di un’ondata vera e propria di flussi melodici di stampo gershwiniano e d’altronde Britten aveva ben in mente l’analoga scena del “Porgy and Bess”. Inquietante nella sua bellezza il terzo interludio, con la commistione degli inni salmodianti degli abitanti del Borgo, guidati dal parroco, alle armonie dissonanti, che raffigurano le dolorosa contorsione psicologica di Ellen Orford, la vedova, maestra di scuola, unica, insieme al Capitano Balstrode, ad avere un senso di pietas nei confronti dello sventurato Peter Grimes. In questo interludio in cui viene raffigurata una domenica di festa con il sole sulla spiaggia, gli accordi tremendamente dissonanti evocano in maniera significativa il dolore acuto, trafittivo, del cuore di Ellen, quasi a ricordare un dolore simile provato da un’altra infelice donna, la Tatyana dell’Eugenio Onegin di Ciaikowski, anch’essa lacerata da un amore impossibile. Il Maestro Pappano accentua anche sonorità dissonanti, laceranti alla pronta decisione di Ellen di andare con il carrettiere Hobson a prendere un nuovo mozzo per Peter. Il quarto interludio, la “Passacaglia” è realizzato da Pappano in maniera sublime, struggente fino a suscitare le lacrime, potente allo stesso tempo da emozionare fortemente chi ascolta. Nel quinto interludio la maestosità della marea che invade la sala sembra provenire dalla profondità gelida del Mare del Nord. Il finale dell’opera è nuovamente sconvolgente con un ritorno alla vita quotidiana del Borgo che ha finalmente eliminato il “mostro” Grimes ed ancora è la potenza del mare che riempie la sala “con il suo moto incessante”. Sulle note finali dell’opera un momento di commosso silenzio prima dell’applauso liberatorio. Come la parte più drammatica è stata resa così agghiacciante, così le parti di raccordo, ancora in parte di ispirazione gershwiniana ma anche evocanti atmosfere alla “Lady Macbeth del distretto di Mtsensk” di Shostakovich, sono state realizzate con eleganza e raffinatezza dal Maestro Pappano, che è riuscito a saldarle in un modo mirabile, creando una tensione narrativa tale da inchiodare lo spettatore alla poltrona. L’assenza delle scene in un’opera così carica di drammaturgia è stata in parte compensata dalla grande espressività della bacchetta di Antonio Pappano, che ha delineato nell’Orchestra delle proiezioni sonore così intense tali da evocare immagini quasi cinematografiche della taverna “Il Cinghiale” o del lungomare: stupefacente l’orchestrina del terzo atto che, con sonorità di stampo quasi jazzistico ci ha portato dentro la bettola gestita da “Auntie” in un modo così veritiero da apparire quasi realistico. L’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia ha risposto in maniera pressoché perfetta ai dettami del Maestro, facendo scaturire dei suoni ora struggenti, ora più lirici, ora più possenti, che hanno riempito la sala in maniera stupefacente. Ottima la prestazione del Coro di Santa Cecilia, guidato brillantemente dal Maestro Ciro Visco, che ha realizzato con i suoi complessi vocali una presenza scenica continua e intensa, tesa a raffigurare la variegata ma umanissima e falsa atmosfera degli abitanti del borgo, culmine il grido ossessivo, violento sul nome di “Peter Grimes”.
Il protagonista dell’opera Peter Grimes è stato interpretato in maniera sublime dal tenore “fenomeno” Gregory Kunde, che dai suoi esordi belcantistici è approdato ora ai ruoli quasi impossibili da interpretare in una unica carriera, quali Otello di Giuseppe Verdi o il Radames dell’Aida. Il suo Peter è perfetto, la sua potenza vocale, associata all’eleganza derivatagli dal suo primo repertorio, ne fanno scaturire un personaggio psichicamente instabile, ma profondamente virile, anche nella sua violenza. Così l’angoscia inquietante del monologo in cui racconta la morte del primo ragazzo si fa sconvolgente nei terribili “alone, alone, alone” (solo, solo, solo) quasi sussurrati, come sconvolgente è l’attacco di “What harbour shelters peace?” (In quale porto si rifugia la pace?). Sensazionale poi è il monologo delle Pleiadi dove sembra di sentire l’Otello verdiano, cui pure Britten si ispira, in cui Kunde arriva a dei vertici di espressività dolorosa tale da sprigionare le lacrime anche nell’ascoltatore meno sensibile. Il monologo del finale del secondo atto, prima della tragica morte del mozzo che cade dalla scogliera, è risolto da Gregory Kunde con dei virtuosismi quasi belcantistici ma profondamente dolorosi, espressione di una mente gravemente alienata. Così anche il finale allucinato viene reso dal tenore in maniera fortemente drammatica, presagio di una fine imminente. Non c’è altro modo che inchinarsi alla grande professionalità artistica di questo cantante che, verosimilmente, è al momento, unico nel panorama degli artisti lirici ad affrontare ruoli così disparati sempre ad un altissimo livello.
Gli altri protagonisti dell’opera hanno contribuito in modo significativo alla riuscita della serata. Molto buona la prestazione di Sally Matthews, nei panni della vedova Ellen Orford: esperta di ruoli britteniani, la cantante, leggermente coperta dall’orchestra nel primo atto, è venuta fuori con una grande interpretazione dell’arioso del secondo atto “Nothing to tell me” (niente da dirmi) in cui ci regala delle sfumature poeticissime rivolte al dolore del giovane ragazzo, cui ricorda i suoi primi anni di insegnamento che le hanno permesso di scoprire che “i dolori dei più piccoli fanno più male ma sono più semplici”. Pateticissima poi la famosa “Embroidery” aria, (l’aria del ricamo) in cui la vocalità della Matthews evoca all’ascolto un dolore straziante nella nostalgia della sua infanzia.
Solida esperienza, derivata dalla grande padronanza del ruolo, quella del baritono Alan Opie nel ruolo del Capitano Balstrod, drammaticissimo il suo “Goodbye Peter” finale. La grande artista Felicity Palmer ha letteralmente teatralizzato la figura della vecchia intrigante Mrs. Sedley: simpaticissima e istrionica anche nel suo goffo movimento, la Palmer ha creato un piccolo capolavoro nel realizzare questa vecchia signora perbenista e dipendente dal laudano. Tutti bravi gli altri interpreti, dalla Auntie di Susan Bickley, al farmacista Ned Keene di Roderick Williams, al carrettiere Hobson di Darren Jaffery, al metodista Bob Boles di Michael Colvin, al reverendo Horace Adams di Harry Nicoll. Simpaticamente sensuali le due “nipoti” Elena Xanthoudakis e Simona Mihai. Menzione particolare infine per il basso Graeme Broadbent, chiamato a sostituire Matthew Best nel ruolo non meno importante dell’avvocato Swallow. L’emozione della serata inaugurale di questa stagione è tale da meritare l’appellativo di “storica”; legame virtuale con la chiusura della passata stagione con l’altrettanto memorabile “Ballo in maschera” di Giuseppe Verdi. Grazie Maestro Antonio Pappano per aver realizzato due avvenimenti di portata “mondiale” qui a Roma.