Bruxelles, Théâthre de La Monnaie, Stagione Lirica 2013 / 2014
“LA CLEMENZA DI TITO”
Dramma serio per musica in due atti KV621 di Caterino Mazzolà da Metastasio
Musica di Wolfgang Amadeus Mozart
Tito Vespasiano KURT STREIT
Vitellia VERONIQUE GENS
Sesto ANNA BONITATIBUS
Servilia SIMONA SATUROVA
Annio ANNA GREVELIUS
Publio ALEX ESPOSITO
Orchestra Sinfonica e Coro del Théatre La Monnaie
Direttore Lodovic Morlot
Maestro del Coro Martino Faggiani
Regia Ivo van Hove
Scene Jan Versweyveld
Costumi An D’Huys
Drammaturgia Janine Brogt, Reinder Pols
Video Tal Yarden
Nuovo allestimento
Bruxelles, 13 ottobre 2013
Una Clemenza cinematografica, giocata sui primi piani, con un taglio da thriller psicologico, quella messa in scena al Teatro de La Monnaie di Bruxelles dal regista belga Ivo van Hove, sul podio il M° Ludovic Morlot. Funziona la trasposizione della vicenda dal 79 A. C. ai giorni nostri, con l’imperatore Tito rappresentato come un super manager circondato da segretarie e assistenti, dove Sesto è il dirigente-amico apparentemente più fedele e Vitellia una tipica arrivista manipolatrice. In scena un grande letto e una scrivania, il sesso e il potere, due delle forze più potenti che muovono il mondo, ma su di loro domina un grande schermo in cui il regista amplifica i sentimenti tratteggiati dal libretto e dalla partitura zummando su particolari, degli interpreti o dell’allestimento, ingigantendoli o, al contrario, allontanandoli allo spettatore, con una efficace vivacizzazione e sottolineatura della complessità del dramma che vivono i protagonisti, combattuti tra privato e pubblico, desideri, pensieri e azioni contrapposte.
Le immagini proiettate sono a cura del video artista americano Tal Yarden, già collaboratore di Ivo Van Hove e autore di altri lavori video per La Monnaie. L’uso dei video ripresi in diretta è così l’elemento caratterizzante il nuovo allestimento che il Teatro de La Monnaie ha voluto dedicare alla Clemenza di Tito, a trent’anni dalla riuscitissima produzione dell’opera a firma di Ursel e Karl – Ernst Herrmann nel 1982. La scena si apre con Vitellia che cerca impetuosamente di spingere Sesto al tradimento, ma ad attirare l’attenzione è l’uomo immobile e silenzioso seduto sulla scrivania di lato sulla destra, una lacrima gli solca il viso, è ingigantita sugli schermi e non vi è dubbio che il protagonista è lui, Tito, è il suo dramma che ha inizio. Nel ruolo principale Kurt Streit, tenore austriaco-americano celebre come interpreti mozartiano, è un Tito fisicamente prestante ma, dopo l’avvio immobile, appare sin troppo esagitato nel tratteggiare i sentimenti opposti che lacerano Tito. Vocalmente in crescendo, Streit non presenta un timbro particolarmente affascinante, ma canta con un certo piglio, è corretto nella vocalizzazione e nei recitativi riesce ad essere sufficientemente aulico e vario. Il soprano francese Véronique Gens, pure specialista in repertorio barocco e in Mozart, è Vitellia, il personaggio forte e volitivo che domina la storia. La Gens è apparsa subito pure lei visivamente molto adatta al ruolo, bella donna imperiosa. La cantante affronta questo ruolo dalla tessitura ambigua, tra il mezzosoprano e il soprano, con notevole proprietà stilistica, anche se non si può certo dire che sia una parte totalmente nelle sue corde, soprattutto nella zona medio bassa. Riesce comunque a superare onorevolmente la difficile aria “Non più di fiori vaghe catene”.Particolarmente convincente e festeggiata dal pubblico, che le ha tributato un successo personale, il mezzosoprano italiano Anna Bonitatibus, un Sesto notevolissimo, per dolcezza e flessuosità di canto, proprietà di stile. Di buon livello le prove del soprano slovacco Simona Šaturová (Servilia), l’innamorata di Annio, quest’ultimo interpretato dal mezzosoprano svedese Anna Grevelius, debuttante al Teatro de la Monnaie. Il basso-baritono italiano Alex Esposito, anche lui esordiente nel teatro belga, riesce a dare un bel rilievo al breve intervento di Publio.
Quanto all’Orchestra e al Coro, il francese Ludovico Morlot, che dal gennaio del 2012 è direttore principale della Orchestra Sinfonica de la Monnaie, ne ha dato una lettura curata, dirigendo con piglio sicuro, asciutto e incisivo. “Popolo romano” ben reso poi dal Coro de La Monnaie, diretto dall’italiano Martino Faggiani, maestro del coro del Teatro Regio di Parma e dal 2012 anche a La Monnaie. Un coro proposto nel secondo tempo come pubblico di un grande studio televisivo, l’odierna arena, e le telecamere mobili non sono più nascoste ma diventano parte della scena.
Le scene e le luci sono di Jan Versweyveld, altro frequente collaboratore del regista, eleganti, essenziali, funzionali, un po’ fredde e senza troppa inventiva, basti pensare all’incendio del Campidoglio suggerito solo da una misera fila di luci rosse. Anche i costumi della belga Ann D’ Huys non sono particolarmente degni di nota: Tito è tutto in nero, con maglione a collo alto sotto la giacca, e completi neri o grigi, la divisa borghese, sono stati scelti pure per tutti gli altri interpreti escluso le due protagoniste, Vitellia e Servilia, in sottoveste o colori più vivaci, e le segretarie con il golfino. Ma del resto il regista ha dichiarato di aver voluto dare “una rilettura dell’opera in cui il pubblico potesse facilmente riconoscersi”.
Una Clemenza complessivamente apprezzabile, soprattutto ricca per gli occhi, malgrado alcune scene, come quella degli investigatori del crimine in tuta bianca come si vedono in tante serie televisive, e tutti quei smartphone e tablet, novelli fogli messaggeri, che dovrebbero essere elementi caratterizzanti la trasposizione alla contemporaneità del dramma, ma che più che il sapore della modernità hanno, al contrario, quello dell’ovvietà e del già visto. La scelta dei dettagli e delle scene da inquadrare sono invece l’idea vincente la nuova produzione, un modo per analizzare quasi al microscopio i sentimenti che agitano il cuore e la mente dei protagonisti, per mostrare tutta la complessità delle loro relazioni e dei loro comportamenti, tra ambizioni, ragioni del cuore e dell’amicizia, doveri di un potere che alla fine sceglie invece il valore del perdono. E così come ad avviare il dramma era stato un primo piano sul viso di Tito, un ultimo sguardo al Cielo dell’Imperatore-Uomo che sceglie di essere clemente, ingigantito sullo schermo, chiude l’opera.
Con La Clemenza di Tito di Mozart è andata in scena la prima delle opere dedicate ad alcuni grandi personaggi maschili della storia dell’opera, il filo conduttore della stagione 2013-2014 del Teatro de La Monnaie De Munt, dopo che la scorsa programmazione erano state protagoniste del cartellone invece alcune eroine. Così dopo Tito, nei prossimi mesi saranno Amleto, Guglielmo Tell, Rigoletto, Fidelio e Orfeo, a continuare a proporre una riflessione sempre attuale, questa stagione declinata al maschile, sul rapporto tra individuo e potere, ubbidienza e ribellione, sentimento e ragione, diritto e giustizia. La Clemenza di Tito si replica sino al 26 ottobre. Foto © Clärchen & Matthias Baus