Roma, Auditorium Parco della Musica, Sala Santa Cecilia
Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Direttore Alexander Sladkovsky
Pianoforte Dmitry Mayboroda, Giuseppe Albanese
Sergej Rachmaninov: Concerto n.1 in fa diesis minore per pianoforte e orchestra op.1; Concerto n.2 in do minore per pianoforte e orchestra op.18
Roma, 8 ottobre 2013
A 20 anni non si è troppo giovani per interpretare Rachmaninov? Dmitry Mayboroda, classe 1983, inaugura la prima serata del Gala ieri sera all’Auditorium Parco della Musica di Roma lasciando un retrogusto di perplessità. Giovanissimo pianista talentuoso ma già tenebroso nell’aspetto, Mayboroda presenta il Concerto n.1 in modo sicuramente virtuosistico ma privandolo della sua densità espressiva. Purtroppo il giovanissimo artista russo non sembra aiutato neanche dall’orchestra, appesantita da una direzione forse troppo lenta che talvolta rischia di metterlo in ombra. Ma Mayboroda ha esuberanza sonora e destrezza tecnica che lo rendono protagonista e suscitano applausi vivaci e richieste di bis. Il concerto sicuramente non è tra le pagine più famose di Rachmaninov: appena diciannovenne, il compositore aveva bisogno di formarsi un repertorio che gli assicurasse il favore del pubblico internazionale. E allora punta sulla sensibilità romantica, sull’invenzione melodica, sul virtuosismo; gioca con i suoni eterei e con la potenza degli accordi; alterna la sua abilità di scrittura pianistica con il vigore dell’orchestra. Così la fama non tarda ad arrivare e a soli 28 anni Rachmaninov presenta il suo lavoro di eccellenza il Concerto n.2 per pianoforte e orchestra, un’opera esageratamente romantica. Baciata dal successo, la composizione non è mai stata abbandonata dalla popolarità, complici anche le emittenti radiofoniche che privilegiano i frammenti più coinvolgenti dell’inizio e del finale e il cinema, come non pensare a Brief Encounter di David Lean o a The Seventh Year Itch(Quando la moglie va in vacanza) con Marilyn Monroe. Fin dalle battute inziali del primo tempo, il concerto si impone con la sua personalità: una vena melodica accattivante, un colore orchestrale che rivela la parentela con la scuola nazionale russa. Scelta vincente della serata il pianismo di Giuseppe Albanese: non solo virtuosismo ma anche capacità di introspezione e di fraseggio, a vantaggio anche dell’orchestra che si risveglia e si appassiona all’eloquenza musicale proposta dal pianista italiano. La tavolozza timbrica di cui dispone gli consente di creare un affresco dai mille colori, di scendere nelle profondità degli accordi iniziali che risuonano come campane, di scivolare leggero negli arpeggi di accompagnamento dell’Adagio, di sfiorare gentilmente la tastiera nei temi struggenti, di essere scherzoso nell’Allegro finale. Ben tre bis (superbe le poco note Scintille di Moszkovsky) premiati da qualcosa di veramente insolito per una sala da concerto classico: la standing ovation! Foto Musacchio & Ianniello