Festival Verdi 2013: “Simon Boccanegra”

Parma, Teatro Regio, Festival Verdi 2013
“SIMON BOCCANEGRA”
Melodramma in un prologo e tre atti. Libretto di Francesco Maria Piave, dal dramma Simón Bocanegra di Antonio García-Gutiérrez
Musica di Giuseppe Verdi
Simon Boccanegra ROBERTO FRONTALI
Maria Boccanegra (Amelia Grimaldi) CARMELA REMIGIO
Jacopo Fiesco GIACOMO PRESTIA
Gabriele Adorno DIEGO TORRE
Paolo Albiani MARCO CARIA
Pietro SEUNG PIL CHOI
Capitano dei balestrieri ANTONIO CORIANÒ
Un’ancella di Amelia LORELAY SOLIS
Filarmonica Arturo Toscanini
Coro del Teatro Regio di Parma
Direttore Jader Bignamini
Maestro del Coro Martino Faggiani
Regia, scene e costumi Hugo De Ana
Luci Valerio Alfieri
Allestimento del Teatro Regio di Parma
Parma, 4 ottobre 2013
Il primo appuntamento operistico per il Festival Verdi del Bicentenario è costituto da Simon Boccanegra, nel sontuoso allestimento di Hugo De Ana del 2004. Come per molte messe in scena di De Ana, anche questo Boccanegra punta su una parte visiva eccellente. La scena è costituita da pannelli che, insieme ai perni su cui sono innestati, danno vita ai diversi ambienti: ne deriva una struttura “reticolare”, particolarmente efficace nel Prologo, dove vengono enfatizzati il clima cospirativo e febbrile che precede l’elezione del nuovo Doge e quello di lutto che segue la morte di Maria. In concomitanza con le grandi scene corali – come il quadro ambientato nella Sala del Consiglio – una seconda serie di pannelli simili a bassorilievi viene relegata a fondale, lasciando così ampio spazio all’azione. Suggestivo e funzionale alla maestosità della scena l’uso delle video-proiezioni che si limita all’immagine di un mare leggermente increspato.
Simili allestimenti sono inscindibili dai costumi – sempre di De Ana-  davvero bellissimi per fogge e colori. In particolare, è interessante l’utilizzo del blu e dell’azzurro (i colori marini per antonomasia in contrasto coi toni caldi e terrigni che spesso connotano lo spettacolo) per i costumi indossati per primi da Fiesco e Maria, quasi a legare fin dall’inizio i personaggi che per ultimi scopriranno il loro legame di parentela. Più convenzionale e con poche sorprese il lavoro che riguarda invece i singoli personaggi: molto sembra essere lasciato all’inventiva degli interpreti con risultati alterni. Domina la figura di Jacopo Fiesco, una maschera di lutto e vendetta che pervade tutta l’opera con lunga tunica, l’incedere solenne e la gestualità ieratica delle mani… «come un fantasima»; per il resto, non si va oltre ad un Gabriele Adorno con dito puntato e mano al petto ed una Maria Boccanegra un po’ troppo schizofrenica più che vittima degli eventi. Ben gestite e d’impatto le scene di massa, come l’irruzione dei Plebei nel Palazzo degli Abati; di contro, inutile la maldestra pantomima di parte del coro femminile che, con fare estatico, si attornia intorno a Boccanegra durante il «Plebe! Patrizi! Popolo».
Nel panni di Simon Boccanegra troviamo Roberto Frontali, artista che negli ultimi anni si è esibito con una certa frequenza al Teatro Regio. Rispetto alle recenti prestazioni parmigiane, la voce accusa un leggero calo di volume che il baritono sembrerebbe voler compensare ‘aggredendo’ da subito buona parte del duetto con Fiesco ma anche frasi come «M’ardon le fauci». In questa visione così preponderante del Doge, il momento teatralmente e musicalmente più riuscito risulta senz’altro la maledizione che Boccanegra scaglia nei confronti del rapitore di Maria. Nel duetto dell’agnizione come alla scena della morte, poi, i tentativi di cantare piano si risolvono in una desolante povertà di colori. Giacomo Prestia conferisce grande spessore a Jacopo Fiesco: la voce suona ampia e virile (a parte occasionali oscillazioni nella zona acuta), supportata da un fraseggio pertinente tanto nella disperazione per la perdita della figlia quanto nel riconoscimento della nipote ritrovata. La parola è sempre detta, scandita, mai suggerita creando al contempo un personaggio di immensa levatura e umanità. Carmela Remigio risulta, purtroppo, inadeguata al ruolo di Maria Boccanegra: il suono acquista un po’ di consistenza solo nelle rare incursioni all’acuto mentre per il resto rimane poco udibile, quando non le sfugge l’emissione ricorrendo al parlato nel grave. Il personaggio viene così accennato, appena sbozzato; in scena risulta molto credibile aiutata dalla bella presenza ma la vis attoriale sembrebbe talvolta portarla a “strafare” con atteggiamenti – musicali e non – sovrabbondanti rispetto la drammaturgia del personaggio. Diego Torre (Gabriele Adorno) possiede un mezzo di buona consistenza, particolarmente voluminoso in acuto, ma la prova è nel complesso inficiata da una dizione molto confusa e dal muoversi impacciato e grossolano. Bravo Marco Caria nelle vesti di Paolo Albiani che ha saputo rendere con pertinenza scenica e musicale il sinistro cortigiano. Il cast è completato dal corretto Pietro di Seung Pil Choi e dal buon Capitano dei balestrieri di Antonio Corianò; Lorelay Solis è l’Ancella di Amelia. Dopo svariati anni in cui a Parma le parole “giovane” e “qualità” sono state accostate a prove spesso deludenti o a progetti infruttuosi, oggi finalmente possiamo dire il contrario. Jader Bignamini, a capo di una Filarmonica Arturo Toscanini in forma smagliante, ha regalato una direzione che non ha deluso le aspettative. Attento alle esigenze del palco come ad una narrazione tersa e sempre improntata alla ricerca di colori e dinamiche, nulla viene perso di questa partitura così articolata: il mormorio cantilenante del mare, il succedersi dei drammi famigliari con le maestose scene corali è tutto lì, in buca, reso con una bellezza di suono e un senso del dramma ammirabili. Buona la prova la prova del Coro del Teatro Regio di Parma guidato da Martino Faggiani, in particolar modo l’insinuarsi quasi serpentino della sezione maschile impiegata al Prologo.
Il pubblico eterogeneo del Festival – moltissime le presenze straniere – si è mostrato un po’ freddo nel corso della rappresentazione (l’unico applauso a scena aperta è stato per l’esecuzione di «Sento avvampar nell’anima» di Diego Torre) ma festante al termine. In apertura alla seconda recita, il Teatro ha voluto dedicare un minuto di silenzio in ricordo delle vittime della recente strage di Lampedusa. Foto Annalisa Andolina © Teatro Regio di Parma.