Incontriamo il celebre mezzosoprano Bruna Baglioni in una calda serata di agosto, in occasione del prestigioso premio Spontini che l’artista ha ricevuto in omaggio alla sua grandissima carriera artistica a Maiolati Spontini (An), luogo natale del compositore marchigiano.
Il nome di Bruna Baglioni è certamente noto a tutti gli amanti dell’opera. Dopo l’esordio al Festival dei Due Mondi di Spoleto nel Boris Godunov, si mette in luce al fianco di Luciano Pavarotti al Comunale di Bologna ne La Favorita, un titolo che le ha aperto le porte dei maggiori teatri internazionali. La fama di Bruna Baglioni è però particolarmente legata al ruolo di Amneris in Aida che l’ha resa celebre sulle scene liriche di mezzo mondo. Dopo il ritiro, si dedica all’insegnamento della tecnica vocale, del canto lirico e dell’interpretazione scenica presso Accademie ed in Masterclass in Italia e tutto il mondo.
Qual è il ricordo legato alla musica più lontano che possiede?
Direi in verità che non esiste un ricordo lontano, perché ho sempre sentito la musica presente in me e sin da bambina ho avuto la necessità di condividerla cantando. Verso i 18 anni quindi non più esattamente una bambina io non avevo lontanamente il desiderio di cantare lirica, volevo cantare come Mina. Mio padre invece mi portò subito da professionisti del settore che decisero per me che la mia voce non era adatta alla musica leggera, ma che dovevo con studio e dedizione dedicarmi al canto lirico.
Sin da subito ha sentito in lei questa vocazione?
In verità io sono sempre stata molto combattuta. Anche la recitazione era una mia grande passione. Quando cominciai il canto pensai che ormai non potevo tornare indietro e dedicarmi seriamente ad altro. Ho sempre pensato e tutt’ora lo credo che in questa professione se non si studia non si va avanti. Non esistono le approssimazioni. Quando si apre il sipario bisogna dimostrare il proprio talento. Una grande voce ma senza altro è sempre qualcosa che rimane a metà. Ad oggi poi con i mezzi di diffusione di massa non si possono accettare certe prestazioni.
I suoi genitori dunque l’hanno supportata?
In verità in famiglia quando fu palese il mio talento ci furono forti dissidi tra mio padre e mia madre. Da parte di mio padre tutti avevano una voce importante e bella quindi lui non fu assolutamente sorpreso e stupito dalla mia predisposizione. Mia madre invece non voleva che io intraprendessi questo percorso, ma amando le lingue, che mi laureassi in letteratura straniera ed avessi una vita familiare tradizionale. Mio padre chiaramente vinse la sua battaglia. A loro devo tutto. Se io ho avuto poi la possibilità di avere una mia famiglia lo devo a loro.
Signora Baglioni, quali sono stati i suoi esordi?
Ho incominciato i miei studi andando da un maestro il quale solo dopo pochi mesi e scarsissime lezioni mi fece preparare sin da subito le due arie del Trovatore e mi spinse a partecipare al concorso di Spoleto. Allora il concorso si svolgeva all’interno del Teatro dell’Opera e dopo le mie interpretazioni il direttore del Teatro, il Maestro Sampaoli, mi contattò chiedendomi direttamente quali sarebbero stati i miei progetti in futuro riconoscendo, seppur ancora giovane e poco solida tecnicamente, una voce di grande qualità. Io passai le eliminatorie, ma con la consapevolezza che forse ancora non ero esattamente pronta per cominciare in maniera seria una carriera artistica in questo settore. La mia era chiaramente l’ingenuità di una ragazza che comunque proveniva da una famiglia borghese ma senza alcuna istruzione specifica nel campo musicale. Infatti alla seconda prova fui eliminata dal concorso. Ma qualche tempo dopo il Maestro Sampaoli mi scrisse una meravigliosa lettera dove mi incitava a continuare perché riconobbe in me dopo anni una vera voce di mezzosoprano. Da qui mi suggerì un altro insegnante e studiai per ben tre anni con grandissima dedizione e disciplina seppur aiutata, a suo dire, da una voce naturale e facilmente plasmabile.
Possiamo poi parlare di una gavetta?
Io partecipai al concorso dei Due mondi sempre a Spoleto nel ruolo dell’Ostessa nel Boris. In quell’allestimento non c’era il ruolo di Marina, l’avevano tagliato, e la regia era di Menotti. Il grande compositore e regista riuscì con questo ruolo seppur piccolo a farmi talmente tanto emergere che venni immediatamente notata persino da Visconti che venne a vedere lo spettacolo esaltando le mie doti vocali e di scena. In quel periodo venni segnalata insieme ad altri partecipanti al concorso a Gavazzeni che stava preparando in Scala lo stesso spettacolo. Tra tutti venni presa solo io nella parte della Nutrice. Questo uno tra i miei primi ruoli e già alla Scala, insomma. Nel frattempo facevo altre audizioni ed il Maestro Gherpelli a Modena mi offrì subito Carmen: rifiutai la parte pensando di non avere l’esperienza richiesta per un ruolo da protagonista. Il Maestro però mi segnalò immediatamente a Bologna al grande Maestro Rattavino, direttore del Teatro Comunale. Il Maestro non era presente ma fui ascoltata dai suoi collaboratori. Io di solito mi presentavo sempre con un repertorio importante, come l’aria di Leonora nella Favorita o Sansone e Dalila, e loro mi proposero subito il ruolo nella Favorita spingendomi a ritornare per farmi ascoltare nuovamente dal Maestro in persona. Tornai quattro volte a farmi ascoltare visto che in quella produzione avrei affiancato Luciano Pavarotti. Era il 1974 e Luciano era al massimo della sua grandezza vocale e la sua fama era già riconosciuta a livello internazionale. Fui presa e partecipai ad una produzione grandiosa. Dopo pochi giorni, sempre con Luciano in Scala si stava preparando La Favorita. Come sanno tutti quella produzione andò male e venni chiamata subito per sostituire la mia collega. Nel frattempo io facevo dei ruoli di fianco, affiancando ruoli importanti e ruoli minori. Chiaramente quella Favorita in Scala fu l’inizio della mia carriera. Tornando alla tua domanda in merito alla gavetta dunque io posso dire di non averla fatta in verità. Sono stata fortunata. Ho debuttato in ruoli importanti sin da subito ed in teatri prestigiosi.
Il ruolo che più ha amato e quello meno amato?
Generalmente quando si è sul palco i ruoli si amano tutti. All’inizio possono essere un po’ ostici ma poi con lo studio si interiorizzano. Non c’è un ruolo che ho sentito da subito in maniera empatica. Ho veramente sentito tutti nello stesso modo e li ho amati alla stessa maniera. Poi chiaramente sono stata conosciuta per alcuni ruoli che mi hanno forse permesso di far emergere al meglio non solo la mia vocalità ma anche il mio temperamento naturale e sono Amneris, Eboli ed Azucena. I ruoli verdiani, insomma. Sono probabilmente un mix di questi personaggi così intensi. Quello più lontano forse è stato Carmen per alcuni aspetti, perché nella mia vita ho sempre avuto un tipo di sensualità meno sfacciata. Ma confesso che quando sul palcoscenico interpretavo questo ruolo riuscivo comunque ad essere una donna fatale e sensuale al di sopra delle mie aspettative. Che dire, non ho realmente delle particolari preferenze.
Ci sono state durante la sua carriera delle “occasioni perdute” e ci pensa mai?
Sì, chiaramente ci sono state, ma non ci ho mai dato un gran peso. Io sono una persona che non vuole mai voltarsi indietro. Avrei potuto fare un ruolo che non ho poi mai interpretato, come la Stuarda. Non l’ho fatto, ho sbagliato. Mi era stato proposto ma poi non ci furono le giuste condizioni affinché potessi esprimermi al meglio. Chiaro che poi diventata mamma ho fatto delle scelte, ma senza alcun rimpianto.
Che rapporto ha avuto con i suoi colleghi?
Io direi buono: vige e credo che valga ancor oggi la regola di gestire la propria carriera ed il proprio privato nella maniera più onesta e discreta. Questo forse è il modo più concreto per non avere mai nemici nel nostro settore. È difficile girando molto avere delle serie e valide amicizie. Quando in Arena e non solo si facevano delle grandissime produzioni di Aida i nomi erano sempre gli stessi e quindi devo dire la verità: era un cast che spesso diventava un gruppo di amici. Ci si incontrava sempre con grande entusiasmo e gioia condividendo molto spesso anche il quotidiano. Poi chiaramente c’erano dei colleghi con i quali non si andava proprio d’accordo o diciamo che era più difficile rapportarsi.
Ma noi sappiamo che lei ha avuto una grande rivale…
Certo ed il nome è quello di una collega che stimo molto e che rispetto molto. Da me certo non uscirà. Sai, credo che ognuno abbia avuto il suo periodo ed il suo spazio ma non ho avuto mai modo di avvicinarmi a lei come persona. Se cantava lei non cantavo io e viceversa. Altro non posso e non voglio dire.
La voce è uno strumento anche fragile. Dipendere lavorativamente da una cosa così poco gestibile e di cui non si ha sempre il pieno controllo, parlo non di tecnica ma di salute…
In verità posso confessarlo apertamente che anche in questo campo sono stata molto fortunata. Io non ho mai perso una recita nella mia vita artistica di trentacinque anni per un mal di gola, un’influenza o problemi di salute. Sono una persona fisicamente molto forte. Mi sono sempre detta: “Forse il giorno che mi ammalerò, morirò”. Molti colleghi vivevano con angoscia questa fragilità ed impotenza nei confronti del proprio strumento…sciarponi, cappotti sono passati alla storia ed in qualche modo in maniera caricaturale ci rappresentano! Io anche non al massimo della mia forma vocale e senza falsa modestia riuscivo sempre a garantire uno spettacolo più che dignitoso. Questa è la mia natura e la mia solida tecnica mi ha aiutato anche dove la natura a volte poneva dei limiti.
Quando l’artista diventa madre che accade?
Avere un figlio è per tutte le donne una cosa che ti sconvolge la vita. Per un’artista che è abituata a viaggiare poi è assai più difficoltoso. La mia non è stata una gravidanza progettata in qualche pausa tra una produzione ed un’altra. Priscilla, mia figlia, ha sempre avuto un carattere molto forte, voleva venire ed è arrivata. Io ho preso la notizia della mia gravidanza con immensa gioia. Ho cantato fino a sei mesi ed ho debuttato Cavalleria Rusticana incinta con Placido Domingo. Dopo 40 giorni ero a Venezia a cantare diretta da Sinopoli.
C’è stato un evento nella sua carriera drammatico? Anche solo e semplicemente un ricordo spiacevole?
Certo. Ho perso mio padre durante una produzione ed il Teatro non riusciva a continuare senza di me così sono stata costretta a cantare con questo dolore immenso nel petto. Erano delle recite di Aida a Verona. Diverso per intensità fu quando in Russia a metà atto venni chiamata a sostituire una collega in Norma. Io avevo ripassato lo spartito senza averlo mai assimilato a dovere. Era una tournée della Scala con Montserrat Caballè. Per alcuni aspetti fu un momento indubbiamente drammatico!
Ed uno divertente?
Lo scontro delle due corone! Stavo facendo la Vestale di Spontini con la Ruth Falcon. Io e lei avevamo delle corone in testa abbastanza elaborate. Eravamo arrivati al duetto e non so come accadde ma queste corone si sono in un passaggio incastrate e non potevamo più staccarci. Abbiamo talmente riso che non potevamo fermarci. Il coro ci zittiva anche in maniera insistente, ma era più forte di noi. Dopo quella sera per tutte le recite successive non potevamo neppure guardarci che scoppiavamo a ridere.
Ha mai pensato di lasciare?
Più si sale a livello di carriera e più è difficile mantenerla in termini di qualità e di gestione. Il pubblico che ti segue esige sempre da te il massimo. Per questo ti ama e ti segue. In verità, ho realizzato quanto amore ci fosse intorno a me da parte dei miei sostenitori quando è venuto a mancare mio marito. Non che prima non lo sentissi, ma l’ho percepito in maniera più forte ed intensa. Non ho mai pensato di lasciare, quando l’ho fatto è stata una scelta meditata e di cui non mi pento. Non ho mai dimenticato che oltre ad un’artista, le dimensioni di donna e di madre avevano comunque una priorità importante nella mia vita. Molti artisti non riescono infatti a sentirsi in maniera differente nei diversi aspetti della propria vita rischiando di fare gli artisti anche in famiglia.
E come è riuscita dunque a gestire la sua vita pubblica con quella privata?
Ho avuto una famiglia molto unita che ha saputo sostenermi in tutto per tutto. Non ho dovuto fare grandissimi sacrifici per studiare e questo vuol dire veramente tanto, non ho fatto sacrifici per formare una mia famiglia e quando è nata mia figlia Priscilla sapere che a casa era tra le braccia di mia madre, di mio marito, di mia sorella…insomma, tra persone che sapevo amarla quanto me, mi ha permesso di sentirmi più tranquilla e gestire il mio lavoro con grandissima serenità. Sono consapevole che questa non è una cosa comune e ne sono sempre molto grata. Ho avuto tanto affetto e sempre di grandissima qualità. Si chiede, si cerca sempre tanto nella vita ma si è sempre poco inclini alla gratitudine. Io sono una donna grata di tutto quello che ha ricevuto dalla vita. Io sono una donna che ha sempre pensato di volere sopra ogni cosa una vita personale gratificante anche al di fuori del canto.
E come madre?
Io sono stata una madre assente per molti versi, ma anche allo stesso tempo presente. Mio marito aveva un lavoro indipendente e poteva e sapeva gestire questa situazione al meglio. Ci sentivamo quasi tre, quattro volte al giorno e non erano certo i periodi delle comunicazione con cellulari, non c’era internet o connessioni così semplici come ora. I conti erano pazzeschi spendevamo quasi tre milioni di lire di telefono. Sentivo mia figlia per ogni cosa, facevamo persino i compiti insieme al telefono e raccoglievo le sue confidenze o i suoi malumori. Certo mancava la fisicità ma cercavo di essere sempre presente quando in famiglia si dovevano prendere delle decisioni importanti. Capitava che dopo produzioni importanti tornassi a casa stremata, ma la mattina in casa comunque mi alzavo presto per accompagnare mia figlia a scuola, oppure ai colloqui con gli insegnanti, la accompagnavo a danza e cercavo di conciliare l’essere madre anche il dover essere una moglie. Molte donne come compensazione, quando per lavoro non sono molto presenti, tendono a viziare o strafare nell’educazione dei propri figli; io ho invece cercato di essere il più equilibrata possibile senza cadere in questi meccanismi anche grazie ad un marito amorevole ed attento a queste cose. Sentivo forte il richiamo di mia figlia.
Sua figlia ha avuto la percezione sin da bambina di cosa e chi fosse la mamma?
Credo di sì. Anche se da bambina aveva una forma di attaccamento e di gelosia molto forte. Ero sempre contornata da moltissime persone che mi volevano bene, a volte da ammiratori che esageratamente si rivolgevano a me in maniera quasi adorante. Mi toccavano, mi baciavano, cercavano in qualsiasi modo le mie attenzioni e Priscilla era dolcissima: puntava i piedi e cacciava tutti in maniera perentoria: “Questa è mia madre, lasciatela stare!”. Quindi aveva la percezione che fossi amata per il mio lavoro, ma sentiva chiaramente che la madre aveva un valore non condivisibile rispetto all’artista.
E suo marito?
Mio marito lo conobbi quando ancora ero ai miei esordi. In verità pensava che fosse un diletto per me il canto. Mi accompagnava comunque alle mie prime audizioni e non tutte furono in verità brillanti. In fin dei conti intuiva il talento ma sperava sempre che potessi essere una felice donna di casa, moglie e madre dei propri figli. Ricordo che con grande dolcezza mi diceva sempre: “Non è Bruna che sei un pochino illusa? Insomma hai il tuo talento, ma magari non è sufficiente non credi? Pensa magari anche ad altro… hai così numerose doti…”. In lui, in verità, trasparivano una profonda dolcezza ed una forte paura forse di dovermi condividere come poi accadde con il mio pubblico ed il mio lavoro. Quando poi la mia carriera cominciò ad essere evidente, mi domandò scusa pur non dovendolo fare. Fu sempre il mio più grande e vero sostenitore. E pensare che all’inizio non provava neppure un forte amore per la musica lirica. Ma successivamente il suo orecchio da attento ascoltatore diventò così allenato e calibrato che riusciva con grande oggettività persino a farmi notare certi passaggi magari a suo gusto poco corretti. La sua passione mi incitò sempre a migliorare. Quando mio marito mancò, quindi non persi solo il compagno della mia vita ed il padre di mia figlia, ma mi mancò il cuore e la razionalità del mio canto. Priscilla da anni svolge attività manageriali nel campo della lirica oltre ad essere il Direttore Artistico del Teatro della Fortuna di Fano e ciò che lei sa non sono stata tanto io a trasmetterglielo quanto mio marito. Io ero sempre sul palco e non avevo gli strumenti per poter dare un’educazione all’ascolto così pulita e schietta.
Che sensazione ha ora di vivere la musica al di fuori del palcoscenico avendo poi una figlia con una carriera nello stesso campo ma con un ruolo differente?
È chiaramente una sensazione assai diversa. In merito all’attività di mia figlia io mi rendo conto che alle volte non riesco neppure a seguirla verbalmente. Certi meccanismi mi sono sempre stati estranei ed oggi ancor di più. Il Teatro è profondamente cambiato così come il modo di gestirlo. La mia testa ragiona, ahimè, sempre e comunque da cantante. Quando mia figlia Priscilla dopo una carriera di successo come avvocato mi confidò di voler lasciare in parte questa attività per lavorare in teatro e nel campo della lirica io rimasi assolutamente interdetta. Ha studiato canto e pianoforte, non avevo mai pensato pur sapendolo che il teatro offrisse carriere diverse. Ero leggermente spaventata, ma poi conoscendola mi resi subito conto che avrebbe anche in questo ambito avuto il suo spazio. Mi fa sorridere quando sento Priscilla incitare e ricevere dai cantanti telefonate ad ogni ora anche in piena notte. Io nella mia vita non mi sono mai permessa di chiamare il mio agente dopo certi orari. Le agenzie chiudevano e le comunicazioni terminavano. Ora non solo si dà al cantante un contributo lavorativo, ma sento che si richiede una vicinanza emotiva e direi alle volte quasi un conforto psicologico. Comunque sono onesta quando dico che questo era veramente un mondo che non conoscevo. Probabilmente mio marito sapeva qualcosa più di me in merito.
Cosa sente che è cambiato?
Tutto è cambiato e non sempre tutto in peggio. Io non sono una persona che tende a vedere sempre il peggio rapportandosi al passato.
Bruna Baglioni va volentieri a vedere qualche spettacolo?
La mia insegnante di tecnica vocale mi obbligava a fare l’abbonamento ed andare al teatro dell’Opera di Roma a vedere tutti gli spettacoli ed i concerti possibili ed immaginabili. Conosco molti colleghi che non amano andare a vedere uno spettacolo e provano un fortissimo disagio a stare tra il pubblico. Io, in verità, facendo una carriera di un certo livello, la sera volevo e desidero ancora fare tutto tranne che andare a teatro. Lo faccio quando capita e sempre con grandissima partecipazione, ma se posso coltivare e condividere altro, ecco… forse scelgo altro. Quando vado e posso seguo spesso spettacoli che non conosco. Sono sempre stata molto curiosa e mi stimola molto osservare senza dare mai un giudizio, al massimo un personalissimo parere su ciò che vedo.
Ora lei sta riuscendo ad emergere con altrettanto successo in un altro campo assai tortuoso e difficile che è quello dell’insegnamento…
Sì, un’esperienza meravigliosa e che confesso all’inizio non volevo neppure fare perché non credevo di poter gestire una così grande responsabilità. Mi ha messo e mi mette ogni giorno in discussione come artista e come professionista. Grazie all’insegnamento posso dire di avere oggi un controllo vocale del mio strumento. Cercare di capire i problemi tecnici dei miei studenti, le loro paure, le loro indecisioni mi fa scavare in certi settori che io non ho mai dovuto esplorare grazie sicuramente a doti mie naturali. Essere dei bravi insegnanti è veramente dura tanto quanto essere dei validi artisti. Bisogna essere sempre ben bilanciati e non mortificare né illudere i giovani. Per molti il canto diventa una vera e propria ossessione. Bisogna entrare sempre con molto rispetto ed in punta di piedi nell’anima di un giovane artista o aspirante tale.
Bruna Baglioni, donna, artista e madre: quale il suo più grande successo?
Sicuramente madre. Perché il sipario un giorno si deve chiudere e non ci si può disperare né perdere la testa. Io credo ancora che il patrimonio più bello che io lascerò nella mia vita sarà mia figlia non tanto le mie incisioni o il mio canto. Mia figlia è la cosa più importante ora e lo è sempre stata dal primo giorno in cui l’ho vista in fasce.