“Finché si danzeranno i miei balletti sarò vivo”. Ed è proprio così che è stato, ancora una volta, sul palcoscenico meraviglioso dei giardini di Villa Rufolo a Ravello. Nel ventennale della morte del genio «romantico e dannato», non poteva mancare il tributo della città di Ravello per Rudolf Nureyev. Dopo le celebrazioni nella Capitale, la terra più amata dal grande danzatore – nella quale avrebbe voluto peraltro essere sepolto – ha onorato la sua memoria con uno strepitoso spettacolo di gala organizzato da Daniele Cipriani, benemerito produttore e regista di spettacoli di altissimo livello, che continuano a portare la grande danza internazionale in Italia, e la consulenza artistica di Valeria Crippa, già responsabile dell’ufficio stampa di Nureyev e studiosa del personaggio.
Le giovani stelle del panorama ballettistico internazionale hanno portato in scena i ruoli che hanno visto Nureyev protagonista dei titoli del grande repertorio classico ottocentesco, le sue rivisitazioni coreografiche dei più celebri Pas de deux e i brani creati sulla sua persona, quali il Lucifer di Martha Graham, su musica di Halim El-Dabh, e il Chant du compagnon errant, di Maurice Bejart, su musica di Gustav Mahler. Il tutto corredato dalle video proiezioni di Ginevra Napoleoni e Massimiliano Siccardi, che hanno colto le più belle ed emotivamente significative immagini del grande Artista, il cui spirito, ieri sera, aleggiava su quello scenario tanto amato, sospeso nell’azzurro del mare della sua Li Galli.
Lo spettacolo, accolto da fragorosi applausi, ha visto un cast lievemente ridotto rispetto a quello della serata romana, ma ha ugualmente reso onore alla memoria del divo in una cornice, diciamo così, più intima e familiare. Generazioni di giovani ispirati dal genio di un artista intelligente e unico, che non si accontentava della purezza delle linee, ma guardava oltre, oltre quel gesto che, da solo, non farebbe della danza una vera arte.
Per l’occasione, si è voluta condurre una duplice intervista a due importanti stelle del balletto dei nostri giorni: l’Étoile internazionale Giuseppe Picone, grande talento versato sia nel repertorio accademico, sia nelle creazioni contemporanee e vanto dell’Italia nel mondo – che, purtroppo, non abbiamo potuto ammirare sul palcoscenico di Villa Rufolo nel celebre assolo del Principe Siegfried – e il Principal Dancer del Teatro Mariinsky di San Pietroburgo, “culla” artistica del giovane Rudolf, Vladimir Shklyarov, che ha dato bella mostra di una tecnica precisa e brillante, lasciando il pubblico senza fiato per il suo eccezionale ballon (ovvero, per i non addetti ai lavori, la capacità di rimanere sospeso in aria per qualche secondo). Una sì degna eredità del “tartaro volante”. E ci limitiamo a dire che Shklyarov e la sua elegantissima partner, Maria Shirinkina, sono stati la coppia più acclamata della serata, insieme a Friedemann Vogel, che ha danzato e interpretato in maniera magistrale il Chant du compagnon errant, creato da Bejart nel 1971 per la coppia Bortoluzzi – Nureyev.
Due giovani danzatori, appartenenti una generazione posteriore a coloro che hanno invece avuto la possibilità di lavorare direttamente con Nureyev, ci esprimono la loro visione di un mito che ha scritto la della storia della danza del Novecento. Giuseppe Picone, nel pieno della maturità tecnica e artistica di danzatore, si ì mostrato, come sempre, gentile e disponibile al dialogo.
Qual è stata la tua esperienza diretta con Rudolf Nureyev?
Ho conosciuto Nureyev a Napoli al Teatro Mercadante nel 1989, dopo un suo spettacolo, e ricordo bene di come mi impressionò la sua presenza. Purtroppo, quella fu la prima e ultima volta che lo incontrai.
Qual è , a tuo giudizio e indipendentemente dai luoghi comuni, l’eredità più grande di Rudolf?
Ci ha lasciato un eccellente patrimonio coreografico. I suoi balletti sono dei veri capolavori.
Il classico e la modern dance: Nureyev apportò profonde innovazioni nelle sue riprese dei balletti classici, come è ben noto. Da giovane étoile, quanto credi che questo abbia entusiasmato le nuove generazioni, facendo sì che il balletto di stampo tradizionale rompesse definitivamente con una tradizione polverosa e quasi sempre prevedibile?
Nureyev era, per quei tempi, un innovatore con un ottimo gusto artistico e sicuramente riuscì a coinvolgere la massa popolare grazie al suo intuito e talento.
Com’è cambiata la Danza in Italia dopo Nureyev?
La Danza in Italia è trattata male e non riconosciuta come grande forma di comunicazione culturale. I politici devono investire sull’arte perché il nostro paese è famoso in tutto il mondo non solo per le sue bellezze architettoniche, ma anche per i suoi grandi artisti.
Quanto ha contribuito, a tuo giudizio, il “personaggio” Nureyev al cambiamento del ruolo maschile nella danza, dal punto di vista dell’immaginario collettivo?
Sicuramente grazie a Rudy il ruolo maschile nel balletto classico è riuscito ad emergere, non più legato alla figura da partner, bensì in qualità di protagonista.
Al di là delle preferenze personali, in cosa si dimostra il genio di Nureyev rispetto agli altri grandissimi della danza del XX secolo?
Per carisma, tecnica fluida e raffinata, presenza scenica…
Il mito: quanto la morte prematura ha tolto e quanto ha aggiunto, secondo te, all’affermarsi del mito?
La morte prematura non ha dato la possibilità ai ballerini come me di poter lavorare insieme a un grande artista. Rudy era un mito anche in vita e la sua scomparsa ha soltanto rafforzato l’amore dei suoi fans.
Da étoile internazionale, come credi che l’influenza di Nureyev abbia influito sullo stile italiano?
Credo che in tanti ammiravano e ammirano Nureyev e di certo la sua figura è stata fonte di ispirazione.
Quanto devi a Rudolf Nureyev? Cosa non avresti avuto se non fosse mai esistito?
Devo tanto al ballerino Nureyev per vari motivi. Mi ha trasmesso una forte passione per il teatro e per la danza, quella con la D maiuscola. Se non l’avessi mai visto non avrei capito il vero senso del movimento.
Altra felice disponibilità, dopo qualche comica difficoltà con la lingua, l’abbiamo incontrata nell’intervistare il giovane russo, Vladimir Shklyarov, il più vicino all’ambiente di provenienza di Nureyev.
Tu provieni dal Teatro che ha dato a Nureyev i natali di danzatore. Qual è il tuo pensiero?
Dal mio punto di vista, Nureyev nacque come danzatore e ottenne grande successo in Occidente, dove era stato costretto a rifugiarsi. Al Teatro Mariinsky (allora Teatro Kirov) di San Pietroburgo, dove aveva conseguito il diploma, lavorò per soli tre anni. Ma già era chiaro che il pubblico aveva davanti un campione straordinario. Tutti ammiravano la sua grande dedizione al lavoro; ma la maggior parte delle sue abilità artistiche non trovarono posto lì. Aveva grandi capacità di lavoro. Portava in scena il suo ruolo come un attore drammatico e questa peculiarità destò grande impressione. Infatti fu il primo a fondere, nei personaggi dei balletti, la precisione tecnica con l’intensità drammatica.
Qual è , a tuo giudizio e indipendentemente dai luoghi comuni, l’eredità più grande di Rudy?
Io credo che, dopo Nijinskij, solo Nureyev abbia operato una vera rivoluzione nel campo del balletto. Ha strappato il predominio del palcoscenico alla donna, trasformando la danza maschile. Il pubblico lo adorava. Lui era l’unica ragione per la quale molti andavano a veder uno spettacolo, sembrava che avessero occhi solo per lui, non per il balletto.
Il classico e la modern dance: Nureyev apportò profonde innovazioni nelle sue riprese dei balletti classici, come è ben noto. Da giovane étoile, quanto credi che questo abbia entusiasmato le nuove generazioni, facendo sì che il balletto di stampo tradizionale rompesse definitivamente con una tradizione polverosa e quasi sempre prevedibile?
Nureyev era un genio, questo è tutto. Sono passati più di vent’anni dalla realizzazione dei suoi video, eppure ancora oggi sono straordinari e interessantissimi. E quei filmati sono in grado di insegnare quanta ricchezza vi sia nel balletto classico.
Cosa è diventata la Danza in Russia dopo Nureyev?
Il mondo non si ferma e la danza, i movimenti, il modo di porgere il gesto è cambiato. Soloviev, Vasiliev, Liepa sono state delle stelle in Russia dopo Nureyev e così la generazione successiva, perché ogni generazione è qualcosa di nuovo. Basti vedere come evolve la danza moderna, con la nascita di nuovi e interessanti coreografi. Ma l’eredità di Nureyev è una pietra miliare, garante di talento vero e ispirazione.
Quanto ha contribuito, a tuo giudizio, il “personaggio” Nureyev al cambiamento del ruolo maschile nella danza, dal punto di vista dell’immaginario collettivo?
È un a sorta di idolatria quella che si verifica per Nureyev danzatore. È stato l’idolo di milioni di persone e di élite molto ristrette. Penso che sia una cosa rara, nella storia del mondo in generale.
Il mito: quanto la morte prematura ha tolto e quanto ha aggiunto, secondo te, all’affermarsi del mito?
In genere le persone vengono maggiormente apprezzate dopo la loro scomparsa. Per Nureyev non è stato così, in quanto il suo successo fu molto forte anche in vita. Ma, allo stesso tempo, fu terribilmente solo. La morte ha rivendicato questa solitudine nella tomba, ma Nureyev vive nei racconti e nelle parole. La sua fama e tutti i tipi di voci lo perseguiteranno per sempre, ma lui rimarrà nella mia memoria nella sua veste di artista straordinario, con la sua favolosa danza, per sempre.
Quanto devi a Rudolf Nureyev? Cosa non avresti avuto se non fosse mai esistito?
Quando da bambino guardavo i suoi video, mi dicevo: “Lui lo fa… e potrei farlo anch’io!”. Ogni mattina questa era una grande spinta per svegliarmi pesto e correre con grande ispirazione all’Accademia di balletto.
Insomma, un’eredità senza limiti e senza tempo. Se nelle sue idee Nureyev sosteneva che avrebbe smesso di danzare quando avrebbe smesso di vivere, noi, oggi, possiamo ben dire che non è stato così. Lui continua a danzare e a vivere nel ricordo costante e nella devozione che il mondo della sua amata danza continua a tributargli, nell’affetto del pubblico che ha avuto la fortuna di vederlo in vita e di quello che non ha potuto. Tutto passa e cambia, ma le intuizioni geniali e gli esiti di una personalità unica rimarranno le pietre miliari dell’impervio, ma straordinario, mondo della Danza. Foto Pino Izzo