Firenze, Palazzo Pitti, Cortile dell’Ammannati
“ORFEO ALL’INFERNO” (Orphée aux Enfers)
Opéra-féerie in quattro atti e dodici quadri di Hector-Jonathan Crémieux e Ludovic Halévy
Musica di Jacques Offenbach
Versione ritmica italiana di Gino Negri, libera traduzione italiana del testo di Lorenzo Arruga.
Euridice MARINA BUCCIARELLI
Plutone-Aristeo ROBERTO COVATTA
Giove LEONARDO GALEAZZI
Orfeo BLAGOJ NACOSKI
John Styx ANTONIO PANNUNZIO
Mercurio SAVERIO BAMBI
Marte SIMONE ALBERTI
Diana ROMINA CASUCCI
Opinione pubblica ROMINA TOMASONI
Venere ARIANNA DONADELLI
Cupido IRENE FAVRO
Giunone IRENE MOLINARI
Primi ballerini e corpo di ballo di Maggiodanza
Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino
In collaborazione con Maggio Fiorentino Formazione
Direttore Xu Zhong
Maestro del Coro Lorenzo Fratini
Regia Marco Carniti
Scene Carlo Centolavigna
Costumi Maria Filippi
Luci Gianni Paolo Mirenda
Coreografia Paolo Arcangeli
Firenze, 24 luglio 2013
Che bello uscire da uno spettacolo ancora sorridendo! Questa sera mi sono divertito molto e, se un senso ha il difficile lavoro dello spettacolo, dovrebbe essere proprio quello di dare sincera felicità e buono svago al pubblico, a prescindere che si tratti di repertorio comico o tragico. E fare del bene facendo bene, tout court. Se alla sua epoca (1858) questa operetta, o meglio “opera fatata” secondo la definizione dei librettisti, è stata interpretata come la corrosiva satira di una società moralista e puritana, perfetta in superficie (la terra e il cielo) ma che nasconde vizi e tradimenti al suo interno (l’inferno), l’ottima intuizione e la geniale creatività del regista Marco Carniti ci ha catapultati nel presente dramma del precariato. Ridere non vuol dire deridere, il “musicista disoccupato” che ci accoglie nell’ouverture come gli striscioni della protesta contro Giove che inneggiano “con la cultura si mangia” ci hanno strappato un sorriso pieno di sentimenti di amicizia e sostegno per tutti i colleghi degli enti lirico-sinfonici che in questi stessi giorni aspettano importanti verdetti sulla loro sorte futura. Ma ci sono anche le altre forme di precariato a cui pensa questa moderna satira. Cito dalla breve introduzione a firma dello stesso Carniti: “La mancanza di lavoro. La fragilità del quotidiano. L’insicurezza del sistema economico. L’impotenza di fronte alla confusione di una società da riorganizzare.” L’organizzazione scenica prevede uno sfondo di loculi-letto che sono un condominio di esseri muta-forma che passano dal cielo all’inferno acquistando quanta più vitalità ed energia quanto più in basso scendono. Devo ancora una volta dedicare una lode particolare al Coro del Maggio Musicale Fiorentino per aver dato voce e corpo (anche letteralmente..!) in maniera perfetta a questa idea registica. Da fantasmi diafani che dormicchiano mentre smaltiscono in pigiama o camicia da notte una sbornia o uno sballo (o qualcosa di più sexy) del primo atto alla grande protesta energica del secondo fino all’esplosione orgiastica delle scene “infernali”, divenuti spiriti elegantissimi e provocanti. Oltre alla consueta qualità vocale e musicale, gli artisti del coro sono stati ottimi co-protagonisti di questo bello spettacolo. Anche i primi ballerini e tutto il Corpo di ballo di Maggio Danza sono stati molto ben presenti non solo con la loro bella fisicità e grazia (che sarebbero quasi date per scontate) ma anche con tutto il necessario humor disincantato. E assolutamente non in maniera di contorno ma costruendo insieme al cast vocale tutta questa complessa ed ingegnosa macchina teatrale che come una locomotiva si è messa in moto di accelerazione continua. Motore per nulla immobile di questo fenomeno è stata l’Orchestra del Maggio Musicale, in gran forma grazie alla direzione molto solida e fantasiosa di Xu Zhong, che ha dato impulso dinamico alle pagine brillanti ben equilibrate con quelle decisamente liriche. L’orchestra ha risposto sempre col suo caratteristico bel suono e la riconosciuta capacità di una vasta proposta di colori e dinamiche che raramente altrove si sente dal vivo, e quasi mai all’aperto. In questo senso, da musicista che non ama né fare né ascoltare la musica all’aperto (in totale concordanza con le idee toscaniniane su questo argomento) dichiaro la mia piacevole sorpresa nel trovare un luogo adatto ad uno spettacolo musicale il Cortile dell’Ammannati. Forse, vorrei dire qualcosa contro la forma di amplificazione adottata per “aiutare” il cast dei solisti nel parlato e in qualche punto del cantato: non so se fosse che lo strumentario tecnologico era di scarsa qualità e che i giovani interpreti avrebbero dovuto lavorare di più sull’articolazione del testo (chi più chi meno), ma in effetti la bella efficace traduzione italiana del testo è sovente rimasta nascosta ai più tra il pubblico. Nonostante ciò, il lavoro di interpretazione scenica complessivo è stato sufficientemente ben unito alla partitura musicale, sicché la narrazione è arrivata comunque chiare agli spettatori (in effetti per maggioranza stranieri).
Un buon cast di belle voci ha dato forma a personaggi vitali e ben delineati. Forse alcuni artisti avevano un senso del ritmo comico più sviluppato di altri, ma nel complesso una compagnia ben amalgamata e solida. L’Orfeo di Blagoj Nacoski è un elegante e compassato musicista incompreso che sembra venire da un’altra epoca (quella settecentesca e rococò delle “divinità” olimpiche), felice di liberarsi di una moglie che esige una prestanza sessuale che lui non vuole (o non può) garantire. La voce di Nacoski ha un timbro vellutato e dolce che ben esprime questo distacco del personaggio da tutto quanto è “terreno” e fisico. Di contrasto con la verve scenica e la brillantezza vocale dell’ottima Euridice di Marina Bucciarelli e la mefistofelica presenza di un bravo Roberto Covatta che regge con facilità la tessitura acuta della scrittura vocale del suo personaggio. Romina Tomasoni, nelle vesti di una “iron-lady” con accento germanico, ha reso bene il personaggio dell’Opinione pubblica che vuole coprire sotto il velo della questione morale il marcio di una “crisi” che secondo lei “non esiste”. Nell’ottima pantomina del musicista disoccupato e poi nella resa del personaggio di John Styx (mendicante da “tre soldi”, spiritello infernale schiavizzato, una specie di Arlecchino ubriaco che cerca di dimenticare nell’acqua di Lete la crisi, appunto) ho apprezzato la disinvoltura scenica e la coerenza interpretativa di Antonio Pannunzio. Nella folta schiera delle divinità olimpiche (vestite da nobili e monarchi del Settecento) una lode particolare va all’ottima dizione e alla bella voce di Leonardo Galeazzi nelle vesti di Giove, autentico premier in delirio di onnipotenza sessuale, che seduce Euridice in un’ennesima metamorfosi: il famoso e, qui, molto ben riuscito ed applaudito duetto “della mosca”. Anche Saverio Bambi (Mercurio che fa il surf sulle onde del mare cosmico) e Irene Favro (un bel Cupido farfallone amoroso) hanno centrato in maniera molto convincente i loro personaggi dinamici e allegri ed hanno cantato bene le loro rispettive arie: il primo in una velocissima sequenza scioglilingua, la seconda con bel morbido fraseggio nella scena della metamorfosi in mosca del sommo padre Giove. Il quartetto degli altri dei è stato impersonato in maniera convincente da Romina Casucci (bella voce sonora ed estesa, una simpatica Diana, capricciosa ragazzina viziata), Arianna Donadelli (Venere dal morbido timbro e molto graziosa figura), Irene Molinari (Giunone, sposa infelice, con brevi ma ben incisivi interventi vocali) e Simone Alberti (un Marte bamboccione viziato, dalla vocalità brillante e sicura). Un buon risultato complessivo anche per il programma di Maggio Fiorentino Formazione che ci ha fatto sentire, tra questi artisti, alcune giovani nuove voci.