Trio Broz: Barbara Broz (violino), Giada Broz (viola), Klaus Broz (violoncello). Luis Bacalov: Trio per archi (2010); Manuel Maria Ponce: Trio para violin, viola y violoncello (1943); Azio Corghi: Tang’ Jok (Them) (2010); Heitor Villa-Lobos: Trio per archi (1945). Registrazione: Teatro Salieri di Legnago (VR), 29 agosto-2 settembre 2012. 1 CD Sony Classical.
Il Trio Broz festeggia nel 2013 il ventesimo anniversario dalla fondazione, e si ripresenta al pubblico con un prodotto discografico originale, brillante, molto ironico, dal carattere monotematico. Il tango è infatti il cosmo musicale che unifica i quattro brani del programma; e di cosmo, ossia di un piccolo universo ordinato e regolamentato, si tratta realmente, anche a considerare la disposizione delle pagine, in precisa alternanza di contemporaneità e di Novecento storico, come se il grande traguardo fosse il classico Villa-Lobos (il cui Trio costituisce non per nulla il numero più articolato ed esteso). Sintetizza bene Angelo Foletto nelle note interne al CD, scrivendo che il «programma compendia con garbo postromantico e ironia il fascino antico della danza, la sua primaria teatralità e la vocazione trasgressiva». Ma il garbo, il fascino, la teatralità non provengono soltanto dalle pagine dei compositori: sono anche frutto dell’esecuzione dei fratelli Broz, il cui meticoloso lavoro alla ricerca dell’espressività e del virtuosismo raggiunge risultati veramente rimarchevoli. Del resto, sia Bacalov sia Corghi hanno scritto i loro brani appunto per il Trio Broz, e dunque hanno selezionato sonorità e strutture sulla base caratteriale e stilistica dei futuri esecutori.
Il CD si apre con Luis Bacalov (nato a Buenos Aires nel 1933), che porge una composizione d’impianto assai tradizionale, sia nei movimenti (Moderato – Allegro – Allegro vivace) sia nello stile, ispirato senza dubbio anche a Villa-Lobos, ma con aperture eclettiche (di Bacalov si ricorda soprattutto la produzione legata al cinema e alle colonne sonore: sua quella del film Il Postino, che nel 1995 gli valse il premio Oscar). Negli episodi del Triole movenze e i ritmi del tango serpeggiano in maniera anche inaspettata, ma sempre abbastanza riconoscibili, e forniscono una sorta di motivo-guida dell’intero CD.
L’attacco del Trio di Manuel Maria Ponce Cuéllar (1882-1948) riporta l’atmosfera musicale a una composta, quasi severa, armonia, come se il rigore viennese di un Brahms da camera fosse improvvisamente trapiantato in Messico (lascia trasparire tale rigore anche la concessione minima all’elemento nazionale nelle didascalie ritmiche, per lo più adeguate all’italiano del classicismo internazionale: Allegro non troppo, espressivo – Menuetto – Canción – Rondo scherzoso). Il Trio Broz aveva già inciso in precedenza il lavoro di Ponce, e si trattava della première discografica; l’interesse derivava anche dalla singolarità della vicenda storica: nel 1943 il compositore aveva dedicato l’opera a tre fratelli musicisti, Cecile, Carlos e Carlitos Prieto. Ora altri tre fratelli rivitalizzano una musica che, evidentemente, comporta l’affiatamento esecutivo tra i requisiti di partenza.
La movenza del tango è assai più riconoscibile in Azio Corghi (nato a Ciriè, Torino, nel 1937), il cui brano (coevo a quello di Bacalov, del 2010) offre il titolo all’intero album. E necessita una spiegazione, poiché il pronome Them tra parentesi è il seguito, in una sorta di trilogia da camera, di dediche a illustri artisti: Tang’ jok (Her) per la viola di Anna Serova nel 2008; Tang’ jok (Him)per il violoncello di Vittorio Ceccanti nel 2009; e ora la ricomposizione degli strumenti solistici con l’aggiunta del violino, e dunque l’approdo al trio.
La stratificazione compositiva e relazionale del prolifico Corghi documenta bene quanto sia importante nel suo percorso artistico la rielaborazione del tango (il movimento è unico e reca l’indicazione A tempo di tango). Del resto, la riflessione ritmica alterna arcate riconoscibili e familiari a pause che quasi interrompono l’architettura della danza, per conferire un aspetto più frammentario alla composizione. Forse si tratta di un’allusione tragica (nel senso di teatro tragico, come ipotizza Foletto nelle note di copertina, allorché rimanda alla consonanza di un tema di quattro note – una sorta di “firma d’autore” di Corghi – tra il trio e la tragedia lirica Giocasta, del 2008; i due titoli, inoltre, comunicano foneticamente tra loro grazie all’identità dell’attacco sillabico).
In quattro tempi (Allegro – Andante – Scherzo – Allegro preciso e agitato) il Trio per archi di Heitor Villa-Lobos (1887-1959), scritto nel 1945, e dunque opera della maturità del compositore, deroga rispetto alla serie copiosissima dei quartetti per archi. Il movimento di apertura, per esempio, conserva tutta la drammaticità sinfonica, addirittura di matrice beethoveniana, che i Broz rendono in parossistico crescendo. Dov’è il tango all’interno di questo Trio? Non appare mai in modo smaccato, anche perché nulla di etnico e folklorico in Villa-Lobos è mai scontato ed esplicito, ma aleggia come fantasma ritmico, oltre che come movenza armonica del singolo arco. Ed è come se, nell’ultimo brano del CD, la danza abbia raggiunto un’atmosfera rarefatta, purificata dalle costrizioni dell’abitudine e della prevedibilità, eppure sempre in atto.
Il suono del Trio Broz è davvero spettacolare, per calore e per nitidezza; non si tratta soltanto di qualità sopraffina delle tecniche di registrazione (peraltro magnificate come innovative e di recentissima acquisizione nella presentazione dell’incisione). La ragione vera è probabilmente la composizione sonora di strumenti molto diversi tra loro, per cronologia e per fattezze: Barbara suona un violino Guadagnini realizzato a Torino nel 1839; Giada suona una viola di Rodolfo Fredi, fabbricata a Roma nel 1934, mentre il violoncello di Klaus è un prodotto dell’arte organaria francese, opera di Luis Guersan, a Parigi nel 1743. Due secoli di storia degli strumenti ad arco compendiati da tre prodotti che si integrano molto bene, e per di più nell’esecuzione di musiche del Novecento o della contemporaneità. Il tango affidato al Trio Broz è contemporaneamente autentico concetto musicale e gesto teatrale vivissimo: allegro, preciso, agitato, per riprendere le tre prescrizioni del finale di Villa-Lobos.