Il Wiener Staatsballett al Teatro Ristori di Verona

Verona, Teatro Ristori, Stagione di Danza 2012/2013
Primi Ballerini, Solisti, Corpo di Ballo del Wiener Staatsballett
Direzione artistica Manuel Legris
“A Million Kisses to my Skin”
Coreografia David Dawson
Musica J. S. Bach
“The Vertiginous Thrill of Exactitude”
Coreografia William Forsythe
Musica F. Schubert
“In the Night”
Coreografia Jerome Robbins
Musica F. Chopin
“Bach Suite III”
Coreografia John Neumeier
Musica J. S. Bach
Verona, 10 maggio 2013
Decisamente un bel finale di stagione quello andato in scena il 10 maggio al Teatro Ristori di Verona per la Rassegna di Danza 2012/2013: a motivo del programma proposto ma soprattutto per la compagnia chiamata ad esibirsi, il Wiener Staatsballett.
Che oggi un teatro italiano inviti primi ballerini, solisti e corpo di ballo afferenti ad un ente lirico sembra davvero… fantascienza! Sino a qualche anno fa, tournée di prestigiose compagnie, italiane ed estere, erano possibili anche in provincia: solo per fare un esempio tutto “nostrano”, potremmo ricordare le rappresentazioni del Balletto del Teatro alla Scala in città come Brescia, Padova, Modena, Cremona… oggi, la crisi economica e di conseguenza le limitatissime risorse dei teatri non le consentono più. Il fenomeno che si va sempre più delineando è che le già poche produzioni che nascono in seno agli enti lirici italiani muoiano dove nascono – tranne qualche rarissima eccezione -, mentre le tournée di compagnie estere nel Bel Paese si contano sulle dita di una mano. Occorre ricordare che questa era l’unica tappa della Compagnia in Italia, quindi un’occasione ghiottissima per farsi un’idea di cosa sia oggi il Wiener Staatsballett sotto l’egida di Manuel Legris. Legris, già celebratissima étoile dell’Opéra di Parigi, arriva a guidare la Compagnia nel 2010 rimpolpandone il repertorio strettamente classico (è lui, forte dell’esperienza parigina, a rimontare il Don Chisciotte nella versione Nureyev) per poi allargarlo ad autori più o meno contemporanei: dovrebbe essere prassi comune presso qualsiasi corpo di ballo ma la cosa non sembrerebbe così scontata…
E qui veniamo al programma proposto: David Dawson, William Forsythe, Jerome Robbins, John Neumeier. Al di là delle definizioni di neo e post-classico, ciò che accomuna questi autori è quello che Elena Cervellati (La danza in scena) chiama «rivivere la tradizione». Ossia, tutti quei coreografi che, primo George Balanchine, guardano e hanno guardato con occhio diverso alla danse d’école per esplorarne ulteriori possibilità. Tutti brani bellissimi e prestigiosi quelli messi in scena al Ristori, ché è veramente raro, come giustamente sottolineato nel programma di sala, vedere un lavoro di Robbins in Italia (ma del resto Robbins viene a malapena citato nei testi italiani di storia della danza… sic transit!). Apre la serata A Million Kisses to my Skindi David Dawson sul Concerto per clavicembalo n.1 di Johann Sebastian Bach. Una bella sorpresa questa coreografia creata nel 2000 per l’Het Nationale Ballet: vero e proprio “brano di bravura” di impianto non narrativo, è giocato su disequilibri repentini e inattesi, sull’estensione estrema delle gambe e la stringatezza nel lavoro di braccia. Il secondo pezzo è il celeberrimo The Vertiginous Thrill of Exactitude di William Forsythe, sulla Sinfonia n.9La Grande” di Franz Schubert, del 1996 . Qui è presa di mira la danza accademica nella verticalità che viene decentrata, in un dettato coreografico davvero stremante soprattutto per quanto riguarda il footwork. In the Night di Jerome Robbins del 1970, sui Notturni op. 27 n. 1, op. 55 n. 1 & 2, op. 9 n. 2 di Frédéric Chopin, ci presenta tre coppie: una nella fase di corteggiamento, una borghese, una più burrascosa. In questi brevi brani dominano la cura sofisticata per il dettaglio e l’ironia; proprio come la danza “classica” parrebbe prestarsi a soluzioni inattese anche queste tre coppie, sul finale, sembrerebbero propense ad ulteriori “scambi”… Quasi a fare da contraltare a Forsythe, al termine della serata, c’è Bach Suite III di John Neumeier, sulla Suite n. 3 di Johann Sebastian Bach. Più che la velocità, ci sembra che sia il concetto di «tempo» ad essere analizzato. La partitura si focalizza sulle aperture e chiusure veloci e reiterate delle gambe (come se fossero le lancette di un orologio), sul protendersi e il raggomitolarsi dei corpi.
Sino ad ora non abbiamo detto nulla a proposito della Compagnia semplicemente perché ci è parsa complessivamente buona, a tratti molto buona, per resa e aderenza stilistica, per tempra e per omogeneità tecnica ed estetica. Qualche ulteriore dettaglio. Olga Esina ha saputo unire tecnica sicura ed ironia nel pezzo di Dawson; al contempo, la presenza davvero aulica, ha garantito un’ottima resa del secondo movimento in Bach Suite III, dov’è stata splendidamente accompagnata da Kirill Kourlaev. Per qualità del movimento, Maria Yakoleva e Masayu Kimoto ci sono sembrati gli interpreti più analitici all’interno di In the Night. Se qualche “neo” o asincronia c’è stata, ci sembra sia stata dovuta anche alla contingenza: ovvero un palco troppo piccolo.
Un ottimo spettacolo che ha registrato il tutto esaurito per entrambe le repliche, a dimostrazione che quando c’è qualcosa di bello il pubblico accorre… eccome!