Parma, Teatro Regio, ParmaDanza 2013
Ballet Nice Méditerranée
Direttore artistico Éric Vu-An
“Raymonda” Grand Pas Classique
Coreografia Éric Vu-An da Marius Petipa
Musica Aleksandr Glazunov
Pas de deux Célinne Marcinno, Guido Sarno
Luci Patrick Méeus
Costumi e scenografie realizzati dall’atelier dell’Opéra de Nice
“The Moor’s Pavane” (“La Pavana del Moro”)
Coreografia José Limon
Musica Henry Purcell
Arrangiamento Simon Sadoff
Il Moro Éric Vu-An
L’amico del Moro Andres Heras Frutos
La moglie dell’amico Paula Acosta Carli
La moglie del Moro Célinne Marcinno
Luci Jennifer Scanlon
Costumi Pauline Lawrence
Prima Nazionale
“Coppélia” Divertissement Atto III
Libretto di Charles Nuitter e Arthur Saint-Léon dal racconto L’uomo della sabbia di E. T. A. Hoffmann
Coreografia Éric Vu-An
Musica Léo Delibes
Swanilda Paula Acosta Carli
Frantz Alessio Passaquindici
Scene e costumi realizzati dall’atelier dell’Opéra de Nice dai bozzetti originali de l’Opéra National de Paris
Parma, 18 maggio 2013
La prima considerazione che ci viene da fare, a poco meno di una settimana dalla visione della serata di Gala di Svetlana Zakaharova, è che in uno spettacolo di danza ciò che appaga è sempre la danza. Bella scoperta ma non così scontata. Nel caso della diva ucraina, abbiamo assistito ad uno spettacolo di alto livello tecnico ma dal programma complessivamente prevedibile.
Il Ballet Nice Méditerranée, compagnia invitata ad esibirsi in occasione del terzo spettacolo di ParmaDanza 2013, ha presentato al contrario un programma di grandissimo interesse: il Grand Pas Classique di Raymonda di Petipa/Glazunov rimontato da Éric Vu-An, direttore della Compagnia, The Moor’s Pavane di José Limón, a Parma in prima nazionale, e il divertissement dal terzo atto di Coppélia su coreografie di Éric Vu-An. Riportiamo questo link, dove sono raccolti estratti di esibizioni della Compagnia, in modo che anche il lettore possa farsi un’idea del repertorio attuale, a seguito dell’arrivo di Vu-An quattro anni fa. Si va quindi da Bournville a Cannito, passando per i Ballets Russes e Balanchine, tra gli altri. Di più: nell’intervista acclusa al programma di sala, Éric Vu-An esprime l’intenzione di riprendere il prossimo anno il terzo atto di Sylvia e Les Deux pigeons di Louis Mérante e di voler aggiungere anche balletti di Jiří Kylián. Un repertorio molto vasto e ambizioso, ricercato nei titoli, proiettato verso la contemporaneità ma con una grande propensione alla tradizione ottocentesca: scelte pensate per rivalutare un Corpo di ballo a tutt’oggi di proporzioni ridotte e che fino a qualche anno fa veniva impiegato solo nelle produzioni operistiche messe in scena a Nizza. Come però ci ha dimostrato la serata parmense, questo tipo di rappresentazioni si prestano facilmente all’esportabilità, cosa preziosissima di questi tempi, e quindi ad una fruizione della danza ad ampio raggio.
La scelta di rimontare il Grand Pas di Raymonda pone il problema di “quale Raymonda” proporre. Di questo grande (in tutti i sensi) balletto si è fatto un gran parlare negli ultimi anni a motivo della messa in scena scaligera nella versione filologica curata da Sergej Vikharev. Nel caso del Ballet Nice Méditerranée, il referente primo cui guardare è stata la versione curata da Rudolf Nureyev, versione ancora adesso danzata all’Opéra di Parigi: la scelta era quasi scontata, considerate la nascita e la crescita artistica di Éric Vu-An in seno alla compagnia parigina. Lo si intuisce già all’aprirsi del sipario, dal fondale che rappresenta un drappeggio rosso, dai costumi sfarzosi, dalla grande tavola posta sul fondo a ricordare che l’ultimo atto è quello deputato ai festeggiamenti delle nozze di Raymonda con Jean de Brienne una volta sconfitto il Saraceno. E, ovviamente, dalla danza. Basti osservare com’è strutturata la variazione di Raymonda: viene posta grande enfasi al battito delle mani, quasi uno schiocco (contrariamente a quanto accade, ad esempio, nella versione del Balletto del Teatro Mariinsky o della Scala), ai port de bras scattosi e ai pas de bourrée suivi molto pronunciati. La bellissima figura di Céline Marcinno è sembrata contrastare un po’ con una visione così netta del brano così come l’interprete è risultata poco convinta. Guido Sarno è stato stilisticamente volonteroso ma poco convincente per quanto riguarda tecnica, pulizia e proporzioni. Il discorso va poi esteso all’intero Corpo di ballo maschile: la classica “cartina tornasole” può essere considerata la Danse pour quatre danseurs dove abbiamo visto dinamiche pesanti, batterie poco elastiche e difficoltà nel giro. Un po’ meglio il Corpo di ballo femminile per quanto concerne la mera omogeneità estetica. Questo Grand Pas è sì allettante da aggiungere ad un repertorio ma presuppone un rigore esecutivo che qui purtroppo non abbiamo visto.
Le cose sono andate bene invece con The Moor’s Pavane di José Limón. L’ultima volta che abbiamo visto in Italia la più celebre creazione di Limón fu in occasione di una tournée della Limón Dance Company, ossia la compagnia deputata a raccogliere l’eredità del coreografo messicano, che offrì uno spettacolo tutt’altro che memorabile. Quindi i problemi legati alla prassi esecutiva, contrariamente a quanto si possa pensare, vanno ben oltre il balletto ottocentesco… Tre anni occorsero a Limón per realizzare questo pezzo-emblema della Modern Dance che debuttò nel 1949. La coreografia, tratta dall’Otello scespiriano, è focalizzata su quattro personaggi: Otello e Desdemona, Jago e Emilia. La partitura si esprime per gesti ieratici e personalissimi: le imperiose falcate di Otello che si stemperano al contatto con l’angelicata Desdemona; l’approcciarsi sottile di Jago alle spalle del Moro per mettere in dubbio la fedeltà di Desdemona; Emilia che percorre la scena sventolando la gonna e inarcando la schiena. Brevi attimi di pace sono dati quando tutti e quattro i personaggi danzano in cerchio, simbolo universale dell’armonia, fino a giungere all’uccisione di Desdemona da parte di Otello. A Parma si sono messi in luce soprattutto il Moro di Éric Vu-An e l’amico del Moro di Andres Heras Frutos per la qualità dei movimenti che ha realmente sorretto la drammaturgia e reso giustizia a questi personaggi ancora sconvolgenti quanto ad attualità. Discrete Célinne Marcinno (La moglie del Moro) e Paula Acosta Carli (La moglie dell’amico).
Con Coppélia si passa alla Francia agli albori della guerra franco-prussiana. Andato in scena per la prima volta all’Opéra di Parigi nel 1870 con la coreografia di Arthur Saint-Léon su musica di Léo Delibes, questo balletto ha conosciuto una fortuna alterna (talvolta troppo ridimensionato quanto ad importanza e bellezza), riuscendo tuttavia ad inserirsi nel filone franco-russo che ne ha permesso la sopravvivenza. Nel tempo non sono mancate rivisitazioni, anche molto ben riuscite: Éric Vu-An ha voluto per questa sua Coppélia rifarsi ancora una volta alla tradizione francese. Non solo per quanto riguarda la costruzione dei passi (giacché questo terzo atto, e nello specifico il divertissement, viene rivisto da Vu-An) ma, come va “di moda” oggi, anche nelle scene e nei costumi realizzati dall’atelier dell’Opera di Nizza sui bozzetti originali dell’Opera di Parigi. Il risultato è gradevole: sia per quanto riguarda l’aspetto strettamente estetico, ché scene e costumi in quest’ottica “galiziana” sono ben realizzati e piacevoli, sia per la resa del Corpo di ballo che è apparso leggermente più ordinato rispetto al Grand Pas di Raymonda. Paula Acosta Carli è stata una Coppélia garbata benché rigida nel lavoro di braccia; Alessio Passaquindici sarebbe ideale quanto ad aspetto per impersonare Frantz ma salti e giri si sono rivelati troppo laboriosi.
Una serata quindi con più ombre che luci per questa Compagnia di grandi aspirazioni. Al termine, applausi cordiali. Foto Roberto Ricci – Teatro Regio di Parma.