Venezia, Teatro Malibran, Stagione Lirica del Teatro La Fenice 2012/2013
“LA CAMBIALE DI MATRIMONIO”
Farsa comica in un atto su libretto di Gaetano Rossi
Musica di Gioachino Rossini
Tobia Mill, negoziante OMAR MONTANARI
Fanny, sua figlia MARINA BUCCIARELLI
Edoardo Milfort GIORGIO MISSERI
Slook, negoziante americano MARCO FILIPPO ROMANO
Norton, cassiere di Mill ARMANDO GABBA
Clarina, cameriera di Fanny ROSSELLA LOCATELLI
Orchestra del Teatro La Fenice
Direttore Stefano Montanari
Rgia Enzo Dara
Orchestra del Teatro La Fenice
Atelier della Fenice al Teatro Malibran
in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Venezia
e il Conservatorio di Musica Benedetto Marcello
Venezia, 28 marzo 2013
Siamo giunti al terzo titolo del progetto che, con il coordinamento e la supervisione di Bepi Morassi, prevede la messa in scena delle cinque farse di Gioachino Rossini composte per il San Moisè, con la regia di altrettanti importanti registi italiani, e scene, costumi e luci a cura della Scuola di Scenografia dell’Accademia di Belle Arti di Venezia. Preceduta dall’Inganno felice e da L’occasione fa il ladro, La cambiale di matrimonio, attualmente in scena al Teatro Malibran, sarà seguita dalla Scala di seta e dal Signor Bruschino. Davvero l’Atelier della Fenice al Malibran apre ai giovani, infatti per questo titolo sono previste anche recite affidate ad un cast composto da studenti delle scuole di canto del Conservatorio Benedetto Marcello di Venezia insieme ad uno studente del Conservatorio Cesare Pollini di Padova, mentre l’orchestra sarà quella del Conservatorio veneziano, diretta da Giovanni Battista Rigon.
Dunque la farsa, che segnò nel 1810 il debutto al Teatro Giustiniani di San Moisè del grande pesarese, allora appena diciottenne, ma già in grado di primeggiare tra i compositori a lui contemporanei, è sbarcata in laguna proprio come il mercante canadese Slook nel nuovo allestimento ideato da Enzo Dara – vecchia gloria della scena buffa di qualche anno fa, ora dedito all’insegnamento e alla regia – che sposta l’ambientazione da Londra, come suggerirebbe il libretto, nella Città dei Dogi. Il sipario si apre su una scena fissa con piccole variazioni: un ampio vano di negozio di mercerie in cui campeggiano enormi serie di scaffalature in legno – ingombre di stoffe arrotolate, scatole, nastri, fascicoli e quant’altro – che a tratti si separano facendo intravedere sul fondo un scorcio lagunare diurno o notturno, a seconda delle situazioni, mentre dal soffitto pendono numerosi drappi di tessuto colorato. Una messinscena che, come si legge nelle note di regia, guarda alla tradizione seppur introducendo qualche novità nell’intento di divertire “senza però fare gag, caccole [sic] oramai fuori moda e bandite dai teatri seri” – un modo un po’ colorito per esprimere un’opinione condivisibile. Una novità desunta dalla tradizione (mi si perdoni il bisticcio) può essere la presenza delle maschere in qualità di servitori e agenti di negozio di Tobia Mill: da vari Pulcinella ad Arlechino, a Colombina, che hanno le movenze e i costumi della Commedia dell’Arte. Gradevoli le diapositive proiettate sul velario, mentre risuonano le note della sinfonia: uno squarcio canadese innevato, un veliero, una veduta di Venezia, a suggerire una tematica che fa da sfondo a tutta la vicenda: quella del viaggio e dell’incontro tra due mondi, come suggeriscono anche gli originali abiti di Mill e Slook, che mostrano decorazioni in forma di carte geografiche.
Come sempre autorevole e ispirato il gesto di Stefano Montanari, le cui mani inanellate mandavano qualche bagliore nella penombra, sapendo ben dosare comicità e vena lirica, compresenti nell’atto unico, in un’interpretazione sempre composta stilisticamente, pur caratterizzata da un emozionante gusto per i contrasti. Lo ha seguito un’orchestra precisa, espressiva e, all’occorrenza, scattante. A partire dalla sinfonia, la cui struttura, assieme alle arie tripartite, è uno degli elementi che anticipano le composizioni più mature: il corno solista nell’Andante maestoso è stato impeccabile come tutta l’orchestra nel successivo Allegro vivace.
Quanto al cast, tutti i giovani cantanti hanno dimostrato spigliatezza sulla scena, muovendosi con una gestualità spesso giustamente caricaturale, e comunque, con tutta evidenza, frutto di uno studio e una passione che non sempre si ritrovano in certi cantanti di grido, magari troppo carichi di impegni. Ne è risultato un meccanismo teatrale davvero efficace, e talora di originale comicità come nel momento in cui il maestro Montanari, con qualche effetto estraniante, invita Mill e il suo rivale americano, che si attardano in prolungati gorgheggi alla fine della scena che dovrebbe precedere l’improbabile duello tra i due mercanti, a concludere la cadenza.
Validi i bassi Omar Montanari e Marco Filippo Romano, rispettivamente Tobia Mill e Slook, due ruoli dal carattere contrastante: il primo ha brillantemente affrontato il canto sillabico e acuto che gli è affidato, grazie a una voce ben timbrata ed estesa, e a un fraseggio scolpito; ad esempio nella cavatina, arrabattandosi con un mappamondo di stoffa, “Chi mai trova il dritto, il fondo”. Il secondo, per cui è prevista una tessitura più centrale, ha analogamente sfoggiato fin dalla sua prima apparizione brillantezza, fraseggio e verve (“Grazie… grazie… Caro amico!). Buona anche la prestazione di Armando Gabba – il terzo basso – nei panni di Norton, che ha saputo interpretare con nobiltà la sua parte di “mezzo carattere”. Gli ha fatto da pendant Rossella Locatelli, una Clarina – soprano leggero di pasta omogenea e di un certo peso vocale – che nell’aria “Anch’io son giovane” ha rivelato buon controllo della voce e agilità. Bella voce leggera, gradevolmente vibrata e capace di agilità anche quella di Marina Bucciarelli (Fanny), che ha dato il meglio di sé nell’aria “Vorrei spiegarvi il giubilo”, un numero composto di varie sezioni che costituisce uno dei momenti clou dell’opera, in cui la fanciulla palpita d’amore. Assolutamente all’altezza anche il suo spasimante l’Edoardo di Giorgio Misseri, interessante voce di tenore di grazia dal timbro omogeneo nei vari registri, come ha dimostrato nel duetto “Tornami a dir che m’ami”, dove i due innamorati sono stati precisi, convincenti e appassionati anche anche nel veloce finale. Davvero riuscite sul piano vocale e gestuale le scene d’insieme, culminanti nel sestetto finale (“Vi prego un momento, signore, a fermarvi”), che segna lo scioglimento della vicenda con Edoardo che ha tra le mani la cambiale che gli è stata appena girata da Slook. Grandi applausi per tutti a conclusione dello spettacolo: dai cantanti all’orchestra, dal direttore agli studenti dell’Accademia di Belle Arti.