Trieste, Teatro Verdi:”Macbeth”

Trieste, Teatro Verdi, Stagione Lirica  2012 /2013
MACBETH
Melodramma in quattro atti, libretto di Francesco Maria Piave e Andrea Maffei, dall’omonima tragedia di William Shakespeare
Musica di Giuseppe Verdi
Edizioni Universal Music Publishing Ricordi srl, Milano
Macbeth FABIAN VELOZ / ANGELO VECCIA
Banco PAOLO BATTAGLIA
Lady Macbeth
DIMITRA THEODOSSIOU / TIZIANA CARUSO
Dama di Lady Macbeth
SHARON PIERFEDERICI
Macduff
  ARNALDO KLLOGJERI
Malcolm GIACOMO PATTI
Medico / Prima apparizione DARIO GIORGELE’
Domestico di Macbeth  STEFANO CONSOLINI
Un Sicario FRANCESCO MUSINU
Un Araldo GIULIO PELISON /HEKTOR LEKA
Apparizioni ERICA BENEDETTI,  EMMA ORSINI, IRENE DUSSI, FRANCESCO FELICIAN*

Orchestra e Coro della Fondazione Teatro Lirico “Giuseppe Verdi” di Trieste
Con la partecipazione della Civica Orchestra di Fiati “Giuseppe Verdi” – Città di Trieste
e dei solisti dei “Piccoli Cantori della Città di Trieste”* diretti da Cristina Semeraro
Direttore Giampaolo Maria Bisanti
Maestro del coro Paolo Vero
Regia e luci Henning Brockhaus
Scene Josef Svoboda
Ricostruzione dell’allestimento scenico Benito Leonori
Costumi Nanà Cecchi
Coreografie Maria Cristina Madau
Nuovo allestimento in coproduzione con Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova e Fondazione Pergolesi Spontini di Jesi
Trieste, 8 e 9 marzo 2013
Dopo “Corsaro” e “Carmen” ancora un omaggio al genio di Busseto nella programmazione lirica del Teatro Verdi, che nel terzo appuntamento di stagione ha riportato sul palcoscenico, a distanza di otto anni, la vicenda di “Macbeth” nel nuovo allestimento realizzato dalla Fondazione triestina in coproduzione con la Fondazione “Pergolesi Spontini” di Jesi e la Fondazione “Teatro Carlo Felice” di Genova, che si avvale delle scene di Josef Svoboda ricostruite da Benito Leonori, i costumi di Nana’ Cecchi e le coreografie di Maria Cristina Madau. La messinscena, che potremmo definire una geniale prova di talento del grande scenografo boemo che ha già trovato positivo riscontro anche in questo sito, vive di indovinati elementi scenici, proiezioni visive e apporti acrobatico-coreutici di grande effetto, che si compenetrano nella partitura e risultano minuziosamente concepiti per esaltarne la musica, laddove la sensibilità registica di Henning Brockhaus – che cura anche l’azzeccato gioco di luci – nel muovere con sapienza masse e protagonisti, trova fluidità narrativa nel dipanare agilmente il susseguirsi degli eventi e va a realizzare uno spettacolo nel contempo elegante e di forte impatto che, alla prima di venerdì 8 marzo, ha ottenuto unanimi consensi.
E al successo della serata ha contributo in maniera essenziale la direzione di Giampaolo Maria Bisanti, che ha offerto una lettura di grande precisione, tesa a porre in luce i dettagli più reconditi della partitura senza perdere la visione d’insieme nell’ottica del perfetto equilibrio tra la buca e il palcoscenico. La gestualità del giovane direttore milanese è meticolosa ed è indirizzata tanto ai cantanti quanto agli strumentisti, apprezzabile la cura per le dinamiche che, specie nei momenti corali, ottiene risultati di grande pathos come, per esempio, nel grande concertato finale del primo atto , in cui voci e strumenti si compenetrano mirabilmente in un’onda sonora che realizza pienamente la successione di quei fortissimi e pianissimi presenti nel disegno melodico creato da Verdi. Piena di slancio e passione, scrupolosa nel sostenere i fraseggi e i recitativi dei protagonisti, che qui, più che altrove, sono ossatura portante di tutta l’opera, la lettura offerta da Bisanti palpita nei tempi stringati ma rifugge dal clangore, si infiamma negli unisono corali e non tralascia l’abbandono richiesto dalle pagine più strettamente liriche affidate ai solisti. Una chiave di lettura fatta propria sia dall’Orchestra, che ha risposto compatta alle sollecitazioni direttoriali, che dal Coro preparato da Paolo Vero, capace di esprimersi vocalmente e scenicamente in una prestazione a caratteri maiuscoli, spesso premiata da applausi a scena aperta. Nel ruolo del titolo Il giovane baritono argentino Fabian Veloz ha esibito una voce ben impostata, bel colore e volume sufficiente a risolvere i passaggi acuti della tessitura, sforzandosi di fraseggiare tanto nei monologhi quanto nella parentesi lirica dell’aria “Pietà, rispetto, amore” ma le minuziose sfaccettature, vocali e sceniche, che delimitano la complessità del personaggio sono ancora al di là da venire. Il soprano Dimitra Theodossiou, già apprezzata interprete del repertorio di lirico spinto, qui si è rivelata, nel complesso, inadeguata a sostenere l’impervio ruolo di Lady per il quale lo stesso Verdi desiderava “una voce aspra, soffocata, cupa e diabolica”. Nulla di tutto ciò nella voce morbida e ben modulata della cantante greca, che è apparsa in difficoltà già nelle battute iniziali del recitativo che precede l’aria del primo atto “Vieni, t’affretta”, dov’è stata costretta a spezzare più volte il fiato per agguantarne le agilità, così come in tutti i duetti con Macbeth l’inconsistenza delle note gravi depauperava il recitar cantando e dissolveva il lato demoniaco del personaggio, salvo il buon risultato nell’aria del sonnambulismo che, in parte, ha riscattato l’intera prestazione. Paolo Battaglia ha compensato con l’intensità di fraseggio e un timbro interesssante la carenza di volume necessario per risolvere adeguatamente il breve ma importante ruolo di Banco mentre il tenore albanese Armaldo Kllogjeri ha cantato con sicurezza e incisività di accenti la famosa aria di Macduff. Una lieta sorpresa tenorile anche dal Malcolm squillante e preciso del giovane Giacomo Patti. Accurata la prestazione dei comprimari Sharon Pierfederici (Dama), Dario Giorgelé (medico), Stefano Consolini (domestico), Francesco Musinu (un sicario), Giuliano Pelizon (araldo), Erica Benedetti, Emma Orsini, Irene Dussi, Francesco Felician (apparizioni), e la partecipazione della Civica Orchestra di Fiati “Giuseppe Verdi- Città di Trieste”. Al termine i prolungati e calorosi applausi hanno siglato il pieno successo della serata.
Il giorno successivo abbiamo avuto la possibilità di assistere alla replica affidata alla seconda coppia di interpreti, vocalmente ben assortita e capace di assicurare una prestazione artistica di alto livello. Nello specifico il baritono Angelo Veccia, voce alquanto aspra e vetrosa, ha saputo trovare i giusti accenti per scavare nell’animo di Macbeth mentre Tiziana Caruso ha delineato la figura di Lady con tutti i mezzi di autentico soprano drammatico. Voce potente e colore brunito, omogeneità timbrica in tutta l’estensione e spessore espressivo nella tessitura grave, capacità di scavo psicologico e fraseggio adeguato nonché l’innegabile physique du role a sostenere un’elegante gestualità e presenza scenica hanno permesso alla cantante catanese di rendere credibile il personaggio in ogni sua sfaccettatura e di ottenere, alla fine, un meritato successo personale. Per la cronaca nella replica l’araldo è stato interpretato dal basso Hektor LekaFoto Fabio Parenzan, Trieste