Torino, Auditorium RAI “Arturo Toscanini”, Stagione Concertistica 2012-2013
Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI
Direttore Kirill Petrenko
Soprano Evelyn Herlitzius
Tenore Lance Ryan
Richard Wagner: Götterdämmerung, brani scelti dalla terza giornata della Tetralogia Der Ring des Nibelungen
Torino, 7 marzo 2013
I wagneriani ortodossi (ne esisteranno ancora?) hanno sempre guardato con sospetto alla pratica concertistica di estrapolare pagine sinfoniche dalla Tetralogia (o da altro titolo) per presentarle a sé, quali numeri di un programma, magari a ouverture o a punto culminante di una serata di musica. Tale diffidenza pare giustificata da più ragioni, di ordine drammaturgico ma ancora prima musicale. Ben diverso è il caso di un concerto interamente desunto da un’opera wagneriana, perché la selezione delle scene e il collegamento dei vari segmenti sono già frutto di una scelta ponderata, necessariamente dipendente da un criterio di coerenza narrativa, e dunque frutto di esigenze drammaturgiche.
Kirill Petrenko, reduce da un Rheingold in forma di concerto diretto pochi giorni fa all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia in Roma, è il protagonista della Götterdämmerung torinese insieme all’OSN RAI e ai due solisti che interpretano Brünnhilde e Siegfried: Evelyn Herlitzius e Lance Ryan. L’esecuzione di alcune scene e delle pagine sinfoniche più celebri del Crepuscolo degli dei (il Rheinfahrt dell’eroe e la sua Marcia funebre) è stata così convincente e trascinante da far rimpiangere l’ascolto anche delle parti omesse dalla selezione. Da Roma a Torino, dal Rheingold alla Götterdämmerung, Petrenko dimostra con quanta attenzione stia studiando le partiture del Ring, per prepararsi alla direzione della Tetralogia la prossima estate a Bayreuth, nell’edizione speciale del bicentenario della nascita di Wagner. Anche l’appuntamento torinese è motivato dalla ricorrenza, ma non si esaurisce certo nell’intento puramente celebrativo.
Il programma è strutturato in due parti: nella prima si ascoltano i due duetti tra Siegfried e Brünnhilde, dal Prologo e dalla scena III dell’atto I, intervallati dal Viaggio di Siegfried sul Reno; nella seconda parte la scena II dell’atto III, con la narrazione di Siegfried, la sua uccisione, la cosiddetta Marcia funebre, e quindi l’Olocausto di Brünnhilde con il finale dell’opera. Il direttore stacca tempi piuttosto mossi, anche se non rapidi; richiede grande nitidezza e forte squillo agli ottoni, mentre agli archi chiede di definire il dettaglio delle trame interne alla loro famiglia. Il nervosismo che pervade la scrittura wagneriana sembra la cifra stilistica che Petrenko ambisce a far risaltare di più; ogni momento ha una sua importanza drammatica, ma non epica, neppure nei brani più strettamente sinfonici, perché alla solennità e all’indugio della rappresentazione mitica si preferiscono l’incalzare dell’azione e soprattutto – quel che rende plausibile l’impostazione della selezione – la giovanile esuberanza dei due personaggi protagonisti, impulsivi nell’amare come nel condannare, e quindi nel tradirsi e nel distruggersi. L’unica pagina da cui trapeli una qualche intonazione epica è la Marcia funebre del III atto, in cui Petrenko sembra prediligere due aspetti: l’enunciazione del tema della spada quale culmine eroico di tutta la narrazione, e l’evidenza dell’elemento percussivo (piatti, timpani, tamburo, triangolo) nella seconda parte, una vera apoteosi dell’eroe ucciso. Dopo la morte di Brünnhilde, lo straripamento del Reno e la conflagrazione universale che distrugge anche le divinità, Petrenko sceglie di legare l’ultimo tema della Tetralogia (quella celebre “redenzione d’amore” che richiama a Siegfried il personaggio materno di Sieglinde) con quanto precede direttamente, ossia le voci orchestrali delle figlie del Reno, finalmente di nuovo in possesso dell’oro alla base di tutta la vicenda: una legatura significativa, perché considera la redenzione d’amore come conclusione effettiva del Ring, più che come preludio a una nuova umanità, nata dalle ceneri dell’Olocausto di Brünnhilde e degli dei del Walhall.
Pur nell’ambito di sonorità massicce (a volte anche fragorose), la direzione di Petrenko rivela numerose finezze strumentali, affidate ai legni o agli archi (come l’intensa rievocazione del tema di Loge nel finale, per mezzo delle viole), oltre alla cura nell’accompagnamento dei cantanti. Lance Rayan è un noto specialista, ben conosciuto anche dal pubblico italiano per le sue prove scaligere (protagonista del Siegfried lo scorso Ottobre); artista certamente esperto della parte e assai sicuro di sé, ha però un approccio stilistico sui generis rispetto alla vocalità del tenore wagneriano: sempre debordante, spesso a rischio di intonazione, spinto negli acuti (ma con effetto sgraziato e aggressivo anziché eroico), incline a distorcere la corretta pronuncia tedesca con troppe vocali aperte. Nel primo duetto del I atto l’emissione di Ryan è anche soggetta a qualche oscillazione, che poi si attenua a mano a mano che la voce si riscalda; e infatti rende meglio nel secondo duetto, anche nell’apprezzabile intento di modificare la voce di Siegfried, allorché l’eroe appare a Brünnhilde nei panni di Günther. Nel III atto il tenore si impegna ad alleggerire la voce, poiché deve imitare i tratti caratteristici dei personaggi che rievoca (Mime, l’uccellino del bosco): è efficace l’attenzione con cui Petrenko lo accompagna, realizzando analogo effetto mimetico e naturalistico anche in orchestra.
Nel dipanarsi delle varie scene il pubblico è aiutato a comprendere la selezione dal programma di sala, contenente brevi saggi di Cesare Mazzonis (direttore artistico dell’OSN RAI), di Alberto Mattioli e di Giorgio Gualerzi; ma tale aiuto non è completo, perché mancano i testi delle pagine antologizzate all’interno del concerto, nella lingua originale e in traduzione italiana (la RAI è sempre molto precisa nel riportare questo tipo di sussidio; perché questa volta no? Forse perché del concerto è prevista una replica con qualche brano differente, e il programma di sala è unico?).
Evelyn Herlitzius è stata un’Ortrud molto apprezzata poco più di due mesi fa nel Lohengrin inaugurale alla Scala, sia perché è in generale un’ottima professionista wagneriana sia perché quella parte si adattava perfettamente alla sua voce di mezzosoprano acuto; la tessitura di Brünnhilde richiederebbe piuttosto un soprano (tout court) drammatico e con cavata potente. Nei due duetti, e poi nella grandiosa scena dell’olocausto, la Herlitzius canta in maniera molto corretta, e restituisce bene il baldanzoso vigore della figlia di Wotan, ma è costretta a forzare l’emissione in corrispondenza delle note più acute; la voce risulta quindi disomogenea, non perfettamente sostenuta, velata nelle puntature, un po’ incline al grido (difetto che interessa entrambi gli interpreti, specie nella stretta del primo duetto), anche se migliora di scena in scena, fino alla prova conclusiva, in cui il vibrato largo dell’inizio si evolve in un tremulo dall’effetto più autenticamente drammatico.
Il pubblico torinese – wagneriano sin dagli albori della storia esecutiva della Tetralogia – ha apprezzato moltissimo il concerto diretto da Kirill Petrenko: ha applaudito con calore di gran lunga superiore al solito l’orchestra, tutte le prime parti (presentate via via dal direttore e accolte da un’ovazione), i cantanti; ha quindi manifestato ammirazione per l’entusiasmo realmente trascinante del giovane direttore (ed è bello poter dire che giovane era anche una congrua componente dello stesso pubblico). Con grande delicatezza, con un gesto toccante di omaggio, la RAI ha dedicato il concerto alla memoria di Wolfgang Sawallisch, scomparso il 22 febbraio: un grande direttore wagneriano della più rigorosa tradizione germanica, la cui ultima apparizione torinese risale al 2000. Ma il ricordo migliore è di un concerto del 1996, quando diresse l’OSN RAI presso l’Auditorium del Lingotto in un’opera monumentale, e animata da spirito musicale wagneriano, come l’VIII Sinfonia di Anton Bruckner.