Incontro Steven Mercurio a pochi metri dal teatro Verdi di Padova in una pizzeria vecchio stile, di quelle ormai in via di estinzione: mattonelle anni cinquanta in finta palladiana, tante foto e locandine affisse ai muri e soprattutto un brusio infernale. Questo musicista americano dall’aspetto di eterno ragazzino è un artista eclettico e il segreto sicuramente sta nell’entusiasmo con cui vive la vita. Direttore d’orchestra, compositore, arrangiatore, spazia tra i diversi generi, dal classico al pop, con una naturalezza che non è ingenuità, ma gioia e curiosità e amore per la musica in modo totale.
Come ti piace essere definito: direttore d’orchestra o compositore?
In altri tempi ogni direttore d’orchestra era anche compositore, vedi Toscanini che in giovane età ha cominciato come compositore e poi ha scelto la direzione d’orchestra. Essendo compositore puoi capire una partitura in modo profondo, non soltanto esteriore. Quasi nessuno oggigiorno fa un lavoro di approfondimento, perchè si tende a far emergere la propria interpretazione, anche se in fin dei conti è solo un mettere “più sale o più pepe”su un lavoro che è già esistente. Invece quando uno ha i mezzi per studiare a fondo la partitura, le armonie, l’orchestrazione, la forma e la storia, entra nel pensiero del compositore. Anche Furtwängler era un compositore e non è importante che la musica da lui composta assomigliasse a Brahms. Leonard Bernstein, che per me è un idolo e un modello da seguire, era a mio avviso il più bravo direttore d’orchestra della sua generazione proprio perchè compositore. Per lui la musica non era qualcosa di morto o di ricreativo.
Quindi cosa rimproveri ai direttori di oggi?
Oggi molti direttori pensano di essere creativi soltanto perchè cambiano i tempi: più veloce, meno veloce, ma questo non è per nulla creativo. Se io voglio esprimermi compongo qualcosa, altrimenti se dirigo devo essere come un avvocato del compositore, un tramite con l’artista; metto tutto il mio talento per capire cosa voleva il compositore, anche i difetti. Alcune opere hanno dei difetti e allora bisogna capirne il senso ed esaltarne i pregi, avere una conoscenza profonda dell’opera da dentro e da fuori, non soltanto in modo superficiale, pensando “qui mi piace o qui più veloce” oppure” mi piace l’interpretazione di Furtwängler allora faccio più lento” o ancora “mi piace Toscanini più forte”; questo è perseguire una ricerca esteriore che appaga solo l’ego.
Cosa cerchi personalmente quando dirigi?
Io sono contento quando con gli artisti che sono sul palco , il coro e l’orchestra, tutti insieme riusciamo a fare una recita dove ognuno è soddisfatto e soprattutto quando anche il pubblico si commuove. Non devo essere soddisfatto perchè io come direttore sono riuscito a dire quello che volevo, anche a scapito del soprano che ha cantato male perchè messa in difficoltà e non me ne ha importato nulla se non eravamo un gruppo unito. Il dovere del maestro è di unire e non di dire agli altri “ seguitemi a tutti i costi”.
Il direttore è come un allenatore nel campo sportivo, che riesce a mettere tutti i talenti insieme, guidandoli in uno stesso percorso, e non come un presidente che dice “ dovete seguirmi perchè io sono sul podio”. Il direttore non è un generale . Ottenere tutto ciò non è complicato, ma è musicale e soprattutto più umano.
Per tornare alla domanda iniziale: quali scelte ti hanno spinto verso questa carriera?
Mi sono diplomato alla Juilliard come compositore, ma decisi subito che non avrei composto seguendo i canoni della musica contemporanea allora in auge, dissonante e per me brutta; scrivo musica romantica anche se attuale. Scrivo solo ciò che mi piace e considero ciò più onesto, ma come professione sono direttore d’orchestra. Ho registrato molti dischi, DVD e ho anche fatto molti arrangiamenti per artisti famosi come Andrea Bocelli, Placido Domingo, Marcello Giordani, Michael Bolton…
Nella tua carriera hai sei dimostrato una grande versatilità nell’affrontare i generi…Cosa ne pensi del Musical, adesso considerato la nuova “opera popolare”?
Sono cresciuto con My Fair Lady o West Side Story. Lavori veramente geniali!!! Sono invece piuttosto perplesso su i musical che vengono composti adesso. Tutto ruota attorno a un tema di canzone che funziona, il resto è solo apparenza.
In Italia ha fatto scuola “Notre Dame” di Riccardo Cocciante ne hai sentito parlare?
Sinceramente non ho avuto modo di conoscere bene la sua musica, anche se ho avuto modo di incontrare lui in occasione di un concerto di Natale una decina di anni fa a Vienna con Placido Domingo. Cocciante è una persona stupenda, un solido professionista che fa bene il suo lavoro. Si è cimentato nel musical anche Elton John, con la sua Aida e mi sta bene, non mi disturba per niente, ma preferisco il musical di trenta o quarant’anni fa.
Tu hai inciso molti cd, non pensi che adesso si ascoltano dei prodotti un po’ troppo “falsificati”?
Questo è un argomento piuttosto complesso. Una volta le registrazioni erano effettuate dal vivo, sia l’orchestra che i cantanti, ma l’ascolto in sala dal vivo era superiore a qualsiasi registrazione. La registrazione aveva un valore di documento, perchè comunque l’ascolto dal vivo era nettamente superiore e non paragonabile l’uno con l’altro. Adesso fanno uscire i CD con un montaggio eccezionale, dove tutto viene manipolato e corretto, anche l’intonazione, ogni nota è perfetta; e così quando noi in teatro facciamo una nota un po’ calante o un attacco non esattissimo, la gente che ha l’orecchio viziato dai CD percepisce le imprecisioni.
...E ti ritrovi subito su YouTube…
Ah si! E’ pazzesco! Se ascoltiamo ad esempio la Cavalleria Rusticana diretta da Mascagni si sente l’oboe che stona, Beniamino Gigli che non è insieme all’orchestra e a altro. Ciò non toglie nulla all’alto valore musicale di quella interpretazione. L’opera va vissuta così, fatta così, con “le schifezze tecniche”, ma magari ci fossero i cantanti di allora! Se ci fossero i maestri che capiscono il fraseggio, come ha fatto Mascagni…o Toscanini nella famosa registrazione per NBC di New York: un Otello registrato dal vivo che è un capolavoro. Certo ci sono gli errori, come le entrate sporche e il montaggio non perfetto, ma come interpretazione è un modello di fedeltà. Per questo motivo anche i cantanti sul palco hanno paura di sbagliare, hanno paura di non essere perfetti e questo mi dà .fastidio. Anche i direttori hanno paura di lasciarsi andare, di lasciar cantare, di potersi esprimere. Sono attenti perchè magari un cantante “ scende in anticipo”o magari un puntino non è rispettato o ancora un pizzicato non è perfetto. L’obiettivo non può essere la perfezione, l’obiettivo deve essere quello di rendere la partitura reale.
Per un giovane compositore è più difficile oggigiorno emergere?
Oggi è più facile. Quando mi sono diplomato io nell’ottanta era il periodo in cui regnava dappertutto la musica dissonante e se uno era contro questa “moda” non faceva nulla. Io ho fatto strada a modo mio, ho scritto delle belle cose e mi piace ancora scrivere. Ho appena finito un’altra sinfonia in quattro movimenti di quarantadue minuti, il primo e il secondo sono stati registrati a Praga, il terzo in Ungheria e il quarto a New York a casa mia.
Raccontaci questo tuo lavoro..dal titolo?
A Grateful Tail. Da noi in inglese la parole Tail vuol dire due cose: tail come coda e tale come storia, perchè è una sinfonia dedicata ai cani, alla vita dei cani. Il terzo movimento che dura venti minuti è basato su un testo di uno scrittore americano molto famoso, il più importante dagli anni trenta agli anni cinquanta, Eugene O’Neill. Lui e la sua seconda moglie non avendo figli si erano affezionati ad un cane e quando questo all’età di dieci anni è morto la moglie era affranta ed espresse il desiderio di avere un’altro cane. O’Neill ha così scritto una piccola poesia non in versi ed è il racconto del testamento di un cane negli ultimi momenti di vita. È molto filosofico, talvolta buffo, profondo, interessante e divertente.
Come l’hai strutturata?
Il primo movimento, Sirio, è dedicato alla costellazione del cane maggiore. Sirio è la stella che seguono i naviganti ed io ho composto una danza per cuccioli. Il secondo, Let Sleeping Dogs Lie, lascia stare il cane che dorme pacificamente, perchè i cani dormono in un modo così profondo, mentre gli umani non ne sono capaci a causa dei loro problemi; pensiamo ai debiti, ai figli, ai problemi del mondo…alla politica. Questo movimento è un andante lirico e molto tranquillo. Il terzo movimento è appunto The Last Will and Testament dal testo di Eugene O’Neill. Le ultime frasi di questo movimento dicono: quando verrete a trovarmi sottoterra c’è qualcuno che anche in cielo vi ricorderà ed io vi ricorderò con affetto e dal cielo scodinzolerò. La gente su questa frase si commuove ed io su queste parole ho scritto la coda di chiusura. Questa coda è breve, ma non triste, noi americani diciamo “è come un funerale irlandese”, un finale felice, una danza come una Samba usando un coro Gospel, che è un modo americano di cantare, è come un grido di gioia liberatorio. Il quarto movimento è scritto per un attore che canta, non un cantante che recita. La tessitura è media e non dovrà usare la voce impostata, ma sarà amplificato e libero con” rubato” sul testo. E’ un finale commovente…. Ah, dimenticavo! Su uno schermo verranno anche proiettati i celebri cani del cinema: RinTintin, Lassie, Beethoven, ecc. Ovviamente anche io ho un cane: Ava.
Quando sarà eseguito questo lavoro?
Della sinfonia “A Grateful Tail” abbiamo fatto una registrazione la scorsa prima primavera. Uscirà il cd nel maggio-giugno 2013. Il 3 luglio ci sarà la prima esecuzione, Praga. Quindi sarà esguita negli Stati Uniti, in concerti all’aperto a Philadelphia, Washington DC, San Franscisco, e speriamo a NYC per potere registrare il concerto per la TV. La mia sinfonia sara la seconda parte del programma..La prima parte ci saranno altri pezzi collo stesso tema…ossia il cane! Gershwin: Walking the Dog, Stephen Foster: Old Dog Tray etc… E…. Siccome sono concerti all’aperto, ovviamente sarà gradita la presenza di cani!!! A Praga sarà un concerto “classico” alla Smetena Hall, con brani di Beethoven nella prima parte, e il mio nella seconda… È venuto a casa mia F.Murray Abraham (il celebre Salieri di Amadeus). E’ impazzito per la parte recitata e lo vuole fare a tutti i costi, anche lui aveva un cane e quando ha letto il testo si è commosso. Ha imparato la parte a memoria, già alla prima prova con il pianista. Mi ha chiesto “Ho cantato bene?”. Oh, Sì, più che bene!…Un vero…”cane”!
Come ti senti alla fine di un lavoro di composizione, sei mentalmente stanco?
Sì, ma non perché si ha paura nel creare qualcosa che non esiste. Quando dico alle persone “ ah, sto scrivendo qualcosa di musicale”, mi dicono che sono matto. Quando si crea qualcosa di nuovo bisogna sempre chiedersi se funzionerà, se è concreto, ma soprattutto se riuscirà ad emozionare….