“L’EXTASE” Composizioni da camera su testi di autori francesi di Francesco Paolo Tosti, William Matteuzzi, tenore; Ayako Kotani, pianoforte. 1 cd Bongiovanni – GB2562-2 Questo cd, frutto di un lungo lavoro di ricerca sviluppato dal tenore William Matteuzzi, è stato pubblicato recentemente da Bongiovanni ed è dedicato alla produzione francese di Francesco Paolo Tosti, meno nota al grande pubblico ed in gran parte inedita dal punto di vista discografico ma degna del massimo interesse per la finezza della scrittura, la varietà dei generi di scrittura musicale in voga all’epoca rappresentati ed il prestigio indiscutibile dei nomi degli autori dei testi poetici. Attraverso ventisette brani scelti ed ordinati con cura e in modo da rendere l’ascolto sempre vario e piacevole, questa nuova proposta discografica ci conduce nel mondo della musica francese esplorato e restituito dalla sensibilità e la versatilità di Tosti attraverso i vari generi della romance, della mélodie o della chanson su testi ora seri ora divertenti, lirici o sentimentali di Victor Hugo, Théophile Gautier, Paul Verlaine, Alfred de Musset ed altri ancora eseguiti dal tenore William Matteuzzi accompagnato al pianoforte da Ayako Kotani.
Matteuzzi conduce l’ascoltatore in questo percorso di riscoperta con la sua raffinata musicalità trovando una linea di canto sempre sorvegliatissima, essenziale nella struttura come un tratto di lapis ma pure capace di improvvisi chiaroscuri e sfumature che rievocano, in altro ambito artistico, le immagini della pittura di Michetti contemporaneo ed amico di Tosti. Il clima del salotto viene sapientemente ricreato dalla sua abilità di narrare i testi con una particolare cura della parola poetica ed una ottima pronuncia del francese, mantenendo sempre un tono partecipe si, ma in fondo ammiccante, come di chi voglia intrattenere e far divertire i propri ospiti guidandoli simpaticamente alla scoperta di un mondo certamente passato ma che ancora ama e che, qua e la, sa bene essere foriero di emozioni inaspettate. Lo accompagna validamente in questo percorso la pianista Ayako Kotani. Discreta anche se non uniforme la qualità del suono della registrazione e molto utile il libretto di accompagnamento con un interessante saggio introduttivo e finalmente la traduzione in altre lingue che non siano l’inglese dei testi poetici, elemento indispensabile per accostarsi a questo repertorio e che impreziosisce e facilita la fruizione e la possibilità di divulgazione di questa novità discografica che ha il merito di colmare una importante lacuna nella conoscenza del lunghissimo catalogo delle composizioni da camera di Tosti.
Incontriamo William Matteuzzi in occasione dell’uscita di questo suo cd, il quale accetta di rispondere ad alcune nostre domande con il suo consueto stile gradevole e diretto, proponendo interessanti spunti di riflessione su Francesco Paolo Tosti e più in generale sull’interpretazione musicale e la prassi esecutiva.
“Che effetto fa ad un artista di grande esperienza di palcoscenico e discografica tornare in sala di incisione a distanza di tempo? ”
La sala di registrazione è un luogo di croci e delizie; il prevalere di una di queste due condizioni dipende molto dagli obiettivi che ci si è prefissi e cambia molto da giornata a giornata. A volte ci si esalta nel constatare che emozioni che avevi immaginato prendono corpo in misura anche superiore alle tue aspettative e realizzazione, la creazione, prende una piega autonoma e indipendente dalla la tua idea originale regalando belle quanto inaspettate sorprese. Viceversa può risultare alquanto frustrante il non riuscire a dar vita a quell’equilibrio tra musica-testo e timbriche vocali che nel tuo immaginario si era consolidato come “il risultato” da raggiungere. Può accadere che la voce in quel determinato giorno non desideri collaborare alla realizzazione delle tue ambizioni o che la scelta del tempo contraddica il prodotto intimamente immaginato oppure che non riesca a dare sufficiente rilievo agli accenti tonici e alla punteggiatura addirittura che si creda di aver raggiunto un soddisfacente prodotto ma risentendo il materiale ci si accorge di alcune inesattezze della pronuncia ( quando non ti esprimi nel tuo idioma naturale è possibile) da rifare con relativo abbattimento. Va aggiunto che quando non si è più in attività costante da parecchio tempo il nostro pretendere che la voce ti segua con facilità dopo che è in dormitorio da un lustro, complica ulteriormente le cose. “Avevi già eseguito ed inciso con successo in anni passati diverse arie di Tosti. Che cosa ti ha spinto a distanza di tempo a ricercare ancora questo autore in ambito francese e soprattutto che relazione c’è, se ve ne è una, tra questa lettura che hai offerto e per esempio il barocco e le ultime opere di Monteverdi da te incise?”
Ho sempre avuto poca curiosità per il trito e ritrito a meno di non servirlo in chiave innovativa che a volte può voler dire semplicemente prendere molto sul serio ciò che sta scritto. Di conseguenza nel primo Tosti inciso circa venti anni fa avevo cercato di realizzare un “repertorio fuori repertorio”. Questa volta la mia curiosità è stata stimolata dallo scoprire ulteriormente quanto ampia sia la produzione tostiana; nella fattispecie mi sono reso conto sfogliando la musica per passatempo che Tosti presenta molte facce sconosciute e soprattutto che la sua produzione è ben più varia ed innovativa di ciò che l’abitudine interpretativa ci tramanda. Per esempio trovo che nel Tosti inglese si colga a tratti uno stile anticipatore di ciò che saranno quelle melodie di certi musicals di alcuni decenni posteriori e di alcune canzoni del periodo dorato di Hollywood. Sarà un caso? In alcune arie del repertorio francese si percepisce un sapore tipico della chanson francese, alcuni climi musicali da “bordo Senna” simili ad alcune interpretazioni di Trenet, Montand e soprattutto della Piaf. Sarà anche questo un caso? Ovviamente non sono né un cultore né un esperto del genere e la mia è un’impressione istintiva ma ritengo che varrebbe la pena che qualche ricercatore tracciasse un interessante parallelo anche per verificare chi ha lanciato i primi semi, chi li ha raccolti e chi li ha fatti germogliare. Mi chiede se c’è relazione tra questo cd e le mie interpretazioni monteverdiane. Beh credo che buon gusto e senso dello stile siano comuni a tute le cose ben fatte. È comunque vero che l’esperienza in vari generi può dare l’opportunità di affievolire alcuni confini interpretativi offrendo la possibilità di usare qualsiasi mezzo espressivo per conseguire un risultato di impatto cromatico. Ecco: in questo caso avrebbe ragione Machiavelli!
“Sembra di cogliere nel tuo modo molto personale ed originale di proporre questi brani una chiara ispirazione alle immagini della pittura dell’epoca. L’esperienza e la sensibilità creativa di tuo padre, apprezzato pittore recentemente scomparso, hanno in qualche modo animato la tua ispirazione o ti sei lasciato guidare soltanto dal segno musicale e dalla parola poetica? ”
Mi fa molto piacere che tu dica che la mia ricerca di particolari espressivi “ voce-testo- musica” rimandino con la fantasia ad immagini pittoriche; di sicuro c’è che mio padre è stata la figura più importante della mia vita, artistica e non. Uno sprone indispensabile alla riuscita di una carriera non facile né scontata. Per descrivere la figura di Arvedo Matteuzzi ci vorrebbe un libro intero perché è di pochi il nascere nella più totale miseria e nella più totale non conoscenza data la carentissima istruzione ma con una spina dorsale solidissima di volontà, moralità e onestà pari a quelle di suo padre, nonno Aldo. E di lì aprirsi a forgiare il proprio cervello ed il proprio carattere fantasioso ed anche un po’ infantile fino a cogliere frutti inaspettati e, nel caso della pittura, parecchio tardivi tenendo conto che si è trattato di un’avventura cominciata alla tenera età di 76 anni. Purtroppo è mancato improvvisamente nel maggio 2011 ma ha fatto in tempo ad ascoltare quattro brani di questo Cd e ad apprezzarli. Mi manca moltissimo.
Quale criterio hai adottato nella scelta dei brani proposti?
Curiosando nella sterminata produzione di Tosti mi sono accorto che alcuni brani erano meno tipicamente “tostiani” di ciò che il mercato ci aveva proposto sinora e in quelli francesi, molto stimolato dai testi, ho cercato un filo conduttore che è antico come il mondo cioè l’Amore che era secondo me ben sviscerato, cogliendo molte sfumature e prendendo forme diverse dall’estasi del novizio all’amore per la donna della vita, toccando la passione, sfoggiando una perla di saggezza o filosofia popolare, irrompendo nella gelosia e nella rabbia e culminando in un erotismo un po’ ironico. Ora non so se tutto questo che io ho visto sia esattamente lì ma a me è parso di cogliere tutti questi spunti e dato che non mi pareva che altri interpreti si fossero interessati a queste pagine mi sono armato di pazienza e volontà e sono partito per la realizzazione di questo prodotto.
“Un suggerimento per chi voglia accostarsi a questo repertorio da ascoltatore o da interprete”…
Il problema dell’interprete è di riuscire a vedere il testo poetico-musicale con un occhio nuovo, non condizionato dall’abitudine e soprattutto con un pizzico di coraggio. L’ascoltatore a sua volta può essere vittima dello stesso stereotipo e affezionato a prodotti tutti un po’ simili e poco approfonditi. Spesso Tosti è stato trattato da riempitivo di recitals e i brani che hanno vagato nel panorama dell’offerta musicale sono stati quasi sempre gli stessi e interpretati un po’ troppo alla “ piezz’ ‘e core” senza porsi troppe domande e facendolo apparire esageratamente nazional-popolare. Insomma, un interprete facilone può svilire anche Schubert o Rachmaninov. L’esperienza teatrale mi ha aperto gli occhi su certe verità e mi ha reso parecchio scettico. Mi fu insegnato che i filologi hanno sempre la visione corretta e la conoscenza più profonda. Poi vidi che a seconda della latitudine, del teatro, del direttore d’orchestra e a volte anche del regista se particolarmente famoso, ciò che qui era considerato di alta qualità, la era scadente! A nord la cadenza era geniale ma a sud o a est era una caccola! Ma peggio di ciò era lavorare con lo stesso direttore che a seconda della piazza in cui si esibiva o della presenza o meno del tal critico piuttosto che del tale musicologo, ti costringeva a stravolgere il risultato che lui steso ti aveva imposto nella precedente produzione dello stesso spettacolo. Ora mi sembra che questa moda abbia invaso anche il mondo della musica antica con la conseguente confusione: se qui devi vibrare, là assolutamente non lo devi fare etc.!! poi spesso vai in teatro a sentire grandi produzioni di recitar cantando piene di prassi esecutiva ma nelle quali non capisci quasi neanche una parola. Trovo parecchio scandaloso l’andare a teatro in Italia a vedere per esempio una produzione monteverdiana con cast italiano e dover essere costretto a leggere i sopratitoli per comprendere il testo. Che razza di recitar cantando è se invece di percepire la storia dell’opera mi arrivano solo messe di voce magari finissime e gorgie infuocate??
Soprattutto i giovano sono molto confusi e fanno continue domande per sapere qual è la via tecnico-stilistica da seguire. Tuttavia è veramente complicato dare delle risposte che poi non vengano smentite dal mercato selvaggio. Per ciò che mi riguarda, continuo a pensare che gli ingredienti indispensabili siano sempre quelli classici: legato, intonazione, dinamiche, morbidezza, maschera e… pronuncia, pronuncia, pronuncia. Poi ovviamente alla base di tutto ci deve essere il talento che non ti regala nessuno ma che è il lievito necessario per realizzare la ricetta del buon professionista!!