Pisa, Teatro Verdi – Stagione lirica 2012/2013
“OTELLO”
Dramma lirico in quattro atti, libretto di Arrigo Boito
Musica di Giuseppe Verdi
Otello ANTONELLO PALOMBI
Desdemona OLGA ROMANKO
Jago SERGIO BOLOGNA
Cassio CRISTIANO OLIVIERI
Roderigo ANGELO FIORE
Lodovico EMANUELE CORDARO
Montano JUAN JOSÉ NAVARRO
Emilia VALERIA SEPE
Un araldo ANDREA PAOLUCCI
Orchestra Arché
Maestro concertatore e direttore d’orchestra Claudio Maria Micheli
Coro del Festival Puccini
Maestro del Coro Leonardo Andreotti
Regia e scene Enrico Stinchelli
Costumi Latina Opera Events e Atelier Il Sipario
CostumistiTiziana Guitarrini e Gerardo Cerca
Disegno luci Gerald Agius Ordway
Imperfect Dancers Company
Coreografo Walter Matteini
Produzione del Teatro di Pisa, in collaborazione con Latina Opera Events
Pisa, 10 febbraio 2013
Il Teatro Verdi di Pisa apre le celebrazioni del bicentenario verdiano con un capolavoro della piena maturità, Otello, titolo col quale il cigno di Busseto torna alla ribalta dell’opera dopo sedici anni di silenzio (era il 1887) e al suo amato Shakespeare (a cui sono da affiancare Macbeth, del 1847, Falstaff, del 1893, e il progetto di un Re Lear mai realizzato).
Era il 1894 quando sotto la guida di Arturo Toscanini l’Otello verdiano stregò il pubblico pisano per la prima volta, mentre l’ultima volta fu, invece, nel lontano 1967 con la direzione di Ermanno Wolf Ferrari.
Enrico Stinchelli lascia nuovamente la sua veste di conduttore radiofonico per vestire quella di regista curando, nel caso di questo allestimento, anche le scene.
L’impianto scenografico ha il pregio di essere piuttosto sobrio e allo stesso tempo, oltre che molto funzionale, anche di larga leggibilità. Bandite le orientaleggianti architetture veneziane, il poderoso carico di orpelli e i cambi scena, si opta in una scena unica e su una serie di efficienti proiezioni. Alla fissa pedana praticabile, munita di gradini e a forma di stella a cinque punte, fa da spalla un occhio sul quale vengono proiettate immagini (immancabile, tra le altre, il leone di Adria). Studiate e molto intelligenti le proiezioni, curate da Gerald Oldway, che propongono momenti di una nave in balia della onde (per la tempesta iniziale del primo atto) o il cielo stellato (per il duetto finale del primo atto) fino ad architetture moresche (si rammenti che il dramma è ambientato a Cipro) e l’immancabile icona di una Madonna col Bambino bizantineggiante nell’Ave Maria del quarto atto. Di grande impatto visivo soprattutto la scena iniziale e l’elegiaca scena terza del secondo atto con il coro del popolo cipriota, momento in cui i costumi, firmati da Tiziana Guitarrini e Gerardo Cerca, si intonano con il contesto in cui sono inseriti.
Nel rôle titre un Antonello Palombi tra alti e bassi si impone su tutti gli altri componenti del cast per un’inusitata imponenza sia teatrale che, e soprattutto, vocale. La voce, di colore scuro, è spesso molto generosa. Ben riuscito il celeberrimo banco di prova dell’“Esultate” che si contrappone al partecipato lirismo del duetto d’amore “Già nella notte densa”. Travolgente ed emozionante allo stesso tempo il suo personale lavoro di penetrazione della gelosia e del dubbio nella psiche del personaggio che è chiamato a impersonare. Purtroppo meno esaltanti risultano essere i numerosissimi passaggi in cui la voce viene meno e/o si fa non sostenuta nel più opportuno dei modi; soprattutto il terzo e quarto atto non riescono a trattenere l’interprete dalla tentazione di sfoggiare in una vocalità eccessivamente verista.
Un’epidemia di influenza costringe a letto gran parte dello staff impegnato a questa produzione non risparmiando alcuni elementi del cast. L’indisposta Cinzia Forte viene sostituita all’ultimo momento da Olga Romanko che giunge a Pisa in gran fretta dalla Finlandia prontamente contattata da Marcello Lippi, direttore artistico del Verdi. Nonostante la scarsità di tempo per poter dedicare alle prove soprattutto di regia con uno Stinchelli per di più anch’egli indisposto, il soprano moscovita si mostra decisamente all’altezza nel saper gestire una situazione estrema come quella appena esposta. I movimenti sono convincenti e composti anche nei momenti di maggior enfasi e per di più si rivelano essere anche una nota aggiunta alla brillante prova vocale. La Romanko, ormai apprezzata massimamente per i suoi ruoli verdiani, vanta infatti una voce che riesce ad esprimere l’animo nobile della Desdemona che interpreta. Ha buona emissione, che si fa salda negli acuti limpidi fino all’emozionante Canzone del Salce e la successiva Ave Maria.
Messo fuori gioco dall’influenza anche Carlo Guelfi, giunge a sostituirlo nel ruolo di Jago Sergio Bologna, baritono ormai habitué del tempio lirico pisano. A dispetto delle belle e convincenti prove a cui s’ha avuto modo di assistere in passato, sicuramente complice la radicale scarsità di tempo di prove, il suo risulta essere un cimento piuttosto scialbo. Seppur convincente dal punto di vista scenico, l’interpretazione vocale è nel complesso sgraziata, quasi priva di colore, dal carattere fiacco e poco coinvolgente.
Valeria Sepe è una Emilia superlativa. Perfettamente all’unisono con tutti gli interpreti e con un ottimo uso della voce , dà prova di buona maturità artistica.
Cassio è un Cristiano Olivieri apprezzabile soprattutto vocalmente con il suo bellissimo e terso strumento tenorile che ben si coniuga con lo spirito della partitura interpretata.
Diligenti tutti gli altri: Angelo Fiore (Roderigo), Emanuele Cordaro (Lodovico), Juan José Navarro (Montano) e Andrea Paolucci (un araldo).
Claudio Maria Micheli interpreta un Otello carico di verve nonché molto ispirato sapendo estrapolare dalla giovane e lodabile Orchestra Arché tutta la gamma cromatica di cui una composizione come questa è carica. Purtroppo più direttore d’orchestra che maestro concertatore non riesce pienamente a gestire gli eccessi veristi di Palombi con un’orchestra sempre vibrante del più schietto spirito musicale verdiano col risultato di una disarmonia tra golfo mistico e scena.
Il Coro del Festival Puccini preparato da Leonardo Andreotti, seppur anch’esso decimato dall’influenza stagionale, ha offerto una prova complessivamente convincente.
Piuttosto piacevoli gli interventi della Imperfect Dancers Company che vanta le coreografie di Walter Matteini.
Una nota di demerito questa volta va al pubblico pisano che, lasciatosi travolgere dalle emozioni e dalla musica verdiana, troppo spesso ha applaudito nei momenti meno opportuni o ancor prima della fine dell’esecuzione musicale tra un atto e l’altro: un piccolo neo che comunque testimonia l’attaccamento della cittadinanza al proprio Teatro. Anche in quest’occasione è stato raggiunto il tutto esaurito: quasi un caso unico in Italia. Al Teatro Verdi la crisi viene affrontata con un cartellone di impressionante ricchezza e altamente variegato, a riprova che la cultura è ancora un valore su cui credere e dover investire e che una sana gestione porta a buoni risultati. Foto Massimo D’Amato