Opéra di Toulon:”Les dialogues des Carmélites”

Opéra di Toulon, Stagione Lirica 2012/2013
“LES DIALOGUES DES CARMELITES”
Opera in tre atti e dodici quadri, dal dramma omonimo di Georges Bernanos
Libretto e musica di Francis Poulenc
Blanche de la Force  ERMONELA JAHO
Madame de Croissi NADINE DENIZE
Le Marquis de la Force LAURENT ALVARO
Le chevalier de la Force STANISLAS DE BARBEYRAC
Madame Lidoine  ANGELES BLANCAS
L’Aumônier  OLIVIER DUMAIT
Constance de Saint-Denis   VIRGINIE POCHON
Mère Marie de l’incarnation  SOPHIE FOURNIER
Le premier commissaire THOMAS MORRIS
Le second commissaire/Un officier/Le geôlier  PHILIPPE ERMELIER
Docteur Javelinot JEAN-FRANCOIS VERDOUX
Thierry THIERRY HANIER
Mère Jeanne  SYLVIA GIGLIOTTI
Soeur Mathilde  ROSEMUNDE BRUNO LA ROTONDA
Orchestra e Coro dell’Opéra de Toulon
Direttore Serge Baudo
Regia e Scene  Jean-Philippe Clarac e Olivier Deloeuil
Costumi Thibaut Welchin
Luci  Rick Martin
Toulon, 27 gennaio 2013

Per celebrare il cinquantesimo anniversario della morte di Francis Poulenc l’Opera di Toulon ha scelto di rappresentare ”Les dialogues des des carmelites”(1957).Poulenc fece parte del gruppo dei sei apportando un contributo originale alla poetica neoclassica che si stava sviluppando a Parigi, ma mantenendo sempre un proprio stile estraneo alle contemporanee ricerche linguistiche delle avanguardie. Le sue composizioni traducono con ironia le atmosfere impressioniste e variano dalle liriche per canto e pianoforte consapevolmente frivole , alle composizioni di tema religioso come la messa per coro misto, passando per l’opera buffa “Les mamelles de Tiresias”. Il critico Claude Rostand dirà di lui “Poulenc è così bene un monaco che un voyeur”. Si fece conoscere componendo nel 1917 la “Rapsodie Nègre” che gli chiuderà le porte del conservatorio. Amava accompagnare lui stesso al pianoforte i suoi interpreti feticcio come il baritono Pierre Bernac o il soprano Denise Duval e scelse di musicare gli scritti dei scrittori d’avanguardia tali: Max Jacob, Jean Cocteau, Luis Aragon. La morte di un amico lo fece riavvicinare al cattolicesimo e nacque in lui l’interesse per lo scritto di Georges Bernanos “Les dialogues des carmelites”, che ha come soggetto la paura della morte.  Ne comporrà un’opera che pur vedendo la luce nello stesso anno in cui Pierre Boulez compose “Le marteau sans maître”, mantiene una scrittura tonale ma rinnovata nell’uso di accordi stridenti. La scrittura vocale di quest’opera, pressoché tutta per voci femminili è spesso scritta in una tessitura alta e tesa, la melodia è più spesso interpretata dall’orchestra che cantata.
La direzione d’orchestra è affidata al M° Serge Baudo ed è stata una  scelta molto intelligente. Baudo che ha avuto modo di conoscere e frequentare Poulenc è più che mai il testimone della musica di  un’epoca che ben conosce. Tutti i sentimenti e le atmosfere si delineano su un’orchestrazione concepita per trasportare lo spettatore in un ambito fatto di insicurezze e di dubbi. Il Maestro ha diretto l’orchestra con grande leggerezza, con gesti ampi o ridotti ha assecondato le sfumature che cambiano con la rapidità del pensiero. Fin dagli accordi iniziali, alle note tenute, passando per i “glissandi” delle arpe e le note stridenti e acutissime degli strumenti a corda l’orchestra ha sempre avuto la morbidezza necessaria per esprimere in modo quasi ondeggiante un’atmosfera netta delineata dalle diversità timbriche degli strumenti. Gli accordi sul tempo fanno pensare al destino ineluttabile verso la ghigliottina, a quella lama che cade crudelmente su ogni suora. Una prova veramente emozionante da parte dell’orchestra. La regia di Jean-Philippe Clarec e Olivier Deloeuil, al contrario, non sortisce lo stesso effetto. Nulla per l’inquietudine che dovrebbe arrivare dalla folla nell’esterno del convento, nulla nemmeno nel finale dell’opera che è momento di grande dolore. Il coro che dovrebbe rappresentare le masse e quindi creare uno stato di agitazione è confinato dietro le quinte togliendo ogni effetto, le suore che allineate cantano il “Salve Regina” trasalendo come per una scossa elettrica al cadere della ghigliottina, si girano e ad una ad una  di spalle si allontanano. Una visione fredda che si allontana dall’emozione che evoca la musica. Solo la morte di Madame de Croissy è ben costruita, anche se priva di realismo, è una scena che rimane impressa come un grande punto interrogativo.
La scenografia minimalista vede l’utilizzo di pochissimi elementi: un divanetto Luigi XVI e un ritratto rappresentano la casa de La Force, dei pannelli bianchi su fondo nero sono il convento, le luci sono pallidissime e fredde come gli accordi che contribuiscono ai cambi di atmosfera. La cella della prima Priora ci mostra solo il letto  nel quale è morente. Il  crocefisso sul palcoscenico è fatto di sassi è assolutamente banale. Tutto sembra essere concepito in grande economia di mezzi, l’unica nota nuova è il ritratto di santa Teresa e il video in bianco e nero che riporta i volti delle carmelitane. Alquanto dozzinali anche i costumi, piuttosto incongrui sul piano storico.
Parliamo ora della parte vocale, partendo dalla lunga schiera di personaggi femminili. Nadine Denize ha dato  tutto il suo talento a servizio  del personaggio della vecchia priora del convento,  Madame de Croissy.  Questa grande signora della lirica francese  da diversi decenni applaudita sulle più importanti scene liriche è stata una interprete  ideale del ruolo. Non ci aspettiamo qui di ritrovare la vocalità delle opere di Wagner, non sarebbe nello stile dell’autore. La  Denize ha trovato la giusta intensità emotiva, che ha tradotto attraverso la solida tecnica vocale con grande morbidezza vocale e acuti ancora sicuri. Ermonela Jaho (Blanche de la Force), non è dotata di una voce particolarmente bella, il registro acuto piuttosto teso, l’emissione non sempre a fuoco e un fraseggio poco fluido. Questi limiti sono almeno compensati da una interpretazione molto intensa che ha fatto emergere le fragilità e i tormenti del suo  personaggio. Sophie Fournier ha cantato con molta musicalità il ruolo di Madre Marie de l’Incarnation. La sua voce mezzosopranile è piuttosto fragile nel registro medio e tesa negli acuti, ma la corretta dizione le permette  un’emissione pulita e nitida. La sua resa del personaggio è parsa un po’ rigida, ma comunque credibile. Angeles Blancas è una Madame Lidoine o nuova Priora  vocalmente caratterizzata da un registro acuto piuttosto metallico. La voce nel medio migliora arrotondandosi dove la morbidezza le permette di esprimersi con musicalità diventando più melodiosa. Virginie Pochon  ha interpretato Suor Costance con ingenuità e purezza mettendo un po’ di luce in quest’opera così cupa. Vocalmente e scenicamente a proprio agio, ha colpito  per la freschezza della voce ed una recitazione ricca in sfumature. É prorio “la soubrette di Dio” come desiderava il compositore per questo ruolo.
Tra le voci maschili, ha spiccato il tenore Stanislas de Barbeyrac ( Chevalier de La Force) che ha  confermato ottime  capacità vocali e sceniche. La voce correttamente impostata è risuonata in ogni registro e la dizione  perfetta gli ha permesso una buona emissione.  Hanno completato validamente il cast: Sylvia Gigliotti (Mère Jeanne), Rosemunde Bruno La Rotonda (Soeur Mathilde), Laurent Alvaro (Le Marquis de La Force),Olivier Dumait (il cappellano), Thomas Morris (il primo commissario), Philippe Ermelier (secondo commissario), Jean-Francois Verdouc (Javelinot) e Thierry Hanier (Thierry). La parte visiva, piuttosto controversa, non ha comunque intaccato al successo finale dell’opera che ci ha portato molte emozioni, in gran parte dovute alla concertazione della partitura in perfetto stile francese. Foto © Yachar Valakdjie