Roma, Teatro dell’Opera, Stagione Lirica 2012-2013
“NOS” (Il Naso)
Opera in tre atti e un epilogo, libretto di Evgenij Zamjatin, Georgij Jònin, Aleksandr Préis e Dmitrij Šostakovič, tratto dalla novella di Nikolaj Gogol’
Musica di Dmitrij Šostakovič
Platon Kuz’mič Kovalĕv PAULO SZOT
Ivàn Jakovlevič, barbiere ALEXANDER TELIGA
Il commissario di polizia del quartiere ALEXEY SULIMOV
Ivan, lacché di Kovalĕv ANDREY POPOV
Il Naso LEONID BOMSTEIN
Pelagia Podtočina ELENA ZILIO
Sua figlia ELENA GALITSKAYA
Una vecchia dama nobile VALENTINA DI COLA
Praskov’ja Osipovna IRINA ALEXEENKO
Il funzionario della redazione di un giornale/Il Dottore/ secondo domestico/quinto uomo ALEXEY YAKIMOV
Un conoscente di Kovalĕv PAVEL DANILUK
La venditrice di ciambelle CHIARA PIERETTI
La Madre/Una dama elegante ERIKA PAGAN
Il Portiere/secondo poliziotto/primo uomo/quinto poliziotto/secondo uomo VLADIMIR REUTOV
Secondo conoscente di Kovalĕv PATRIZIO SAUDELLI
Settimo poliziotto/terzo uomo PIETRO PICONE
Ottavo poliziotto/settimo uomo STEFANO CONSOLINI
Nono poliziotto/un uomo anziano MIROSLAV CHRISTOFF
Primo figlio/Jarižkin MAXIM SAZHIN
Pĕtr Fĕdorovič/Un colonnello benemerito/primo domestico/
primo poliziotto/quarto uomo SAVERIO FIORE
Terzo conoscente di Kovalĕv ILHAM NAZAROV
Terzo domestico/quarto poliziotto/uno speculatore ANDREY BORISENKO
Quarto domestico/sesto poliziotto BAURZHAN ANDERZHANOV
Quinto domestico/decimo poliziotto/secondo nuovo venuto VALERI TURMANOV
Sesto domestico/Padre FRANCESCO MUSINU
Settimo domestico/Il cocchiere della diligenza/sesto uomo RUSLAN ROZYEV
Ottavo domestico/secondo figlio CESAR BELLO
Un cocchiere/una guardia/Ivàn Ivànovič MIKHAIL KOROBEYNIKOV
Il lacché della Contessa/Il poliziotto del giardino d’estate/L’Aiduca/terzo poliziotto DARIO CIOTOLI
Il poliziotto del giardino d’estate THOMAS FORDE
Ottavo uomo/primo nuovo venuto ANTONIO LOZANO MORA
Due eunuchi LEONID BOMSTEIN, ALEXEY SULIMOV
Due Dandies MAURIZIO ROSSI, ANTONIO TASCHINI
I due figli della dama elegante MARCO SEVERIN, NYAMDORI ENKHBAT
Otto studenti FABRIZIO MENOTTA, MAURIZIO SCAVONE, DANIELE MASSIMI, FRANCESCO LUCCIONI, REFAT LLHESI, FRANCESCO GIANNELLI, FRANCESCO BOVINO, FABIO TINALLI, ELENA GALITSKAYA, ADRIANO SALERI
Un conoscente/accompagnatore ANDRIY MASLONKIN
Un’accompagnatrice LIDIYA LIBERMAN
Un conoscente/un viaggiatore CESARE RUTA
Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera di Roma
Direttore Alejo Perez
Maestro del Coro Roberto Gabbiani
Regia Peter Stein
Scene Ferdinand Wögerbauer
Costumi Anna Maria Heinreich
Coreografia Lia Tsolaki
Luci Joachim Bart
Allestimento dell’Opera di Zurigo
Roma, 2 febbraio 2013
Serata elettrizzante al Teatro dell’Opera di Roma per il secondo spettacolo della stagione 2012-2013, “Il Naso” di Dmitrij Šostakovič, rappresentato solo una volta nel lontano 1967, sul palcoscenico capitolino. Il teatro, nonostante il titolo fosse praticamente sconosciuto al pubblico romano, era discretamente pieno e, cosa singolare per il Teatro dell’Opera di Roma, l’età media era leggermente più bassa del solito. Forse il titolo di avanguardia sperimentale degli anni Trenta del Novecento ha attratto qualche giovane appassionato in più rispetto agli spettacoli tradizionali. “Il Naso” è un’opera modernissima, avveniristica e rappresenta forse la punta più estrema dello sconfinamento nell’atonalità e nell’espressionismo del compositore. Opera di difficile esecuzione, per la complessità dell’ordito orchestrale, per lo sterminato numero di personaggi e per la realizzazione scenica che vede un susseguirsi ininterrotto di quadri, molto vicina ad un modello cinematografico, “Il Naso” ha avuto una sorte molto più difficile rispetto all’altro grande capolavoro di Šostakovič, “Lady Macbeth del Distretto di Mtsensk”. Entrambi i lavori sono stati “allontanati” dal regime sovietico: in particolare la “Lady Macbeth” ha subito l’anatema del Comitato per gli affari delle arti nel 1936 ed è stata bollata come “oscena cacofonia”, riproposta in patria solo negli anni Sessanta con il rifacimento più edulcorato “Katerina Izmailova” , mentre su “Il Naso”, in Russia, è caduto l’oblio fino al 1974, un anno prima della morte del compositore, quando è stato rappresentato a Mosca. Rispetto alla “Lady”, opera di una violenza inaudita, “Il Naso” è un lavoro più complesso, una satira graffiante contro il potere costituito, realizzata da un compositore poco più che ventenne, che in seguito sarà comunque membro del Soviet supremo!
Magnifica la messa in scena di Peter Stein, che, dopo il non felicissimo Macbeth inaugurale della scorsa stagione, è tornato a livelli veramente alti di espressione registica. Su un fondale fisso, l’apertura di riquadri, come tasselli di un racconto, ci propone una visione di taglio rapido, cinematografico, in cui i personaggi delle veloci scene ci appaiono come in dei flash. In più momenti ci sono analogie con qualche allestimento di “Wozzeck” di Alban Berg, cui il lavoro di Šostakovič è accomunato dalla drammaturgia che si evolve in scene sequenza con rapide dissolvenze ma anche dal punto di vista musicale modello per il giovane compositore russo, nella creazione di un lavoro dove musica e parole sono strettamente legate su una fortissima componente espressionista. L’allestimento, proveniente da Zurigo, ha una notevole valenza pittorica con richiami piuttosto evidenti al futurismo russo, come nella rappresentazione del sole come ruota di un ingranaggio, o nelle prospettive sghembe che raffigurano la periferia di San Pietroburgo. La critica al regime, mascherata, ma non troppo, presente nella partitura viene resa magistralmente dalla regia di Stein in più punti dell’opera, dalla ottusità della polizia, mostrata con ufficiali altissimi, di vocalità inarrivabile nel registro acuto, allo schiacciamento del popolo da parte degli ingranaggi di potere, al cui interno si trova un uomo solo costretto a ruotare indefinitamente. O anche nella stupida creduloneria del popolo che crede di intravedere il Naso dappertutto anche nella scena, bellissima, del Giardino d’estate dove l’isteria di massa, coadiuvata dall’intervento di un dignitario con la sua corte di eunuchi, viene bloccata dalla carica dei pompieri. Molto suggestiva anche la realizzazione della scena della Cattedrale di Kazan: l’apparizione nel nulla, al buio, di figure con dei ceri in mano viene seguita dalla comparsa del fondale raffigurante le cupole del luogo sacro in una mistica rappresentazione di una celebrazione liturgica ortodossa dove il Naso in veste di Consigliere di Stato prega ferventemente.
Le scene, realizzate da Ferdinand Wögerbauer, sono apparse funzionali e perfettamente aderenti al testo, affascinanti nei loro richiami all’astrattismo di Malevic e in taluni momenti anche a Kandiskij. I costumi, di Anna Maria Heinreich, sono molto colorati, in sintonia con le scene, contribuendo a completare il quadro pittorico d’insieme, molto elegante il modo di raffigurare il Naso Consigliere di stato con un costume bianco e nero fortemente incisivo. Le luci, curate da Joachim Bart hanno contribuito in modo peculiare alla riuscita dello spettacolo con suggestive improvvise variazioni di intensità e di colore. Anche la coreografa Lia Tsolaki ha partecipato egregiamente alla serata intervenendo in particolare negli interludi dove è riuscita a creare un effetto di piacevole movimento: molto efficace l’azione nel primo interludio con quel richiamo alle rincorse di malcapitati da parte dei poliziotti con manganello sulla scia dei vecchi film muti. La parte musicale dello spettacolo è stata praticamente perfetta in tutte le sue componenti. Il giovane direttore d’orchestra argentino Alejo Perez ha guidato in maniera ineccepibile i complessi dell’Orchestra del Teatro dell’Opera, estraendo dalla difficilissima partitura delle sonorità molto complesse: nel ritmo forsennato degli interludi, affidati prevalentemente alle percussioni, negli squarci lirici che affiorano nel magma iridescente di una musica spesso ai confini della tonalità, come nella dolorosa presa di coscienza della perdita del naso da parte del suo proprietario. Oppure nell’infarcimento di sberleffi e bizzarrie, come nella reiterata onomatopeica del “naso” che si stacca continuamente dal volto del suo proprietario o nella violenza della polizia sulla giovane venditrice, di un dettaglio realistico quasi agghiacciante, che interrompe la poeticissima scena della partenza, in apertura del terzo atto.
Il Coro del Teatro dell’Opera di Roma, guidato da Roberto Gabbiani, ha offerto una prestazione di buon livello ed ha recitato in modo più convincente del solito, grazie alla guida di un regista di grande prestigio.
Impossibile tessere le lodi singolarmente di tutti gli interpreti per il numero altissimo degli stessi, comunque tutti di livello molto buono e funzionale allo spirito dell’opera. Per citare soltanto i principali occorre dire che il protagonista, il baritono brasiliano Paulo Szot, è un esperto del ruolo di Platon Kovalĕv, che ha già interpretato in altre occasioni: di bella presenza scenica, spigliato, è apparso dotato di un timbro molto gradevole e di un’emissione molto precisa. Molto simpatiche e valide anche le caratterizzazioni degli altri personaggi come il barbiere Ivan, interpretato da Alexander Meliga o del “Naso” Leonid Bomstein o ancora del servo di Kovalĕv, interpretato da Andrey Popov che ha eseguito una bella canzone con balalaika oppure ancora del commissario di polizia del quartiere, Alexey Sulimov, dalla vocalità iperacuta. Menzione a parte anche per la veterana Elena Zilio nei panni della generalessa Podtočina, per la figlia Elena Galitskaya, il presuntuoso Dottore di Alexey Yakimov che interpretava anche il Funzionario della redazione di un giornale e la vecchia dama di Valentina di Cola. Grande successo di pubblico alla fine dello spettacolo. Foto Luciano Romano