Sicuramente quella di Serge Baudo è una vita nella e per la musica. Nativo di Marsiglia, figlio d’arte (suo padre, Etienne, era oboista e nipote del violoncellista Paul Tortelier) Serge Baudo ha alle spalle una carriera musicale che lo ha visto agire in ambito strumentale ( pianista e percussionista), di compositore ( anche di colonne sonore, in particolare per il regista Louis Malle), di divulgatore musicale (da Hector Berlioz a Arthur Honneger, del quale ha inciso tutte le composizioni). Lo abbiamo incontrato in occasione delle rappresentazioni de Les dialogues de Carmelites a Toulon.
Gentile Maestro, lei ha iniziato la sua attività sicuramente in uno dei momenti più vivaci e ricchi della vita musicale in Francia. Ci racconta un po’ degli inizi della sua carriera artistica?
Sono sempre stato attratto dalla direzione d’orchestra, anche se ho fatto il mio debutto come pianista e percussionista in seno all’orchestra dell’Opéra di Parigi, dove sono rimasto per nove anni. Dal 1950 ho diretto i Concerti Contemporanei Studenti dove venivano eseguite le musiche dei compositori come: Maurice Jarre, Marius Constant, Charles Chaysne. Poi le cose vennero da sole, senza pensarci troppo. Jarre mi presentò a Jean Vilar, che mi propose di dirigere un concerto all’anno al Palais de Chaillot per un ciclo di concerti. Ho partecipato anche, ai concerti della “Società dei Concerti” di cui era direttore Andrè Cuytens, come pianista e percussionista e così ho potuto frequentare dei grandi direttori quali: Fürtwangler, Charles Münch,Bruno Walter, Carl Schuricht. Parallelemente ho costituito delle orchestre per registrare le musiche dei film di Joseph Kosma, grazie al quale mi sono introdotto nel mondo del cinema e ho incontrato Jean Renoir. In seguito mi hanno offerto di dirigere i concerti della “Jeunesse Musicales de France”, che in quel momento viveva un periodo di splendore. Fu però grazie a Gabriel Dussurget, fondatore del Festival di Aix en Provence,che la mia carriera prese slancio. Diressi “Il flauto magico “ di Mozart. Questo Festival aveva allora una tale reputazione che venivano a cantare i più grandi nomi della lirica. Diressi ad Aix fino al 1972.
Le cose si susseguirono velocemente: ricordo Praga, che rimane nel mio cuore. Diressi lì la prima volta nel 1959, fu poi una lunga collaborazione, per nove anni sono stato il direttore musicale dell’Orchestra Sinfonica “F.O.K.”, in seguito Georges Auric mi offerse la direzione permanente all’Opera di Parigi. Ebbi poi l’occasione di sostituire Herbert Von Karajan alla Scala di Milano dove partecipavo alla programmazione del “Pelleas et Melisande “ di Debussy. A Marsiglia dove stavo dirigendo “Tosca” mi offersero l’incarico come direttore dei “Concerts Classiques” in collaborazione con John Pritchard.
Le orchestre di quegli anni e quelle odierne…che differenze riscontra?
Il livello delle orchestre francesi era eccellente. Erano, e lo sono anche oggi, vivaci, brillanti, si arrivava rapidamente a una prima lettura musicale. Vi erano fior, fior di concertisti, ad esempio Jean-Pierre Rampal. Quello che mancava era la disciplina, l’attenzione e l’ascolto di ciascuno. C’era un po’ troppo di individualismo, oggi per fortuna no più.
Quali sono gli avvenimenti del passato o del presente che ricorda in modo particolare?
Sono moltissimi i ricodi! Adesso mi viene in mente un Così fan tutte di Mozart nel 1960 con artisti del calibro di Teresa Berganza, la Stich-Randall e Gabriel Bacquier. Un concerto con l’Orchestra di Parigi per la creazione della seconda sinfonia del compositore Henri Dutilleux. Il “Pelleas et Melisande” di Debussy nel 1968 al Festrival di Aix en Provence, ma più recentemente una grande festa data a Praga in onore dei miei ottant’anni nel corso della quale sono stato fatto cittadino onorario della città.
Se potesse tornare indietro ci sono delle scelte che non rifarebbe?
Come capita a ciascuno di noi ho avuto molte soddisfazioni e anche insuccessi. Credo che quando si sceglie una strada, quello che incontri sia nel bene o nel male, non lo puoi cambiare, ma trarne un insegniamento.
Negli anni della sua formazione quali sono le personalità che l’hanno influenzata?
Ho avuto la fortuna di avere dei buoni insegnanti. Anche l’incontro con il mio professore d’armonia Jean Gallan è stato determinante. Ho poi avuto l’opportunità di incontrare personalità grandissime come André Cuytens, Charles Münch, David Oïstrakh, Paul Tortelier e poi Henri Dutilleux, Louis Beydtz, Henri Tomasi, Olivier Messiaen, che mi hanno dato un’apertura verso la musica contemporanea. Dietrich Fischer-Dieskau, Samson François, Pascal Roger, per l’interpretazione e poi anche Arthur Honneger, Francis Poulenc.
Se non avesse incontrato questi artisti il suo percorso sarebbe stato diverso?
É difficile dirlo. Incontrare e lavorare con tali artisti ti eleva obbligatoriamente, è stata una grande fortuna. Mi hanno aiutato a diventare quello che sono.
La musica è sempre stata al primo posto nella sua vita?
Non poteva che essere così. Sono nato in una famiglia di musicisti, mio padre era professore di oboe al Conservatorio Nazionale Superiore di musica di Parigi e il violoncellista Paul Tortelier era mio zio, la musica la respiravo continuamente e seguire questa via, del tutto naturale.
In questo momento della sua carriera c’è un sogno musicale che le piacerebbe realizzare?
La domanda mi fa sorridere perchè nel mio cuore c’è da molto tempo un sogno ma che resterà tale: dirigere il Rosenkavalier di Richard Strauss. Irrealizzabile perchè non parlo tedesco. Ho diretto molta musica di Strauss, affascinante e di una straordinaria ricchezza armonica. Sono però convinto che, per dirigere in modo adeguato una sua opera, bisogna conoscere “intimamente” la lingua nella quale è cantata.
Lei predilige la musica sinfonica o quella operistica?
Il mio interesse è alto per entrambi questi generi. Devo però ammettere che l’opera genera delle sensazioni più intense perchè si crea un rapporto, oltre che con l’orchestra, anche con i cantanti. Dirigere un’opera è un’avventura , tutto può succedere, è una maratona che ti sfinisce, ma che poi ti rende enormemente felice!
Come è il suo approccio con i strumentisti dell’orchestra?
L’orchestra è come un individuo con una propria personalità e carattere, quindi bisogna avere una certa elasticità mentale e capacità psicologiche legate ad una rapidità nel giudizio, perché bisogna imporsi nei primi cinque minuti. Si devono evitare prove di forza, si deve destare nei musicisti l’interesse che porterà a uno scambio di energie.
C’è un’orchestra che occupa un posto di privilegio nel suo cuore?
Certo, quella con cui ho iniziato, penso all’orchestra della Radio di Stoccarda, così come quella della radio Néerlandaise Hilversum.
Lei ha anche fondato l’Orchestra di Parigi.
E’ stato uno dei momenti musicali più belli della mia vita. Nel 1970, dopo lo scioglimento della Società dei Concerti del Conservatorio, fondammo, con il forte contributo di Charles Munch, l’Orchestra di Parigi. Si è subito imposta come ” il fiore all’occhiello”delle orchestre francesi. Abbiamo avuto grandissimi concertisti. Ricordo che abbiamo eseguito per la prima assoluta a Aix-en-Provence del concerto per violoncello, composto per Mstislav Rostropovitch da Henri Dutilleux. Fu un evento musicale molto importante. Era un’epoca straordinaria per la musica in Francia. André Malraux, l’allora ministro della cultura, aiutato da Marcel Landowski, fondarono l’Orchestra Sinfonica di Lyon che diventerà, quando ne assunsi la direzione, la prima orchestra nazionale.
Cosa le ha donato di meraviglioso la vita come direttore d’orchestra?
Ho potuto concretizzare una passione. Il pianoforte mi faceva sentire incompleto. L’orchestra è uno strumento di una ricchezza incredibile, anche se a volte la vita come direttore è difficile, ma mi ha arricchito. Le emozioni, gli incontri, i viaggi, le orchestre e le diverse culture, tutto ciò è un regalo.
All’inizio la sua carriera l’ha affrontata come orchestrale….Pensa che sia valido come percorso verso la direzione?
Fare della musica è sempre appassionante. Personalmente provavo un senso di frustrazione, perchè il desiderio di dirigere era molto forte. Allo stesso tempo però non posso non ammettere che avere suonato sotto la guida di grandi direttori è stata una grande scuola.
Come vede l’avvenire per la musica in generale, e in particolare per l’opera?
Posso, ovviamente, parlare solo della Francia. Non sono molto ottimista. La qualità dell’insegnamento musicale si è abbasata di molto e l’orizzonte, per i giovani musicisti è quanto mai nebuloso. Si è assistito a un progressivo decadere dell’interesse da parte delle istituzioni nei confronti della cultura. Siamo alla deriva della musica. Nell’opera, la drammaturgia è sempre più frequentemente affidata a dei registi, che ignorano la musica. Così si è arrivati al “divorzio” tra la scena e l’autore.
Stemperiamo il pessimismo con una “nota ” divertente…si ricorda un episodio curioso che le è capitato?
Un aneddoto divertente che ricordo riguarda una riflessione fatta da una signora alla fine di un concerto. Sembrava inquieta e mi chiese se gli orchestrali che erano alla mia sinistra fossero pagati come quelli che erano alla mia destra.-“Certo”. Le risposi. “Allora maestro faccia attenzione perché quando lei si gira verso sinistra i musicisti di destra smettono di suonare!!!”. L’orchestra resta ancora un gran mistero per una parte del pubblico…. Forse è quello che rende attraente i concerti!.
Nel tempo i gusti del pubblico sono cambiati?
Sìcuramente. Non molti anni fa, autori come Brahms o Mozart non erano molto seguiti qui in Francia. La musica di Mahler, Bartok, o Sostakovic, totalmente ignorata. Incredibile, no?…Ma adesso si assiste al fenomeno contrario, ossia un eccesso intellettualistico che porta a una forma di snobismo verso la musica francese.
Cosa direbbe ad un giovane musicista che vorrebbe orientarsi verso una carriera di direttore d’orchestra?
Armarsi di pazienza. Non scoraggiarsi mai e continuare sempre a “bussare alle porte” per dimostrare il proprio talento.