Milano, Teatro alla Scala, Stagione lirica 2012/2013
“ROMĖO ET JULIETTE”
Sinfonia drammatica per soli, coro e orchestra op.17, libretto di Émile Deschamps, da Shakespeare.
Musica di Hector Berlioz
Coreografia Sasha Walts
Roméo HERVĖ MOREAU
Juliette AURĖLIE DUPONT
Le père Laurence MICK ZENI
Mezzosoprano EKATERINA SEMENCHUK
Tenore LEONARDO COLTELLAZZI
Basso NICOLAS CAVALLIER
Solisti, Corpo di ballo e orchestra del Teatro alla Scala
Direttore James Conlon
Maestro del Coro Bruno Casoni
Scene Pia Maier Schriever, Thomas Schenk, Sasha Waltz
Costumi Bernd Skodzig
Luci David Finn
Nuova produzione Teatro alla Scala, in coproduzione con Deutsche Oper Berlin e in collaborazione con Opéra National de Paris
Milano, 28 dicembre 2012
«Questo lavoro non è un’opera da concerto, né una cantata, ma una Sinfonia con cori. Anche se il canto figura sin dall’inizio, esso deve preparare l’animo dell’ascoltatore alle scene drammatiche in cui i sentimenti e le passioni sono espresse dall’orchestra. Ciò inoltre serve per introdurre un po alla volta nello sviluppo musicale le masse corali, la cui improvvisa apparizione potrebbe nuocere all’unità della composizione.»
Così Hector Berlioz scriveva nella Prefazione a “Roméo et Juliette” denominata come grande sinfonia drammatica per tre solisti (mezzosoprano, tenore, basso), coro e orchestra.
La sinfonia ebbe la prima esecuzione il 24 novembre 1839 a Parigi nella sala del Conservatorio e dirigeva Berlioz stesso. In sala erano presenti grandi personaggi della società parigina e soprattutto Richard Wagner. La composizione della sinfonia drammatica “Romeo e Giulietta” fu resa possibile dal generoso dono di 20.000 franchi di Niccolò Paganini al compositore. È nota l’ammirazione da parte di Paganini nei confronti di Berlioz nel quale vedeva l’erede di Beethoven. Berlioz quindi si mise subito all’opera nella scrittura del suo nuovo lavoro. Il compositore francese decise di pubblicare il suo lavoro solamente nel1847 dove aver effettuato alcuni tagli importanti.
In questo caso sul podio del Teatro alla Scala abbiamo ritrovato in gran forma il direttore d’orchestra statunitense James Conlon. La sua esecuzione infonde nuova vita al capolavoro di Berlioz. Ha fatto raggiungere all’orchestra della Scala pagine che toccano il capolavoro.
La coreografa tedesca Sasha Waltz, conosciuta stella del teatrodanza, è stata chiamata dal Teatro alla Scala per mettere in movimento la sfuggente musica di “Roméo et Juliette”. Impresa alla quale si erano già sottoposti grandissimi coreografi come ad esempio Maurice Béjart e Amedeo Amodio. Nelle recite inaugurali della nuova Stagione di balletto scaligero,questo allestimento ha come protagonisti le due étoiles che hanno dato vita al debutto della coreografia all’Opéra di Parigi e per le quali il balletto è stato creato. Aurélie Dupont ha ritrovato il suo partner Hervé Moreau: la coppia di artisti è stata protagonista anche della ripresa di Roméo et Juliette all’Opéra nel maggio scorso e trasmessa in più di 200 cinema in Italia e in Europa.
Questo allestimento non ha nulla a che fare con i “Romeo e Giulietta” tradizionali: nessun elemento oleografico, balconi, cripte, o riferimenti a alla città di Verona, nulla che ci possa ricondurre all’immaginario narrato da Shakespeare.
La Waltz, non a caso, si è accostata al lavoro di Berlioz che ha fortemente sintetizzato la vicenda dei due giovani amanti veronesi. nel suo linguaggio corporeo i temi presenti nella musica.
Berlioz creando una ”sinfonia drammatica” si è preso molte libertà, in primis quella di non seguire alla lettera il filo della storia. Questa scelta ha aiutato la creazione della coreografa. Nemmeno alla Waltz piace raccontare storie in modo meramente cronologico ed abbandona i dettagli della narrazione concentrandosi sull’essenziale.
Come Berlioz non ha utilizzato tutti i personaggi del dramma shakespeariano, la Walz è arrivata a conservare soltanto i tre principali ovvero Romeo, Giulietta e Padre Lorenzo. Se i primi due sono protagonisti naturali dello spettacolo, al terzo è affidato il difficile compito di raccogliere i fili della tragedia consumata, mostrare al popolo fino a che punto può arrivare la scelleratezza umana.
E proprio in questa scena Sacha Waltz crea danze in perfetta sintonia con il canto. Bravissimo ed elegante il primo ballerino Mick Zeni nel ruolo di Padre Lorenzo. Potente, presente e dal grande magnetismo in scena. Tutto il conflitto delle famiglie Capuleti e Montecchi – che in Shakespeare s’ incarna nei ruoli di Tebaldo e Mercuzio- è stato espresso da Berlioz attraverso la musica orchestrale e dalla Waltz in forme coreografiche di gruppo.
La Waltz considera la musica alla stregua di un partner su cui conta molto. Si percepisce chiaramente che i movimenti delle sue creazioni derivano anzitutto da una pulsione e da un ritmo del corpo. Per lei la musica nel momento della creazione non è la parte fondamentale del pezzo. Basti vedere il stupendo solo di Romeo interpretato da Hervé Moreau. Quasi cinque minuti senza musica in cui il disperato tentativo di Romeo di scalare una piattaforma rialzata al massimo, faceva percepire tutto lo strazio esistenziale del personaggio. In questa scena un liquido nero che cola dal piano verticale simboleggia il veleno-sonnifero con cui Giulietta finge la morte. Con quell’inchiostro, nel silenzio orchestrale, Moreau si sporca mani, viso, collo come se il tossico scorresse nel corpo di Romeo.
Hervé Moreau molto toccante in questo assolo ha convinto meno nel pas de deux con Giulietta, interpretato da Aurélie Dupont. Della ballerina francese si ammira la forza espressiva che la fa talvolta imporre sul suo partner in alcuni pas de deux. La Dupont è una Giulietta ideale: la grazia nei modi e la bellezza dei suoi sguardi la rendono appassionante e struggente.
In questa creazione di Sasha Waltz non credo che i protagonisti assoluti siano Romeo e Giulietta che spesso si ritrovano a fare da contorno alla composizione stessa. Il vero protagonista è il Corpo di ballo e la musica stessa di Berlioz. In questo spettacolo ci ritroviamo davanti a tutti i generi teatrali uniti fondamentalmente dalla musica, non esistono quindi protagonisti assoluti.
Il Corpo di ballo della Scala è stato eccezionale nel danzare per quasi un’ora e quarantacinque. La stessa coreografa ha dichiarato di esser rimasta pienamente soddisfatta del gruppo.
La ricerca di Sasha Waltz si basa sui movimenti organici, sull’esplorazione del suolo e sulle forme che attraversano il corpo. Questo tipo di ricerca s’inserisce pienamente nel panorama della danza contemporanea, pur senza dimenticare, in questo caso, di avere a che fare con una compagnia classica. Essa ha trovato il Corpo di ballo della Scala aperto al mondo della danza contemporanea. Da ricordare i bravi ed espressivi Christian Fagetti e Federico Fresi che per bravura tecnica e magnetismo personale spiccano in molte scene. Per quanto riguardo il canto abbiamo ritrovato la bellissima ed elegante voce del mezzosoprano Ekaterina Semenchuk che con un elegante e impegnativo abito di raso bianco, si muove con equilibrio e misura sulla scena. Lo scatenatissimo e bravo tenore, Leonardo Cortellazzi, anima anche coreograficamente la storia della fata Mab. Riesce pienamente nella sua aria di non di facile esecuzione e al termine della serata si è meritato un caloroso applauso. Il basso Nicolas Cavallier è magnifico nel recitativo e nell’aria di Padre Lorenzo. Il cantante, che ha voce scura e omogenea, fraseggia con precisione nei recitativi ed esprime una piacevole linea di canto. Cavallier non ha difficoltà nel presentarsi a torso nudo affiancato dal suo doppio interpretato dal ballerino Mick Zeni. Al testo cantato corrispondono dei gesti coreografici che il ballerino e il basso eseguono insieme. Cavallier anche per questo è stato acclamatissimo dal pubblico. Il Coro scaligero istruito splendidamente da Bruno Casoni, sfoggia ogni sorta di finezza vocale, è uno dei veri protagonisti della serata, impeccabile e ben disposto anche nelle semplici ma efficaci esecuzioni mimiche.
Le scene ideate da Pia Maier Schriever, Thomas Schenk e dalla stessa Waltz aiutano a incorniciare la coreografia e di stabilirne le linee guida. I tre hanno immaginato di simboleggiare il contrasto fra due famiglie con due piattaforme che muovendosi sul pavimento, pian piano si aprono, come una conchiglia, fino a formare un unico piano su tutta la profondità della scena. Il risultato è molto bello all’occhio dello spettatore. Sembra una scena che muti da sola e che sia essa stessa una performance a sé stante. Bernd Skodzig ha realizzato dei costumi che grazie ai materiali e ai colori (dal nero al bianco, e diverse sfumature del grigio e del beige) risultano di una dimensione atemporale e universale. Unica evidenza nei colori: neri per i Montecchi, bianco tendente al crema e all’oro per i Capuleti. Le autorità come Padre Lorenzo e il Principe di Verona indossano splendidi caffettani allacciati in vita e larghi copricapi che ricordano lo stile degli ebrei ortodossi dell’Europa Orientale. I tessuti giocano sulla fluidità e sulla rigidezza, sulla morbidezza e sullo spessore. In alcuni costumi del coro, le forme ricordano lo spirito delle culture indiane, asiatiche e del Rinascimento. Questo tipo di spettacolo è piaciuto moltissimo al pubblico di Milano che ha chiamato alla ribalda tutti gli artisti diverse volte. Qualche contestazione per Sasha Waltz…ma quale genio ha vita facile?