LA SCALA
La Scala: parola magica. Cos’è “La Scala”: è il teatro più importante del mondo. Cantare alla Scala costituisce un obiettivo che ogni cantante vorrebbe raggiungere, è una meta che affascina chiunque operi nel modo dello spettacolo. Un successo alla Scala è un successo nel mondo. La sua cassa di risonanza è molto grande nel bene e nel male, perché una stroncatura nella sala del Piermarini ti può marchiare a vita.
Ad esempio una tremenda sentenza, udita da chi scrive, a carico di un celeberrimo mezzo soprano che si esibiva in Carmen nei riguardi della quale un loggionista doc, venerato e venerabile, così si espresse: “Non vedo perché, da quando hanno inventato le lavatrici, si debbano usare ancora le lavandaie”.
Questa è “La Scala”, dove la nostra Gigliola ha fatto oltre cinquanta recite. Dove ha riscosso soltanto dei successi, dove ha disturbato tantissimo chi si credeva superiore e non poteva ammettere l’esistenza di una collega che evita il jet set, i salotti, i media. Però è brava e allora come si fa? Non se ne parla e si cerca di dimenticare quello che ha fatto. Se ne sono accorti in molti per fortuna, noi oggi. Ma è ancora poco! Ritorniamo subito a Gigliola, a quando ha ricevuto la notizia dal maestro Antonicelli, sovrintendente di Trieste.
«Ero emozionatissima. Telefonai a Bologna avvertendo mio marito della cosa e andai a Milano. Il teatro aveva prenotato una camera all’albergo Milan, dove morì Verdi e dove alloggiava anche la Callas, proprio al mio stesso piano. Fu il m° Antonino Votto a fare il mio nome, perché mi aveva sentito debuttante a Bologna, nel 1948, in Francesca da Rimini, dove facevo la parte di Samaritana. Evidentemente gli piacqui e seguì l’evoluzione della mia carriera e dei miei successi. Non starebbe a me dirlo, ma allora nella parte di Maddalena ero veramente brava. La Scala mi comunicò di restare in albergo ad aspettare, perché la Callas non aveva ancora deciso se cantare o no. Ricordo che era un sabato e la recita sarebbe stata il giorno dopo, al pomeriggio.
La domenica a mezzogiorno sento bussare alla porta e un signore mi comunica che la Callas non avrebbe cantato e di andare in teatro a provare i costumi. I costumi non mi andavano bene, ma riuscirono sistemarmi un bellissimo costume bianco. Incontrai il m° Votto che mi disse di stare tranquilla e di guardarlo e che lui non mi avrebbe mai abbandonato. Le ore passavano e mi chiedevo come avrei affrontato la Scala, ma non avevo paura. Ero stata accolta con grande fiducia e nessuno mi aveva spaventata.
Venne finalmente l’ora di cantare e cantai bene guidata amorevolmente dal grande Votto. Durante la recita mi accorsi che dietro le quinte c’era il comm. Meneghini, il marito della Callas, che mi seguì per tutta l’opera. Il pubblico non era stato avvisato e i “callasiani”, pronti a gettare i fiori, rimasero sorpresi e incuriositi. Nell’intervallo tra primo e secondo atto attaccarono un manifesto con il mio nome, poi dopo la romanza del terzo atto “La mamma morta”, il teatro è esploso e tutti quei fiori caddero sulla mia testa. Alla fine il m° Votto disse ai miei colleghi di portarmi fuori da sola a ricevere gli applausi, cosa che allora succedeva raramente.
«I giornali scrissero frasi esagerate come “E’ nata una nuova Callas”. Ma per l’amor del cielo, di Callas ce n’è stata una sola!». Seminascosto, dal fondo di un cassetto dove la Frazzoni tiene parte dei suoi preziosissimi cimeli, salta fuori un ritaglio di giornale, anonimo. C’è un titolo “Milano – Scala” e subito sotto “Andrea Chénier”. Vale la pena leggere quanto il redattore scrisse, non sembra di getto. Sono parole pensate che riportiamo integralmente.
“La prevista partenza di Del Monaco per il «Met» di New York, inderogabili impegni di Protti presso altro teatro ed una impreveduta indisposizione della Kallas, hanno fatto sì che le ultime repliche di Chénier assumessero il carattere di una nuova edizione. Dire che la precedente è stata assai migliorata dalla nuova e pressoché improvvisata edizione, è il meno che si possa dire, tenuto conto di alcuni importanti fattori.
Vien qui spontaneo chiedere (e quanti del pubblico se lo sono chiesto!): quali sono stati i criteri di indole artistica che hanno fatto preferire la signora Callas alla signora Frazzoni od il baritono Protti al Taddei nell’allestimento dei primi spettacoli in abbonamento? Gigliola Frazzoni deve quindi alla imponderabile che regola le cose della vita, il suo debutto alla Scala, mentre noi dobbiamo a lei la gioia di aver assistito ad uno dei più felici incontri dell’opera d’Arte con una interprete completa. La Frazzoni unisce alla bella voce una sensibilità d’Artista di rara suggestione. La sua parabola artistica è ancora nella fase ascendente ma la sua vocalità, il suo intuito interpretativo sono già ricchi di fascino e di espressività. Se nell’impeto drammatico la sua voce ha momenti veramente felici, nell’estasi lirica si piega a morbidezze che sono la precipua dote delle nostre più squisite cantatrici. E’ molto facile prevedere per questa bella e giovane artista una lunga serie di successi, tutti almeno pari a questo, eccezionale, ottenuto alla Scala. Per quello che si riferisce, alla cronaca dello spettacolo diremo che, presentatasi al pubblico, con gli altri interpreti, una trentina di volte al termine degli atti, Gigliola Frazzoni è stata chiamata sola alla ribalta ed entusiasticamente acclamata al termine dell’opera. Già dopo la romanza: «La mamma morta» gli applausi avevano assunto i caratteri di una lunga ovazione”.
Sempre nel fondo di quel cassetto di cimeli che Gigliola tiene nascosti, come si vergognasse, troviamo un altro ritaglio di giornale con a fianco una sua foto. Il pudore della nostra Artista è tale da ritagliare anche questo articolo, in modo da non leggere né il giornale, né l’autore. E’ breve e va letto: “Artista in piena ascesa per l’ampia e duttile dovizia dei mezzi vocali magistralmente educati, per la squisita sensibilità e la profonda comprensione dello spirito dei personaggi, Gigliola Frazzoni, che alla toccante interpretazione accoppia il fascino d’una superba bellezza, dopo una serie di fortunate stagioni nei maggiori teatri d’Italia e dell’estero, è stata prescelta per sostenere alla nostra Scala la dolce figura di Maddalena nell’Andrea Chénier. Superfluo rilevare come Ella abbia suscitato la più incondizionata e fervida ammirazione, trascinando il pubblico a grandiose manifestazioni di plauso”.
L’effetto di quella serata fu travolgente e trionfale. «Sembrava che fossimo imbalsamati: io, mio marito e mia sorella». Come succede dopo uno spettacolo di quel genere, all’uscita dal teatro continua la festa; gli spettatori, diciamo più calorosi, si accalcano in via Filodrammatici per festeggiare gli interpeti: «Fuori trovammo persone che vollero conoscermi». Poi si va a cena e, passando davanti alla Scala, Gigliola si rese conto dell’impresa sostenuta: «Non mi sembrava vero, cominciai ad avere paura e mi chiesi: adesso cosa succede? Dall’estero cominciarono a fioccare scritture: Svizzera, la Svizzera credo di averla setacciata in tutti gli angoli». Austria, Spagna, Portogallo, ancora Egitto e i paesi dell’Est.
Ricordando questo episodio-chiave della sua vita artistica, la Frazzoni ci tiene a sottolineare che non ha sfruttato quell’occasione chiamando la stampa per enfatizzare l’avvenimento e aggiunge «Questo piacque a Maria. Poi siamo diventate amiche». Dopo il salvataggio della Callas nello Chénier la Scala trovò nella Frazzoni “uno dei suoi soprani” e la scritturò più volte.
Il mese successivo sempre diretta da Votto ebbe molto successo in Cavalleria rusticana e il Corriere scrisse: “… in Cavalleria, la signora Gigliola Frazzoni apparve in forma eccezionale dando al personaggio di «Santuzza» tutto un temperamento di fuoco e una possanza di freschi e imponenti mezzi vocali che uniti ad una figura stupenda hanno fatto di lei la protagonista ideale dell’opera di Mascagni”. Ricordiamo, nel 1958, un contratto per sette recite di Butterfly, ma ebbe tanto successo che diventarono ventidue, un record imbattuto. Durante questa serie di spettacoli ebbe al suo fianco anche l’amico fraterno Gianni Raimondi diretti da Gavazzeni. Era l’epoca delle Butterfly non solo alla Scala, ma anche allo Staatsoper di Vienna, poi a Stoccarda, Wiesbaden e Monaco nel tour organizzato dall’Opera di Roma e in agosto due spettacoli a Rimini allestiti dal Comunale di Bologna.
Una breve parentesi a proposito di Rimini dove Gigliola ritorna. Rimini, 5 agosto 1959: Andrea Chénier. Tutti i melomani della riviera convergevano su Rimini per ascoltare Gigliola Frazzoni che già nell’agosto dell’anno precedente aveva interpretato Butterfly all’aperto di fianco al Tempio Malatestiano. Quest’anno si canta a marina nei pressi del Grand’Hôtel, vicino al mare in una non meglio identificata “Arena Adriatica”. E qui il racconto della Frazzoni: «Nel pieno della scena, molto concitata, quando arrivano i Girondini, noi dal proscenio indichiamo questi personaggi virtuali che si avvicinano e lo facciamo puntando il dito verso il pubblico. Ad un certo momento sentiamo un rumore alle nostre spalle e ci voltiamo: era scomparso tutto il palcoscenico, coristi e comparse. Se non ci fossero stati tanti feriti la scena sarebbe stata esilarante. Era successo che le strutture portanti poggiavano sulla sabbia che con il peso non hanno retto». In quei giorni si fece un gran parlare dell’accaduto, furono pubblicati i nomi dei feriti con le lesioni riportate, ma la stagione lirica non si poteva fermare. Su un giornale locale apparve prontamente un comunicato incredibile che Gigliola ha conservato per la sua, diciamo, originalità. Si legge: «Dal Comitato per la commemorazione del cinquantenario della “Resurrezione di Cristo” abbiamo ricevuto il seguente comunicato – Alcuni malevoli hanno voluto sottolineare il banale incidente del 5 c.m., incidente che , grazie a Dio, ha rivelato tempestivamente il… punto debole del grandioso palcoscenico. A tutto si è rimediato con entusiastica e febbrile attività durante tutta la giornata del 6, sicché la sera dello stesso giorno ha potuto andare in scena l’Andrea Chénier. Magnifica la prova del soprano Frazzoni e del tenore Campagnano […]».
Ritorna nel 1968 al teatro Novelli il 31 agosto per Cavalleria invitata dal sindaco Walter Ceccaroni che le fece omaggio di una medaglia d’oro con l’effige di Pandolfo Sismondo Malatesta. (Fine quinta parte)