Firenze, Teatro Comunale, Stagione Lirica 2013
“DIE WALKÜRE”
Prima giornata in tre atti.
Libretto e musica di Richard Wagner
Siegmund TORSTEN KERL
Hunding STEPHEN MILLING
Wotan JUHA UUSITALO
Sieglinde ELENA PANKRATOVA
Brünnhilde JENNIFER WILSON
Fricka DANIELA DENSCHLAG
Gerhilde BERNADETTE FLAITZ
Ortlinde JACQUELYN WAGNER
Waltraute PILAR VÁZQUEZ
Schwertleite MARIA RADNER
Helmwige EUGENIA BETHENCOURT
Siegrune JULIA RUTIGLIANO
Grimgerde PATRIZIA SCIVOLETTO
Rossweisse STEFANIE IRANYI
Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino
Direttore Zubin Mehta
Regia La Fura dels Baus (Carlus Padrissa)
ripresa da Alejandro Stadler
Immagini video Franc Aleu
Scene Roland Olbeter
Costumi Chu Uroz
Luci Peter van Praet
riprese da Gianni Paolo Mirenda
Impianto drammaturgico Cesare Mazzonis
Allestimento del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino
in coproduzione con Palau de les Arts “Reina Sofía” di Valencia
Firenze, 22 gennaio 2013
Rimandato alla prossima primavera il definitivo trasferimento delle stagioni del Teatro del Maggio Musicale nella nuova struttura progettata da Paolo Desideri, la stagione 2013 della storica istituzione musicale fiorentina si apre con un titolo wagneriano, Die Walküre, in omaggio al bicentenario della nascita del compositore tedesco. La produzione che viene proposta è l’allestimento del 2007, già premiato dalla critica e sempre molto apprezzato dal pubblico, de La Fura dels Baus, regia di Carlus Padrissa (in co-produzione con il Palau de les Arts Reina Sofía di Valencia, Premio Abbiati per le scene, i costumi ed i video). Lo spettacolo ha riservato le stesse sorprese ed emozioni di quando debuttò a Firenze cinque anni fa: in uno schema apparentemente semplice si muovono personaggi credibili e dall’espressività sincera, in ritmi d’azione sempre diversi, sullo sfondo di immagini davvero belle e con la partecipazione di una squadra di figuranti e mimi di eccezionale bravura, forza e agilità. Nella parte più scenografica e tecnica stasera ci sono state alcune sbavature: forse la produzione aveva già subito e metabolizzato gli inevitabili adattamenti per il nuovo palcoscenico e, a causa del ritardo a consegnare il nuovo teatro che ha riportato lo spettacolo al Teatro Comunale, non devono esserci stati i tempi sufficienti per un ulteriore adattamento.
L’orchestra del Maggio Musicale, davvero in gran forma, ha meritato l’applauso più caloroso dal pubblico per aver eseguito la partitura in maniera perfetta ad assecondare la lettura intimistica ed originale di quest’opera da parte di Zubin Mehta. Il Maestro fonda la sua interpretazione molto di più sull’aspetto lirico di questa partitura e offre un’intensa interpretazione, piena di chiaroscuri e di colori: mentre l’impianto scenografico della Fura dels Baus ci ha portato a viaggiare con la fantasia verso distanze siderali grazie alle sue impressionanti proiezioni e ai suoi sorprendenti effetti di luce e fluorescenze, la visione musicale di questa partitura da parte di Mehta ci ha condotto verso gli abissi più profondi dell’inconscio, dove germinano i semi dell’universale sentimento d’amore. La “sua” Walküre è una vera storia d’amore, in cui l’epica lotta tra il mondo degli Uomini e dei Nibelunghi e il mondo degli Dei norrenni è solo uno sfondo su cui le dinamiche assolutamente “private” dell’innamoramento e degli affetti sono le vere protagoniste. La primavera d’amore dei due fratelli-amanti nel primo atto è risolta mettendo soprattutto in evidenza le esitazioni, i “palpiti” che sfociano in quella piena di suono e colore che trionfa nelle ultime pagine dell’atto. E in questo la presenza in orchestra di ottime prime parti mi ha dato il piacere di assaporare a volte anche una dimensione “cameristica” di alcuni momenti musicali di grande intensità: ne cito uno per tutti, l’assolo del primo violoncello dell’inizio d’atto. Il secondo atto ha una struttura drammaturgica e musicale molto complessa, il contrasto tra Wotan e Fricka è meno drammatico di altre esecuzioni che ho sentito e così pure il lungo racconto di Wotan che apre il suo cuore e i suoi segreti alla figlia Brünnhilde ha qualche monotonia, ma ho trovato di grandissima intensità e commozione il dialogo tra Siegmund e la valchiria che precede il tragico duello. Aperto da una esecuzione emozionante della celebre cavalcata delle Valchirie (anche grazie a un ottimo gruppo di cantanti in scena), il terzo atto scorre molto bene ed ho trovato estremamente convincente il fraseggio che Mehta riesce a ispirare all’orchestra e alle voci.
Il cast vocale, che comprendeva tre artisti già interpreti dello stesso ruolo nel 2007, non è stato sempre omogeneo nella resa vocale e musicale, ma nel complesso di buon livello. Il ruolo di Siegmund, interpretato da Torsten Kerl, richiede una vocalità di tenore baritonale che l’artista tedesco di sicuro possiede: il personaggio tormentato di questo eroe sfortunato esce bene dalla sua interpretazione. È stato particolarmente efficace il suo monologo del primo atto “Ein Schwert verhiess mier der Vater”, anche grazie ad una ottima resa delle sfumature testo in questo arioso-quasi-recitativo. Kerl riesce a sostenere il peso di questa tessitura decisamente bassa contro un’orchestra così densa e sonora, ma ha avuto dei momenti meno felici nelle zone più acute, soprattutto nel finale del primo atto. Ottima la Sieglinde di Elena Pankratova, voce morbidissima e sorretta da una bella tecnica vocale: da una parte, quando deve rendere la fragilità e la dolcezza del personaggio, sa trovare colori anche chiari ma sempre timbrati e ben proiettati, dall’altra è capace pure di grandi slanci eroici con facilità nel registro acuto e ottima tenuta di fiato, senza nessun problema di equilibrio sonoro con l’orchestra. Stephen Milling, che era già stato Hunding nel 2007 al debutto fiorentino di questa produzione, ha tutta la presenza vocale e scenica necessaria per questo ruolo. La sua voce possente arriva con grande impatto nella sala e concorre a rendere molto credibile l’interpretazione della figura malvagia e violenta dell’antagonista. Anche Juha Uusitalo torna a Firenze per interpretare la parte di Wotan: l’artista finlandese, probabilmente non in perfetta condizione fisica stasera, ha avuto una tenuta piuttosto disomogenea della difficile parte, alternando momenti molto convincenti e sicuri a evidenti momenti di stanchezza vocale. La sua interpretazione del personaggio è stata comunque interessante e profonda e, grazie alla lettura intimistica di Mehta, è riuscito a far sentire la grande umanità di questo dio assolutamente in crisi esistenziale e commovente nello struggente addio alla figlia nel finale. Per la parte di Brünnhilde torna dal cast originale anche Jennifer Wilson, che offre a questo personaggio una voce di bel colore e molto sicura negli acuti: tuttavia, in alcuni momenti e soprattutto nelle frasi più centrali della tessitura, il suono risultava però un po’ debole rispetto all’orchestra, di certo non aiutato dalla difficile acustica del teatro. Per questo, la figura vocale della valchiria che ci ha dato ogni tanto mancava del metallo sferzante a cui siamo abituati con altri soprani. Ciò nonostante risolveva molto bene gli aspetti lirici ed estremamente “femminili” del ruolo. Infatti, ho trovato particolarmente bella la sua interpretazione del finale del secondo atto, il colore vellutato e sognante con cui fraseggiava il racconto del Walhalla a Siegmund. Pure molto toccante e struggente la sua supplica al padre nel terzo atto. Il ruolo di Fricka è stato cantato da Daniela Denschlag: anche in questo caso non sempre l’equilibrio sonoro tra voce e orchestra è risultato ottimale, ma è stato molto interessante sentire, per una volta, Fricka che non urlava ma sapeva cantare sul fiato anche le invettive più pungenti, coerentemente alla visione registica di questo personaggio di aristocratica molto sofisticata e snob, che alla lancia da guerra preferisce un frustino da polo. Il gruppo delle otto valchirie, merita un dovuto riconoscimento: era composto da Bernadette Flaitz (Gerhilde), Jacquelyn Wagner (Ortlinde), Pilar Vázquez (Waltraute), Maria Radner (Schwertleite), Eugenia Bethencourt (Helmwige), Julia Rutigliano (Siegrune), Patrizia Scivoletto (Grimgerde), Stefanie Iranyi (Rossweisse). A parte il fatto ammirevole di aver affrontato con sicurezza la difficile faticosa regia cantando sempre con efficacia le impervie parti vocali, le otto cantanti hanno saputo dare ad ogni personaggio un carattere personale sia vocale che scenico.
Nel complesso la spettacolo ha funzionato bene sia musicalmente che registicamente e il pubblico fiorentino ha regalato agli artisti un lungo applauso finale. Piccola nota personale: mi sono molto emozionato a vedere l’orchestra in palcoscenico all’ultima apertura di sipario durante gli applausi e trovo che il gesto di Mehta di farli trovare lì a guardare in faccia il loro pubblico sia stato giusto e appropriato in questo momento difficile per il Teatro Fiorentino.