Salerno, Teatro Verdi
Ensemble musicale Soqquadro Italiano
Voce Vincenzo Capezzuto
Sax contralto Davide Castellari
Tiorba/Chitarra barocca/Battente Simone Vallerotonda
Arpa Barocca Flora Papadopoulos
Contrabbasso Daniele Rosi
Percussioni Gabriele Miracle
Direzione artistica Claudio Borgianni
Salerno, 9 dicembre 2012
Sul palcoscenico del Teatro Verdi di Salerno la luce d’artista più vera, la protagonista più fulgente, è stata le voce di Vincenzo Capezzuto, ospite della sua città natale per portare in scena uno spettacolo raffinato e sofisticato, sia pure nella sua semplicità. La semplicità di cinque musicisti e di una voce che, per la sua particolarissima e indefinita tessitura, sa condurre lontano, in un immaginario di altri tempi e di alta levatura culturale.
Progetto musicale creato da Claudio Borgianni e Vincenzo Capezzuto, Soqquadro Italiano nasce del comune interesse per la produzione artistica, musicale e teatrale italiana del XVI e XVII secolo, quale ensemble musicale, sviluppando ciascun progetto mediante l’interrelazione di più linguaggi artistici in una perenne contaminatio di danza, musica (antica, tradizionale, pop e jazz), teatro di parola, personalizzando attentamente ogni rappresentazione. Uno spettacolo dal vivo che sa condurre lo spettatore in un viaggio attraverso epoche lontane, apparentemente così diverse, che trovano nella voce di Vincenzo Capezzuto il vero filo conduttore. Danzatore di successo formatosi alla Scuola di Ballo del Teatro San Carlo di Napoli, ha lavorato – per far menzione di una fra tutte – con la prestigiosa Compagnia “Aterballetto” diretta da Mauro Bigonzetti, distinguendosi come talento assoluto. Il mondo della Danza ha dovuto però cedere il posto a un’altra grande vocazione del giovane Capezzuto, il Canto, grazie a una voce che ha riscosso e riscuote, come una Sirena ammaliatrice, grandi successi internazionali.
Da Monteverdi a Mina si presenta come un percorso all’interno del repertorio musicale italiano dagli albori del Seicento alla canzone degli anni Sessanta, un “concerto alla bastarda” che, nella confluenza di un autore nell’altro, sa portare in scena i punti di continuità fra il mondo barocco – ancora patrimonio culturale di pochi – e il nostro contemporaneo.
Quattro secoli di musica interpretati con naturalezza e passione: da Già risi del mio mal e Toccata Seconda Arpeggiata di Giovannio Girolamo Kapsperger (1580 ca. – 1651), Damigella tutta bella e Lamento della Ninfa di Claudio Monteverdi (1567-1643), Che si può fare di Barbara Strozzi (1619-1677), È il rimedio al mal d’amore di Francesco Cavalli (1902-1676), Tarantelas di Santiago de Murcia (1673-1739) a Il cielo in una stanza di Gino Paoli, Non credere di Roberto Soffici, Io che amo solo te di Sergio Endrigo, per finire con Mi sei scoppiato dentro al cuore di Bruno Canfora. Perfettamente a suo agio e sonoramente adeguato al repertorio barocco, la voce di Vincenzo Capezzuto sembra condurci in uno di quei film in costume, in cui presso le corti signorili i musici davano vita a calde atmosfere di palazzo, in un viaggio nella storia sulle ali di note lontane. Nei brani moderni essa è addirittura commovente, oltre che eccezionalmente carica di un seducente calore, che non ha nulla da invidiare – mi sia consentito il paragone che a molti potrà sembrare eccessivo – alla grande Mina. La dolcezza del timbro, che fa di Vincenzo un vero “usignolo” di palcoscenico, ha saputo cullare e mantenere attento l’uditorio, che alla fine è esploso in un calorossisimo applauso, con tanto di richiesta di immancabili “bis”.
Avrebbe meritato una platea ben più nutrita questa serata ma, si sa, il pubblico italiano va educato a certe cose un po’ alla volta. L’idea del “bello” sembra essere momentaneamente (si spera solo momentaneamente) rimossa dalle menti dei giovani, accecati da falsi idoli e felici di sostenere la mediocrità.
Se gli amanti della danza si sentono orfani, c’è però da dire che l’arte di Tersicore ha lasciato un segno indelebile non solo – com’è ovvio – nella vita del cantante, ma anche sulla persona fisica che entra in scena con una compostezza e un’eleganza che solo un danzatore può avere. La musica che entra in un corpo e che attraverso esso si manifesta nuovamente al pubblico, si è vista in ogni piccolo gesto (eh sì, ogni tanto un piccolo e innocente port de bras voleva scappare!). Nel primo brano Capezzuto è riuscito a trattenersi, ma quando la musica è esplosa il ritmo ha preso il sopravvento, vibrando in un corpo che non poteva certo rimanere immobile. E questo è molto bello, perché completa e conferisce eleganza al tutto. Di cantanti sgraziati ce ne sono già abbastanza. Grande plauso va all’intero ensemble e alla Direzione artistica di Claudio Borgianni. Noi, con ansia, attendiamo il prossimo appuntamento con una voce d’angelo che ha il dono di fermare il tempo. Foto Antonio Bergamino