“Giselle” secondo David Campos

Trieste, Politeama Rossetti, Stagione 2012/2013
“GISELLE”
Coreografia e regia David Campos
Musica di Adolphe Adam
Adattamento musicale di Llorens Peris
Giselle
AILEEN GALLINERA
Albrecht ALAN BOTTAINI
Compania de Ballet David Campos
Costumi Irene Sabas e David Campos
Luci Kiko Planas
Trieste, 2 dicembre 2012 

Una serata incredibile. Questa versione di David Campos, che inizia deludendo e finisce ammaliando completamente,  merita un resoconto dettagliato, soprattutto per come è strutturato lo spettacolo.  Siamo alle solite: la decisione di “rinnovare” un capolavoro conclamato come Giselle, forse “il balletto”, incute un filo di terrore in tutti gli appassionati, gli addetti ai lavori e i curiosi. In qualche caso, come per la meravigliosa “Giselle” rielaborata da Mats Ek nel 1982 o per lo “Swan lake” di Matthew Bourne del 1995, si tratta di versioni che hanno avuto un successo mondiale confermato dalla ripresa di queste produzioni da parte di numerose compagnie; in altri (la “Giselle” di Sylvie Guillem, ad esempio) abbiamo assistito alla loro scomparsa poco dopo il debutto. Pensiamo che questo spettacolo arà un futuro, previo approfondito ripensamento del primo quadro.  Lo spettacolo di Campos, come abbiamo già detto, inizia malissimo.
Entrando in teatro, sul tulle spiegato al posto del sipario del Politeama Rossetti di Trieste, appaiono dei brevi lampi di colore azzurro e si odono tuoni in lontananza. Appena il pubblico si siede, come in un film, scorrono i titoli di testa ed un breve racconto che narra la vicenda delle “Mujeres de Agua”, le donne d’acqua, che sono simili nei comportamenti alle Villi delle saghe slave, spiriti di giovani donne morte infelici che, nella credenza catalana, emergono dal fondo dei laghi e dei fiumi per vendicarsi degli uomini che hanno fatto loro un torto mentre erano in vita.
Subito dopo il tulle si alza e siamo in una discoteca, ma non una attuale: siamo in una di quelle squallide, dei più torbidi anni ’80 del secolo scorso. Diciamocelo: non c’è, né c’era, molto da raccontare di quel mondo e di quell’epoca, ma Campos ci tiene e sciorina una serie di noiosissimi luoghi comuni, infestati da Giselle che racconta di essere una dattilografa e Albrecht un rockettaro. La musica originale di Adolphe Adam scorre abbondante, a parte un paio di momenti in cui viene rielaborata elettronicamente con esito curioso e altalenante. Cita la coreografia originale di Perrot, richiamandone il disegno a croce delle vignaiole, lungo i cui bracci i due protagonisti si rincorrono; oppure inverte l’ingresso di Albrecht con quello di Giselle, citandone la coreografia originale fatta di Grand Jetés; o, peggio ancora, fa eseguire la variazione originale del Primo atto alla protagonista che, vorrà perdonarmi, non è minimamente all’altezza, al punto da dover modificare la diagonale di temps-levés sautés sur les pointes…insomma: banale, scontato, trito e ritrito…tutto ciò era proprio necessario? Ce lo domandiamo alla luce di quanto succederà tra poco.
Scende il tulle a chiudere questa orribile parte e, da questo punto in poi, lo spettacolo cresce fino a diventare un vero capolavoro. Giselle e Albrecht  vanno in cerca di un taxi che sfreccia davanti ai nostri occhi, spaventandoci, grazie alle geniali proiezioni video di Joan Brobot che, da questo punto in poi, diventano parte integrante e meravigliosa dello spettacolo. Vengono poi molestati da una coppia di teppisti che riescono a mettere in fuga Albrecht e a violentare Giselle, uccidendola. Arrivano i soccorsi che trasportano Giselle al pronto soccorso: qui giunge anche Albrecht che si siede davanti al tulle dove è proiettato il tipico muro di una sala d’attesa con tabelle segnaletiche, orologio e piastrelle in vetro cemento. Dietro di esse scorgiano una figura femminile con un camice verde da paziente: si dibatte tra la vita e la morte e cerca di comunicare con l’uomo amato aldilà del muro. L’effetto è bellissimo, soprattutto grazie all’interazione con il video, vero esempio di multimedialità.

E siamo nel regno delle Mujeres de Agua e qui il genio di David Campos, ora coreografo, ma già danzatore catalano di matrice classica di notevole rilievo, esce allo scoperto. Queste creature sono animali feroci, carnivore, sbranano i malcapitati nella radura del bosco o sulle rive del lago che abitano. Quello che vediamo in scena è degno di un film horror per le suggestioni del suono e la forza della coreografia. In sala scende il silenzio che si coglie solo quando il pubblico è totalmente rapito dalla scena: nessuno tossisce e non si sente volare una mosca. Seguiamo la vicenda che non si discosta molto dall’originale. Un paio di uomini vengono accerchiati e finiti dalle Mujeres e  riusciamo a malapena soffocare un grido per il raccapriccio dato dalla veridicità della scena e dei suoni che giungono; arriva Albrecht e Giselle interviene per salvarlo dalla stessa orrenda fine. La musica di Adam a questo punto viene campionata, una singola nota viene ripetuta all’infinito creando un effetto molto suggestivo e perfettamente aderente alla vicenda: questo tappeto sonoro è un ottimo lavoro realizzato da Llorens Peris.  La fine è la stessa del balletto originale: il sole sorge e le Mujeres si ritirano, salvando Albrecht dall’orribile morte.  Albrecht è l’ottimo, elegante, preciso e brillante Alan Bottaini, danzatore italiano, da sempre emigrato in Germania in cerca di una carriera migliore di quella che possono offrirgli i teatri italiani. Giselle è interpretata da Aileen Gallinera, danzatrice interessante, molto più a suo agio nello stile contemporaneo sur pointes che in quello accademico: arti lunghi ma ben gestiti, espressività eccelsa. Gli altri danzatori sono tanto disomogenei e non affiatati nel primo quadro, quanto ispirati e all’unisono nel secondo…misterioso! Costumi interessanti quelli creati da Irene Sabas e David Campos per le Mujeres de Agua assolutamente in linea con il ballet blanc e, tanto per cambiare, ci domandiamo perché invece nel primo quadro tutte le invitate alla festa sono vestire uguali (stesso modello, con due varianti di colore per le soliste), mentre gli uomini indossano magliette molto diverse.  Platea riempita solo a metà, ma pubblico rapito, coinvolto e calorosamente plaudente.