Venezia, Basilica di San Marco, Concerto di Natale 2012 in collaborazione con la Procuratoria di San Marco
Orchestra e Coro del Teatro La Fenice di Venezia
Direttore Stefano Montanari
Maestro del Coro Claudio Marino Moretti
Soprano Silvia Frigato
Contralto Marta Codognola
Violoncello, Alessandro Zanardi
Arciliuto Tiziano Bagnati
Organo positivo Ulisse Trabacchin
Fagotto Alberto Guerra
Georg Friedrich Händel:”Solomon” HWV 67: Sinfonia; “Messiah” HWV 56: «I know that my Redeemer liveth»
Henry Purcell: “The Gordian Knot Untied” , musiche di scena Z 597
Johann Sebastian Bach: “Oratorio di Natale” BWV 248: «Du Falscher, suche nur den Herrn zu fällen» – «Nur ein Wink von seinen Händen».
Georg Friedrich Händel: Concerto grosso in si bemolle maggiore op. 6 n. 7, HWV 325; “Messiah” HWV 56: «Rejoice greatly, O daughter of Sion»
Ralph Vaughan Williams: Magnificat per contralto, coro femminile e orchestra da camera
Venezia, 13 dicembre 2013
Una Basilica marciana affollata fino all’inverosimile per questo Concerto di Natale, cui ha assistito un pubblico che annoverava autorità civili e religiose, oltre a musicisti, giornalisti e appassionati. Vero musicista di razza questo Stefano Montanari, di quelli che esprimono con ogni muscolo del corpo la gioia di fare musica, come ogni particolare effetto che intendono trarre dal pezzo che stanno interpretando. Ha veramente brillato per chiarezza e autorevolezza del gesto, assecondato dall’orchestra e dalla sezione femminile del coro del Teatro La Fenice, entrambe precise e duttili, in un repertorio che spaziava dal Barocco (Händel, Purcell, Bach) al Novecento, rappresentato dal Magnificat di Vaugham Williams. Riguardo a quest’ultimo titolo in programma, il direttore nato in provincia di Ravenna ha ulteriormente confermato di essere perfettamente a suo agio anche al di fuori del repertorio barocco e settecentesco, di cui è considerato uno dei maggiori studiosi ed interpreti a livello internazionale. Recentemente una sua Carmen andata in scena all’Opéra de Lyon lo ha imposto come direttore in grado di padroneggiare anche partiture del repertorio romantico, depurandole, tra l’altro, da certe incrostazioni a livello esecutivo, frutto solo di ingiustificate consuetudini. Tra breve lo sentiremo alla Fenice alle prese con L’Elisir d’amore, già premiato dal successo a Bergamo.
Lo hanno degnamente sorretto in questo interessante excursus musicale sacro due giovani cantanti estremamente valide: il soprano Silvia Frigato, specialista, come il direttore, nel repertorio sei-settecentesco, e il contralto Marta Codognola, artista del coro del teatro la Fenice, che svolge anche attività da solista. Nelle due arie dal Messiah di Händel come nel recitativo accompagnato e nell’aria dall’Oratorio di Natale di Bach, la Frigato ha sfoggiato una bella voce di soprano leggero dal timbro brillante ed omogeneo con buon controllo dei propri mezzi espressivi anche in certe ardue colorature. Una volta tanto si è potuta apprezzare un’emissione non enfaticamente melodrammatica, ma improntata a leggerezza e compostezza stilistica come richiede il carattere religioso di questa musica. Impeccabili sotto questo profilo anche Montanari, che muoveva con eleganza ed efficacia del gesto le proprie mani vistosamente inanellate, e l’orchestra, precisa e dal suono fermo come richiede la filologia. Nel Magnificat di Waugham Williams, una sorta di ditirambo incentrato sulla figura di Maria, la solista Marta Codognola ha fatto apprezzare una voce fresca e, anche in questo caso, mai appesantita da toni enfatici, in uno struggente dialogo con un raffinato, diafano coro femminile del Teatro La Fenice. Splendida l’orchestra, fin dalla rarefatta introduzione, a regalarci impasti sonori raffinati, che evocavano maestri dell’orchestrazione, quali Puccini, Debussy, Fauré. Chiaro ed eloquente il gesto di Montanari nei pezzi per sola orchestra. Asciutto ed energico nella sinfonia dell’oratorio Solomon di Händel, come nelle musiche di scena per il drammaThe Gordian Knot Untied di Purcell, sapeva piegarsi ai vari caratteri dei cinque movimenti che compongono il Concerto grosso in si bemolle maggiore op. 6 n. 7 di Händel: la mestizia settecentesca di cui sono intrisi il primo e il terzo (Largo), l’irresistibile dinamismo dell’eccentrica fuga su una nota sola che costituisce il secondo (Allegro), le sfumature e i contrasti dinamici degli ultimi due (Andante e Hornpipe). Successo caloroso e applausi (nonostante il divieto curiale) per i protagonisti della serata. Giustamente anche per l’orchestra.