Ravenna, Teatro Alighieri, Stagione d’Autunno 2012
“LA TRAVIATA”
Melodramma in tre atti su libretto di Francesco Maria Piave
Musica di Giuseppe Verdi
Violetta Valery MONICA TARONE
Flora Bervoix ISABEL DE PAOLI
Annina ANTONELLA CARPENITO
Alfredo Germont BULENT BEZDUZ
Giorgio Germont SIMONE PIAZZOLA
Gastone, visconte di Letorieres GIORGIO TRUCCO
Barone Douphol DONATO DI GIOIA
Marchese D’Obigny CLAUDIO LEVANTINO
Dottore Grenvil FEDERICO BENETTI
Figuranti speciali MARTA CAPACCIOLI, VALENTINA GUAZZOLINI, GIORGIA MASSARO, MICHELA MINGUZZI, CHIARA NICASTRO
Orchestra Giovanile Luigi Cherubini
Coro Lirico Terre Verdiane di Piacenza
Direttore Nicola Paszkowski
Maestro del coro Corrado Casati
Regia e ideazione scenica Cristina Mazzavillani Muti
Scene Italo Grassi
Costumi Alessandro Lai
Sound Design Alvise Badolin
Coreografie Catherine Pantigny
Luci Vincent Longuemare
Sound design Alvise Vidolin
Allestimento Ravenna Festival/Teatro Alighieri Ravenna/Fondazione Teatri di Piacenza
Ravenna, 18 novembre 2012
Un bello spettacolo questo appuntamento che conclude la Trilogia Verdiana d’autunno che il Ravenna Festival ha proposto in questo 2012. Siamo di fronte ad un allestimento visivo importante, arricchito da sonorizzazioni preziose e innovative, con una regia raffinata e completa…insomma veramente una Traviata che lascia il segno!
Ad iniziare dalla Violetta Valery di Monica Tarone: vocalmente ineccepibile, scenicamente avvincente, una grande energia tempesta vocale che non risparmia una sola cellula della propria arte, ma che invece condivide generosamente con noi pubblico; capace di urlare tutto il suo amore per Alfredo, così come di sussurrarlo, di arrabbiarsi con tutta se stessa verso una vita ingiusta e così innammorata da cercare un contatto anche nella giacca che Alfredo le tira addosso nel “che questa donna pagata io ho”, annusandola, in cerca di lui. Domina la scena e sovrasta chiunque, soprattutto il povero Alfredo, interpretato da Bulent Bezduz, che dopo un inizio veramente scarso, si riprende, ma ha un timbro mediocre, una tecnica insicura…scenicamente la regista lo disegna come un omino, un ragazzetto sbruffone che teme ancora il padre, che attacca e poi si ritrae.. Non a caso lo domina fortemente il padre; Giorgio Germont interpretato da un grande Simone Piazzola, l’unico vero antagonista di Violetta: “splendida voce molto sonora, molto estesa e molto bella… non c’è dubbio che si tratta di una voce eccezionale, degna della massima attenzione” citando il nostro Paolo V. Montanari che lo ha sentito nello stesso ruolo nell’allestimento andato in scena a Modena il 17 marzo di quest’anno….mi trovo pienamente d’accordo! E con me tutto il pubblico che ha regalato a lui e alla Tarone applausi scroscianti e interminabili!
Passando all’impostazione generale dello spettacolo, il dramma di Violetta viene giocato sul riflesso e queste sono le “ragioni” della regista, Cristina Mazzavillani Muti, che citiamo: “Perché in Violetta si specchiano, si riflettono, generazioni di donne, secoli di donne, sfruttate, giudicate, usate, violentate e mai capite. Le donne del passato, di oggi, e anche quelle a venire. È per questo che l’immagine di Violetta si moltiplica, virtualmente e fisicamente: nel riflesso dei grandi specchi che dominano la scena, e nelle anime bianche che la attorniano, ne amplificano i gesti, le emozioni, sorridono e soffrono insieme a lei, e insieme a lei muoiono e resuscitano.” La sua regia è molto femminile. Come dicevamo prima, gli uomini ne escono malconci: Alfredo è un immaturo isterico e Giorgio Germont un padre/padrone ante litteram. Il resto dello spettacolo scorre perfettamente: suggestivo il coro sistemato nei palchi di proscenio dei primi tre ordini; bello l’uso della scenografia, sentita e adoperata in ogni suo angolo; curatissima e intelligente la recitazione di tutti: parte minori incluse, interpretate da un gruppo di valenti cantanti.
Visivamente, la costruzione scenica di Italo Grassi è suggestiva e funzionale: con una sola scena fissa riesce a creare i vari ambienti necessari allo svolgimento dell’azione, senza che la vista dello spettatore abbia a soffrirne o si annoi. Inoltre l’interessante gioco di luci ad opera di Vincent Longuemare arricchisce ulteriormente l’apparato, impreziosendolo con tagli insoliti e riflessi immaginifici. Cinque danz’attrici bastano per fare quello che altrove fanno schiere di figuranti e di danzatori: nei momenti focali il loro compiti di far ruotare due enormi specchi posti vicino alle prime quinte, crea un effetto stordente ma catalizzante, così come la pantomima ideata per le danze del terzo atto. In queste un alter ego di Violetta viene esibita/derisa, spinta o trascinata per il palco da un’altra donna, forse la sua coscienza, forse una madre, forse un’aguzzina.
Musicalmente, come per il Trovatore, l’esecuzione a cura dell’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini, è altamente professionale e apprezzabile. La direzione musicale del Maestro Nicola Paszkowski è fluida, equilibrata nei rapporti con il palcoscenico. Ancora una volta positiva la prova offerta dagli artisti del coro Lirico Terre Verdiane di Piacenza, diretto con mano sicura da Corrado Casati. Pubblico entusiasta, teatro pieno: una festa per gli occhi e per le orecchie. Foto Fabio Ricci.