Parigi, Théâtre des Champs Elysées:”Médée”

Parigi, Théâtre des Champs-Elysées, Stagione Lirica 2012/2013
“MÉDÉE”
Tragédie en musique in un prologo e cinque atti. Libretto di Thomas Corneille
Musica di Marc-Antoine Charpentier
Médée, La Gloire
MICHÈLE LOSIER
Jason
ANDERS DAHLIN
Oronte, un chef des habitants, un berger
STÉPHANE DEGOUT
Créuse, La Victoire, 2e bergère
SOPHIE KARTHÄUSER
Créon
LAURENT NAOURI
Nérine, Bellone
AURÉLIA LEGAY
Cléone, 1ère bergère
ELODIE KIMMEL
Une Italienne, un fantôme, une bergère
KATHERINE WATSON
Arcas, un habitant
BENOÎT ARNOULD
l’Amour
CLÉMENCE OLIVIER
Le Concert d’Astrée
Chœur d’Astrée
Direttore Emmanuelle Haïm
Regia Pierre Audi
Scene Jonathan Meese
Costumi Jorge Jara
Luci Jean Kalman
Drammaturgia Willem Bruls
Coreografie Kim Brandstrup
Coproduzione Théâtre des Champs-Elysées / Opéra de Lille
Parigi, 17 ottobre 2012
Per aprire la sua stagione del Centenario (1913/2013) il Théâtre des Champs Elysées offre tre diverse produzioni  che hanno come soggetto Medea: 6 recite dell’opera di Charpentier (1693) ad ottobre, 2 recite di quella di Pascal Dusapin (1992) a novembre, e 3 recite di quella di Cherubini (1797) a dicembre.
Il merito della coesione di questa Médée va attribuito al direttore d’orchestra Emmanuelle Haïm, all’energia del suo ensemble Le Concert d’Astrée, ed all’impegno del suo coro, Le Chœur d’Astrée. La Haïm domina e possiede questa musica in maniera totale. Il suo gesto era deciso e coreografico. I recitativi, che si fondono con le arie, sempre incalzanti. il ritmo dei  timpani e l’elegante “basso continuo” hanno contribuito ad una lettura molto viva della partitura. La tensione musicale si è innnalzata nettamente più di quello che avveniva sul piano teatrale.
Il regista Pierre Audi è parso più interessato ai conflitti interiori dei suoi personaggi. Nessuno dei principali effetti spettacolari della trama sono stati sfruttati per il loro valore di “coup de théatre”: il vestito avvelenato che Medea offre a Creusa, il fuoco che distrugge il palazzo di Creonte, l’uccisione dei figli, sono stati  tutti realizzati in modo quanto mai minimalista. Con questa premessa visiva, Audi ci ha lasciato piuttosto frustrati. Lontana dai giorni in cui Medea ha usato i suoi poteri per aiutare Giasone a conquistare il Vello d’oro, la figura della maga, nipote di Helios, pronta a tutto, persino ad uccidere il proprio fratello e farlo a pezzi per aiutare la sua fuga con Giasone, niente di tutto ciò è statto nemmeno minimamente suggerito nel personaggio che Audi ha messo in scena. Medea appare come una straniera a Corinto, coinvolta in un intrigo politico. Non solo sarà abbandonata da Giasone che ha in mente di risposare Creusa, viene anche bandita e perde i suoi figli. Anche quando Giasone chiede a Medea senza ritegno di dare a Creusa il suo vestito migliore, senza dubbio il suo abito da sposa, Audi non evidenzia la tragicità della situazione.
Sulla stessa linea la deludente parte visiva creata dallo  scenografo Jonathan Meese. Quello che  ci ha mostrato non è stato altro che un assemblaggio di immagini confuse.  Lo spettacolo si apre con proiezioni di immagini che mostano la bocca, il naso e gli occhi di Claudia Schiffer e  di Scarlett Johansson, con la seguente scritta: “L’amour, c’est moi”. E’ sembrato qualcosa di originale, forse riferendosi alla frase di Luigi XIV  “Lo  Stato sono io” , visto che il Prologo altro non è che un momento encomiastico verso il Sovrano. Nel corso del procedere dell’opera, Meese, giudicato come un valente scenografo (allestirà il Parsifal a Bayreuth nel 2013), ha solamente “imbrattato”  il palcoscenico con simboli disorientanti e carichi di troppi e spesso oscuri significati.  Le luci stravolgenti di Jean Kalman e le banalissime coreografie di Kim Brandstrup hanno reso difficile  la comprensione dell’opera.
Parlando degli interpreti, sia Michèle Losier (Medea) che Anders Dahlin (Giasone), sono apparsi vocalmente piuttosto poveri di spessore. Nessuno dei è stato  in grado di dare una interpretazione “illuminante” del testo di Thomas Corneille. Il mezzosoprano Michèle Losier ha una bella voce, ma limitata nella gamma espressiva per la forza di questo ruolo che percorre i sentimenti più diversi: dalla fragilità di una donna innamorata che si trasforma in una maga dai poteri malefici assetata di  vendetta. Qui appare prima come una casalinga remissiva e poi, alla fine, come una sorta di “Mistress” avvolta in un  cappotto di pelle rosso. Il passaggio tra questi due estremi non lo si è visto.  Il tenore Anders Dahlin (Giasone) possiede un timbro piacevole con una proiezione facile e fluida. Il suo Giasone è risultato però piuttosto anonimo:  la sua personalità enigmatica e avida di potere ha un lato più oscuro che sarebbe valsa la pena di approfondire.  Per contrasto, l’Oronte dell’ottimo baritono Stéphane Degout (scelto come artista lirico dell’anno agli ultimi “Victoires de la Musique”), era in gran forma. Con la sua dizione eccellente ed il suo timbro ricco e pastoso, si è prestato a questa produzione con una immedesimazione totale,  mostrando senza volere, pur in un ruolo secondario, le carenze degli altri membri del cast.  Il soprano Sophie Karthäuser (Creusa) ha un timbro ed una dizione estremamente naturali. Il suo duetto con Anders Dahlin (Les plus douces charmes) è stato l’apice lirico e certamente il brano più toccante della musica di Charpentier.  Il baritono Laurent Naouri, il calcolatore re Créon, ha mostrato potenza espressiva, nonostante qualche forzatura vocale.  Katherine Watson ha offerto un’ammirevole prestazione nelle sue apparizioni ( Un’italiana / Un fantasma / La Vengeance), così come Benoît Arnould ( Arcas, un abitante di Argo). I soprani Aurélia Legay (Nerina, Bellone) e Elodie Kimmel (Cléone) erano anche delle forti presenze in scena.