La morte di Massenet trovò anche una vasta eco nei quotidiani parigini che riportarono la notizia in prima pagina dando ad essa un risalto più o meno importante. Il giornale che diede maggiore spazio alla notizia fu certamente «Le Figaro» che dedicò, con un articolo a firma di Robert Brussel, quasi tutta la prima pagina al ricordo del compositore.
Il tono iniziale è solenne con l’anafora del nome che sembra sia porre in primo piano la grande personalità artistica venuta a mancare sia scandire i tempi di un triste e desolante climax di morte:
“Massenet è morto da poco. Massenet, la cui anima e il cui corpo sembravano votati a un’eterna giovinezza, Massenet appartiene solo al mondo dei ricordi. Niente sembrava far prevedere una morte così improvvisa […]. Se tutti quelli che si commossero per i fragili amori di Manon, se tutte le Charlotte che piansero con lui il tenebroso Werther, potessero rendere omaggio al maestro scomparso, quale magnifico corteo di amici sconosciuti accompagnerebbe la sua spoglia! Certamente, altri, più vicini, più in lacrime, più famosi anche, seguiranno il suo convoglio funebre, ma il malinconico dolore di tutti coloro che egli seppe affascinare e commuovere è stato caro all’anima sensibile del cantore di Grisélidis e del Jongleur de Notre-Dame” (R. Brussel, Massenet, in «Le Figaro», p. 1)
Anche in questo ricordo di Brussel, come in quello di Pougin, è ripercorsa la carriera di Massenet senza indugiare in aneddoti, ma con un’attenzione a tutta la produzione musicale del compositore francese e non solo quella operistica. A tale proposito è interessante quanto affermato da Brussel sulla produzione non operistica di Massenet:
“La sua produzione sinfonica e vocale ha un’importanza meno grande, ma si possono rilevare delle pagine affascinanti nei Poèmes d’octobre, nel Poème du Souvenir, nel Poème d’hiver, nel Poème d’un soir, Poème d’amour; le sue Scènes alsaciennes sono famose e hanno avuto maggior importanza per la sua fama delle Scènes de féerie, le Scènes napolitaines, le sue Suite per orchestra, Narcissse o Bublis”. (ibid.)
Brussel si sofferma anche sull’attività di insegnante:
“Il successo che era cominciato per lui con Marie-Mageleine e Le Roi del Lahore, non aveva affatto trasformato la sua esistenza. Il benessere era succeduto alle ristrettezze; poco a poco quelle sue occupazioni estranee alla pura composizione erano state da lui abbandonate. Nel 1896, aveva dimezzato le sue funzioni di insegnante di composizione, attività che gli era tanto cara e che svolgeva dalla morte di Bazin. Con quale brillantezza, è inutile a dire, poi, un grande numero tra i compositori contemporanei più noti fu tra i suoi allievi. E per mostrare che fu valido l’insegnamento di Massenet, basterà citare Lucien, Hillemacher, Alfred Bruneau, Georges Marty, Gabriel Pienné, Paul Vidal, Xavier Leroux, A. Savard, Gustave Charpentier, Caston Carraud, Silver, André Bloch, H. Rabaud, Max Olonne, Ch. Levadé, Edm. Malherbe, Florent Schmitt”,
mentre sul suo carattere semplice per nulla intaccato dalle grandi onorificenze conferitegli si legge sempre nell’articolo:
“La fortuna, gli onori, il successo gli erano toccati senza riserve; ma tutto sommato era l’uomo più semplice che potesse essere. Da molto tempo, da sempre, forse fuggiva il mondo; fuggiva anche le prime rappresentazioni delle sue opere. A letto presto, in piedi all’alba, alle cinque al lavoro, difficilmente ammetteva deroghe alle sue abitudini. È la vita della natura, diceva; e questa vita, che è quella d’un saggio, gli ha permesso di realizzare un’opera considerevole, rarissima presso gli autori della nostra epoca. Egli divideva il suo tempo tra il suo appartamento di Rue de Vaugirard e il suo maniero. Gli alberi del Luxembourg, che si intravedevano attraverso i vetri del suo studio, gli ricordavano quelli di Égreville e bastavano a fargli sentire in solitudine le ore dolci della serenità campagnola. Era pieno di piacevoli ricordi: teneri, affettuosi, e di altrettanti aneddoti molto piacevoli. […] Era gaio e sentimentale; si indirizzava con una certa facilità e sugli oggetti più diversi […], ma sapeva mescolare l’ironia più fine al sentimento più attento. La sua affabilità era proverbiale”.
Un risalto minore è dato da altri quotidiani alla notizia della morte di Massenet, nonostante essa venga riportata in prima pagina. Questo è il caso di «Le Gaulois», dove nell’articolo firmato con lo pseudonimo Tout-Paris il senso di tristezza per la grave perdita si mescola alla descrizione del carattere dell’uomo, infaticabile lavoratore:
“Massenet è morto!… Questa triste notizia si diffondeva ieri mattina a Parigi, dove diventava causa di chiacchiera dappertutto dove colpiva con doloroso stupore. Si sapeva che da più anni il maestro soffriva d’un male terribile contro il quale lottava con tanto coraggio quanto con rassegnazione. Ma non c’era nessuno che, vendendolo così pieno di vita in mezzo ai suoi lavori, potesse pensare che i suoi giorni erano minacciati. Appena qualche settimana fa dirigeva ancora al Casino d’Enghien le prove della sua prediletta Thérèse, e con che cuore e con che vivacità! […] Poiché Massenet fu lavoratore infaticabile. Le ore della notte erano per lui buone come quelle del giorno”.
L’articolo di «Le Gaulois» prosegue in modo tradizionale ripercorrendo la Glorieuse carrière de Musicien, soffermandosi soprattutto sui successi ottenuti con Manon e Werther e aggiungendo alcune informazioni sulla reazione della popolazione parigina alla diffusione della notizia della morte del compositore francese:
“La notizia della morte di Massenet non era ancora tanto conosciuta a Parigi che la sua casa di Rue de Vaugirard era invasa da una folla di amici e di ammiratori del compianto maestro. Un registro aperto nella portineria si ricopriva subito di nomi. Noi ne abbiamo notati alcuni: i signori Aristide Briand, guardasigilli, ministro della giustizia; Steeg, ministro dell’interno; Guist’hau, ministro della pubblica istruzione; Morel, sottosegretario di Stato al ministero dell’interno; Herbet, sindaco della quinta circoscrizione; Albert Carré, direttore dell’Opéra-Comique”.
Uno degli articoli più significativi è quello di «Le Matin», dove si possono leggere in prima pagina, insieme ai soliti articoli, in cui viene ripercorsa la carriera di Massenet, pubblicati nelle pagine interne, il ricordo di un collega, Debussy, e di un allievo, Alfred Bruneau (foto a sinistra). Il primo si soffermò sulla popolarità di Massenet spesso causa di invidia e in un certo qual modo di malignità:
“Massenet fu il musicista contemporaneo più realmente amato. È del resto proprio questo amore che si è avuto per Massenet che gli ha creato nello stesso tempo la situazione particolare che egli non ha cessato di occupare nel mondo musicale. I suoi confratelli non gli perdoneranno facilmente questo potere di piacere che è propriamente un dono. A dire il vero questo dono non è indispensabile soprattutto nell’arte e può essere confermato, tra gli altri esempi, dal fatto che Johann Sebastian Bach non piacque mai nel senso in cui questa parola acquista quando si parla di Massenet. Si è mai sentito dire che giovani modiste canticchiassero la Passione secondo Matteo? Non lo credo. Mentre tutti sanno che loro si svegliano il mattino cantando Manon o Werther. Che non ci si inganni, c’è una gloria affascinante che invidieranno segretamente più di uno di questi grandi puristi che non hanno altro modo per riscaldare il loro cuore che il rispetto un po’ faticoso dei cenacoli. Egli è riuscito pienamente in tutto ciò che intraprendeva, di cui si è creduto di vendicarsi dicendo – a voce bassa! – che era il miglior allievo di Paul Delmet, il che è una battuta di pessimo gusto. È stato molto imitato, sia all’estero che in patria”. (Debussy, Massenet, «Le Matin», 14 agosto 1912, p. 1) Per Debussy, al di là di tutto, il destino di Massenet è unico. Più affettuoso e tramato di ricordi è invece l’articolo dell’allievo Bruneau, che figura in prima pagina accanto a quello di Debussy: ”
“Massenet è morto. Soccombe bruscamente nella straordinaria apoteosi crescente che durò da circa mezzo secolo. Dall’ora lontana del suo debutto, ebbe la sovranità del successo. Fu il musicista preferito della folla; esercitò con la sua persona come con il suo talento un potere di seduzione al quale nessuno oserà mai pretendere. Il desiderio di piacere, di piacere a tutti indistintamente era ben chiaro nei suoi discorsi come nelle sue opere. La sua vita è stata solo una perpetua conquista ottenuta quasi sorridendo, quasi giocando.
Prix de Rome a ventuno anni, entrava all’Istituto 15 anni più tardi ed era nominato nello stesso tempo professore al Conservatorio. Assistevo al suo primo corso. Lo rivedo ora accompagnato da Ambroise Thomas, il direttore d’allora, sedersi con gioia al pianoforte, con l’aspetto inquadrato da una setosa barba bionda con i suoi lunghi capelli, mentre leggeva a prima vista, cantava con la sua voce giovane, ardente e carezzevole, alcune pagine che i suoi allievi gli avevano portato. Seppe scegliere per ciascuno di noi la parola affascinante e accattivante che doveva legarci a lui e renderci indimenticabile quella giornata. Si comprenderà che io non evoco, senza emozione, in questo momento, simili ricordi.
Tale era l’uomo, tale era l’artista. Volendo farsi amare, egli si mostrò naturalmente superiore nell’espressione dell’amore e creò un linguaggio di tenerezza che non è assimilabile a nessun altro. Una melodia di Massenet si riconosce tra mille. Ha una sensibilità penetrante, una sensualità conturbante, una grazia morbida che appartiene proprio a lui e che traduce in modo fedele il temperamento del suo autore. Si avrà torto nel cercare di diminuirne l’importanza o discuterne le cause. Se del resto Manon e Werther fossero i soli destinati a restare nella memoria delle generazioni venture, sarebbe sufficiente per ricordare degnamente un’epoca brillantissima del nostro teatro lirico, un deliziosissimo maestro francese che il mondo intero adorò e acclamò, una forma drammatica, netta, chiara e graziosa, esattamente adatta allo spirito della nostra razza. L’illustre morto non ci lascia completamente; noi lo ritroveremo domani nelle sue partiture dove ha messo il meglio del suo pensiero e che, secondo il suo commovente desiderio, prolungheranno il fervente affetto dei suoi ammiratori”. (fine della seconda e ultima parte)