Belluno, Teatro Comunale
“IL FILOSOFO DI CAMPAGNA”
Dramma giocoso in tre atti di Carlo Goldoni
Musica di Baldassarre Galuppi
Eugenia ILARIA ZANETTI
Rinaldo MAX BALDAN
Nardo CÜNEYT ÜNSAL
Lesbina GIORGIA CINCIRIPI
Don Tritemio CARLO TORRIANI
Lena CAMILLA ANTONINI
Capocchio MATTEO MEZZARO
Mimo PIERFRANCESCO BOSCHIN
Ensemble Barocco dell’Orchestra Filarmonica del Veneto
Direttore Fabrizio Da Ros
Regia Carlo Torriani
Scene Mousiké Drama Workshop
Costumi Conservatorio Bruno Maderna di Cesena
Luci Carlo Torriani
Produzione Teatro Comunale di Belluno
Belluno, 23 ottobre 2012
Baldassarre Galuppi, detto il “Buranello”, fu uno dei compositori italiani piu’ ammirati ed idolatrati della metà del Settecento. I suoi drammi seri furono eseguiti ovunque, ma è nell’ambito dell’opera buffa che seppe dare il meglio. In particolare, dalla collaborazione con Carlo Goldoni, naque un tipo di opera vivace e genuina che da allora in poi prese il nome di “dramma giocoso”. E’ questo il caso de Il filosofo di campagna (rappresentato per la prima volta al Teatro di San Samuele a Venezia nel 1754) che il Teatro Comunale di Belluno, in collaborazione con la Schola Cantorum di Santa Giustina, ha scelto come opera inaugurale della propria stagione lirica. Opera emblematica del barocco veneto, di squisita scrittura orchestrale e di eleganza musicale sopraffina (e non dimentichiamoci del libretto spumeggiante ed inventivo di Goldoni) Il filosofo di campagna è giustamente considerato il capolavoro di Galuppi. L’esecuzione, integrale e nella versione originale in tre atti, era affidata all’Ensemble Barocco dell’Orchestra Filarmonica del Veneto diretta con proprietà e grande gusto dal M.° Fabrizio Da Ros. Ottimo in particolare il giovane clavicembalista Michele Vannelli. Ilaria Zanetti (Eugenia) mostrava una grande partecipazione emotiva ed un indubbio talento comico (divertentissimi gli scoppi di pianto isterico disseminati qua e là durante l’opera) ma la voce era aspra e non sempre gradevole. Molto meglio Max Baldan che impersonava Rinaldo con voce chiara e squillante ed acuti saldi, benchè non sempre intonatissimo nei recitativi. Il baritono turco dava vita ad un Nardo con ottima pronuncia italiana e giusta verve vocale e scenica. Giorgia Cinciripi era una Lesbina piccante e di ottima vocalità, mentre Camilla Antonini (Lena) era l’autentica sorpresa della serata per freschezza vocale, movenze da ballerina ed un timbro che puo’ far pensare alla giovane von Stade. Matteo Mezzaro era qua e là eccessivamente caricato, ma sicuro nell’intonazione ed estremamente divertente nella parte del vecchio notaro Capocchio. Completava il cast il buffo Carlo Torriani che raffigurava un Don Tritemio di volta in volta gaudente, arcigno, severo ed elegante con grande varietà d’accenti e sicurezza tecnica. Lo stesso Carlo Torriani curava la regia, tradizionale ma efficace, ambientata, da quanto ci è parso di capire, in un giardino a metà strada tra il palazzo di Don Tritemio e la casa di Nardo. Un giardino decadente con statue rovinate e colonne cadute, quasi a simboleggiare il passaggio ormai imminente dai valori della nobiltà a quelli della borghesia ai vertici dello stato. Tematica che, di lì a pochi anni, Beaumarchais renderà palese nella sua trilogia. Ottima la prova anche del mimo Pierfrancesco Boschin che di volta in volta diventava servitore di Don Tritemio o di Nardo (servitore di due padroni?) ed agiva, in fondo, come autentico deus ex machina di tutta la vicenda. Pubblico non foltissimo, ma applausi convinti al termine dello spettacolo.