Venezia, Teatro La Fenice, Stagione Sinfonica 2012/2013
Orchestra dell’Accademia del Teatro alla Scala
Direttore Yuri Temirkanov
Pëtr Il’ič Čajkovskij: Suite dal balletto Lo schiaccianoci.
Il castello magico sulla Montagna dei dolciumi; Arrivo di Clara e dello Schiaccianoci; Divertissement; La cioccolata – Danza spagnola; Il caffè – Danza araba; Il tè – Danza cinese; Trepak – Danza russa; Danza dei flauti; Mamma Cicogna e i Pulcinella; Valzer dei fiori; Pas de deux.
Modest Musorgskij: Quadri di un’esposizione, trascrizione per orchestra di Maurice Ravel.
Promenade; Gnomus; Promenade; Il vecchio castello; Promenade; Tuileries; Bydl⁄o; Promenade; Ballet des poussins dans leurs coques; Samuel Goldenberg und Schmuyle; Limoges, le marché; Catacombae. Sepulcrum romanum – Cum mortuis in lingua mortua; La cabane sur des pattes de poule (Baba-Yaga); La grande porte de Kiev.
Venezia, 22 ottobre 2012
L’Orchestra dell’Accademia del Teatro alla Scala, una delle eccellenze nella proposta didattica dell’istituzione scaligera, è arrivata al suo undicesimo anno di attività. Costituitasi nell’ambito dei Corsi di perfezionamento volti all’inserimento professionale di giovani strumentisti, si è esibita in prestigiosi teatri ed ha partecipato a vari festival in Italia e nel mondo, meritandosi il più vivo apprezzamento del pubblico e della critica. Ancora oggi è l’unica realtà che prepari gli allievi – sotto la guida di valenti musicisti e delle prime parti dell’Orchestra del Teatro alla Scala – ad affrontare un vastissimo repertorio: da quello sinfonico, a quello operistico, al balletto. I frutti di questo lavoro si sono potuti constatare nel corso del concerto svoltosi alla Fenice sotto la direzione di una stella di prima grandezza nel firmamento musicale internazionale, ancorché il suo splendore sia assolutamente scevro da manifestazioni di divismo nella vita come nell’arte: uno Yuri Temirkanov dal gesto sobrio ed essenziale quanto autorevole ed efficace a guidare dei giovani talentuosi strumentisti, che hanno risposto con precisione e comunanza di intenti nell’esecuzione di un repertorio particolarmente congeniale all’insigne maestro caucasico.
Dopo Il lago dei cigni, andato in scena nel 1877, e La bella addormentata, apparso nel 1890, Čajkovskij, su proposta del direttore dei Teatri Imperiali russi Ivan Vsevoložskij, compose un terzo balletto, Lo schiaccianoci, con la collaborazione del coreografo Marius Petipa (com’era avvenuto per il secondo). Il soggetto fu tratto da un adattamento di Alexandre Dumas padre del racconto Lo schiaccianoci e il re dei topi di E. T. A. Hoffmann. La première si svolse il 18 dicembre 1892 al Teatro Mariinskij di San Pietroburgo, con straordinario successo, preceduta (il 7 marzo dello steso anno) dall’altrettanto trionfale esecuzione della prima delle Suite per orchestra, tratte dall’opera. Con Čajkovskij il balletto, da mero spettacolo d’intrattenimento, diventa una creazione musicalmente organica e coerente, in cui anche l’elemento decorativo si integra in modo perfetto. Questo vale, a maggior ragione, per le relative Suite da concerto, che rivelano, indubbiamente, di sapersi reggere anche senza l’apporto visivo e di avere pari dignità rispetto ai lavori sinfonici “puri”. Čajkovskij trasse dallo Schiaccianoci due suite, ma per l’occasione ne è stata proposta una terza, corrispondente in gran parte ai numeri del secondo quadro.
Il maestro Temirkanov, con la peculiare sobrietà del gesto, ha saputo evocare la la magia dei timbri e delle melodie, che caratterizzano un’orchestrazione raffinatissima, impreziosita dalla presenza di strumenti eminentemente coloristici come il glockenspiel e la celesta, facendo sentire ogni particolare pur senza mai perdere di vista l’insieme. I giovani strumentisti dell’orchestra dell’Accademia della Scala si sono rivelati all’altezza di una partitura tanto ricercata e di un conduttore tanto sensibile: perfetti attacchi, suono armonioso e lussureggiante, precisione ed espressività delle parti solistiche. Le trombe si sono, in particolare, segnalate per la brillante rotondità del suono nella Danza spagnola come nel Pas de deux conclusivo; gli archi con le loro trine e i legni con i loro interventi dolcissimi sul pedale di viole, violoncelli e contrabbassi nella Danza araba. Perfetta intesa e leggerezza di tocco nella Danza dei flauti come nel celeberrimo Valzer dei fiori, reso da Temirkanov senza sdolcinature, sottolineando energicamente il lirismo struggente dell’episodio centrale, dove si è sentito uno strordinario amalgama di viole e violoncelli. Scroscianti applausi dopo la fine della Suite, mentre il direttore segnalava le parti più meritevoli.
Passando al secondo titolo in programma, come si sa, Maurice Ravel nel 1922, accogliendo l’invito del direttore d’orchestra Sergej Kussevitskij, intraprese la trascrizione per orchestra dei Quadri di un’esposizione, un’opera composta da Musorgskij per pianoforte e diffusa, come altri lavori del geniale autore del Boris, nella versione “corretta” da Korsakov. Ravel assolse al suo compito da par suo, donandoci uno dei pezzi da concerto più raffinati ed esaltanti, dove rivela tutta la sua sensibilità coloristica e strumentale, per quanto la mediazione korsakoviana lo abbia allontanato dal pianismo originale di Musorgskij, talora aspro e percussivo, e perciò stesso profeticanmente rivolto al futuro. La composizione di Musorgskij-Ravel, pur nella sua suddivisione in tableau, ha uan sua coerenza interna. L’elemento unificante è la Promenade, proposta più volte in forma variata e parte integrante del n.8, la quale contribuisce a rendere esplicita la successione tonale dell’intera composizione, che parte dalla dominante e arriva alla tonica nella Grande porta di Kiev. Anche in questo pezzo, che contempla passaggi solistici alquanto impegnativi, i giovani orchestrali hanno dimostrato una promettente padronanza tecnica: segaliamo la prima tromba (cui perdoniamo una piccola incertezza nell’esposizione della prima Promenade), molto espressiva nel quadro raffigurante Samuel Goldemberg e Schmuÿle e in Catacombae, nonché il basso tuba, sempre intonatissimo, che ha trovato la giusta pesantezza elefantiaca in Bydlo. L’insieme (a parte piccole veniali incertezze) ha brillato, ovviamente, nella Grande porta di Kiev, dove si è sentito il suono corposo e materico della pur sempre raffinatissima orchestrazione raveliana. Mai retorico, Temirkanov ha reso con adeguate sottolineature i colori e la dinamica di questo pezzo davvero monumentale e sempre galvanizzante per il pubblico. La serata si è degnamente conclusa con sonori festeggiamenti per tutti, ma in particolare per la prima tromba, il basso tuba e, doverosamente, per Temirkanov.