Siena, Teatro dei Rozzi: Ensemble “L’Arpeggiata” diretto da Christina Pluhar

Siena, Teatro dei Rozzi, Sienafestival 2012
“LA TARANTELLA”
Ensemble L’Arpeggiata
Tiorba e direzione Christina Pluhar
Voce Vincenzo Capezzuto
Teatrodanza Anna Dego
Chitarra battente, chitarra barocca Marcello Vitale
Cornetto Doron Sherwin
Contrabbasso Boris Schmidt
Percussioni David Mayoral
Clavicembalo, organo Haru Kitamika
Maurizio Cazzati:Ciaccona
Tradizionale: Stu’criatu (Tarantella del Gargano)
Athanasius Kircher: Tarantella napolitana, Tono hypodorico
Tradizionale della Puglia: Pizzicarella mia (Pizzica)
Tradizionale della Puglia, Athanasius Kircher: La Carpinese (Tarantella del Carpino)
Anonimo del XVII secolo: Improvvisazioni sui temi della Bergamasca e del Canario
Marcello Vitale:Tarantella a Maria di Nardo’
Nicolas Matteis: La dia Spagnola
Tradizionale: Tu bella ca’ lu tieni (Tarantella)
Tradizionale/ Athanasius Kircher: Tarantella Italiana
Antonio Soler: Fandango
Girolamo Kapsberger: Toccata L’Arpeggiata
Claudio Monteverdi: Lamento della Ninfa
Antonio Bertali: Ciaccona
Marcello VitaleL: Moresca
Pandolfo Mealli: La Vinciolina
Anonimo del XVII secolo: Homo fugit velut umbra (Tarantella)
Andrea Falconiero: La Suave Melodia
Tradizionale: Lu Passariellu (Tarantella Pugliese)
Athanasius Kircher: Antidotum Tarantulae
Barbara Strozzi: Che si può fare
Tradizionale griko: Agapimou fidela protini
Siena, 13 ottobre 2012
Quando si parla de L’Arpeggiata è difficile etichettare questo ensemble sotto un preciso genere o periodo musicale. Il suo punto di forza è una capillare ricerca filologica che va di pari passo con una continua ricercata contaminazione fra le varie espressioni artistiche e i generi musicali riuscendo a conciliare quella popolare con quella colta propriamente detta.Nel concerto offerto a Siena nella splendida cornice del Teatro dei Rozzi, edificato dall’omonima Accademia nel 1804 su progetto di Alessandro Doveri, la tarantella è un filo rosso che attraversa espressioni artistiche e popolari dell’Europa mediterranea trovando come epicentro temporale il XVII secolo.
Ad Athanasius Kirchner (teorico gesuita del ‘600 che ha vissuto prevalentemente a Roma) si devono i primi esempi scritti della tarantella giuntici, i quali contengono una serie di bassi ostinati che si rintracciano nella musica popolare del meridione italiano. Sono da attribuire a lui una serie di trascrizioni presenti anche nel concerto in oggetto come la Tarantella napolitana, La carpinese, la Tarantella italiana, tutte varianti di questa danza tradizionale che, insieme agli altri “dialetti” riscontrabili nella Tarantella del Gargano, nella Tarantella a Maria Nardò, in “Tu bella ca’ lu tieni”, “Homo fugit velut umbra” e in “Lu passariellu” trovano un’ancestrale origine nella taranta e nella pizzica pugliese che custodiscono il germinale tema della Folia d’España, quel leitmotiv che infiamma la cultura musicale barocca e a cui quasi ogni autore si è accostato prima o poi. Una volta esplorato così dettagliatamente il panorama italiano l’attenzione si sposta su quelle origini che hanno permesso il fiorire di un così vivace panorama, zoomando sulla penisola iberica del “Siglo de oro” della “Ciaccona” e  del “fandango” (giunti in Italia con la dominazione spagnola) e della moresca (asportata in Spagna dagli arabi e da lì anch’essa giunta in Italia), alle quali si affiancano “La dia spagnola”, “La vinciolina”, “La suave melodia” fino a spingersi in quell’enclave ellenica che trova asilo nel grembo del Salento e, contraddistinguendosi nella varietà linguistica del griko, emerge in questo concerto con “Agapimou fidela protini”. Non si tralasciano, infine, momenti di musica colta secondo le forme votate al gusto barocco come l’improvvisazione qui applicata alle danze della bergamasca e del canario, della toccata e del declamato.
Raffinata la direzione di Christina Pluhar alla tiorba che si impone per poesia, compostezza, gusto ricercato; interessanti soprattutto nelle variazioni gli interventi di Doron Sherwin al cornetto; coinvolgente, verace e a tratti ipnotico Marcello Vitale con la chitarra battente e la chitarra barocca. Viscerale, travolgente, atavica, convulsamente catartica Anna Dego che ha infiammato il palco con travolgenti passi di taranta; strabordante di pathos e celestiale la limpida vocalità di Vincenzo Capezzuto, che si fa apprezzare anche nel monteverdiano “Lamento della ninfa” e nell’aria “Che si può fare” di Barbara Strozzi: una ventata di purezza su un’impetuosa onda di forti emozioni. Sono doverosi da menzionare anche i contributi di Boris Schmidt al contrabbasso, David Mayoral alle percussioni e di Haru Kitamika al clavicembalo e all’organo.
Un pubblico immedesimato nelle musiche tributa un successo alla serata ad un ensemble che ha il grande merito di rompere gli schemi della tradizionale concezione di fruizione musicale (verso la quale dobbiamo prendere atto di ormai sopraggiunta vetustà) aprendosi a sempre nuovi input grazie ai quali si riescono sapientemente a mettere insieme la musica colta e quella popolare con la danza, il teatro, l’improvvisazione in un abbraccio tra le arti che trionfa in tutta la sua sintonia. Nel video che segue, uno splendido concerto che porta il titolo dell’ultimo album “Los Pajaros Perdidos” e che ci offre un particolare sguardo sulla musica del Sud America, in attesa del prossimo cd che sarà invece dedicato a un programma “Mediterraneo”.