Venezia, Teatro Malibran
Orchestra del Teatro La Fenice di Venezia
Direttore Maurizio Dini Ciacci
Fagotto Marco Scidà
Soprano Ilenia Tosatto
Violino Giovanni Andrea Zanon
Pianoforte Lorenzo Bagnati, Wanyi Zang
Carl Maria von Weber: Concerto per fagotto e orchestra in fa maggiore op. 75
Vincenzo Bellini: I Capuleti e i Montecchi:«Oh! quante volte, oh! quante»
Pablo de Sarasate: Capricho vasco op. 24
Wolfgang Amadeus Mozart: Concerto per pianoforte e orchestra in do maggiore KV 246 Lützow
Robert Schumann: Concerto per pianoforte e orchestra in la minore op. 54
Venezia, 27 ottobre 2012
Una serata all’insegna della musica, del talento, della giovinezza: vari generi di musica in programma, diversi talenti e temperamenti in questi precoci allievi del Conservatorio Benedetto Marcello, certamente accomunati dalla passione, dallo studio, dalla disciplina, grazie a cui soltanto le loro indubitabili doti hanno potuto produrre esiti così evidenti e promettenti. Il merito va, com’è ovvio, anche ai loro insegnanti, nonché a tutti coloro che hanno reso possibile questa manifestazione, giunta ormai alla sua dodicesima edizione, costituendo un arduo banco di prova per docenti e discenti, che accettano la sfida di misurarsi con i grandi interpreti del panorama internazionale, assieme ai quali suona abitualmente l’orchestra del Teatro La Fenice, per questa gradevolissima occasione guidata all’autorevole gesto di Maurizio Dini Ciacci. Un’occasione, tra l’altro, per dimostrare come l’alto livello artistico non sempre si coniughi con i cachet astronomici destinati d’abitudine a certi mostri sacri, che magari, tra un aereo e l’altro, non hanno il tempo di partecipare alle prove con effetti non proprio esaltanti sulle loro performace … Un esempio di lungimirante politica culturale e uso oculato delle risorse come ancora troppo raramente avviene nell’arcano universo musicale di questo nostro Bel Paese.
Sicuro e preciso Marco Scidà nell’impegnativo Concerto per fagotto e orchestra di Carl Maria von Weber, che mette in rilievo le variegate caratteristiche timbrico-espressive dello strumento. Nell’Adagio ma non troppo il giovane solista ha scandito con spigliatezza il ritmo puntato del primo tema, facendosi languidamente lirico nel secondo, per poi riproporre entrambi i temi tra passaggi di carattere virtuosistico o melodico. Morbido e pensoso nell’Adagio sulle delicate armonie degli archi, ineccepibile nella cadenza. Mirabolante nel Rondò, anche qui, tra arditezze tecniche, affrontate con sicurezza, e frasi di carattere cantabile.
Nella romanza tratta dai Capuleti e i Montecchi di Bellini hanno colpito le qualità vocali – certamente non del tutto “mature”, ma estremamente promettenti – di Ilenia Tosatto, che dopo una straordinaria introduzione intonata dal corno con sonorità morbida ed espressiva, ha fatto sentire una bella voce “naturale” di soprano lirico ferma, cristallina, omogenea nei vari registri, offrendo un’interpretazione appassionata, e nel contempo “governata” con intelligenza e musicalità, di questa pagina tanto ricca di pathos, concepita dal grande musicista catanese.
Portentoso il quattordicenne Giovanni Andrea Zanon, che visibilmente emozionato, ha tuttavia trovato, subito dopo il segnale d’attacco del direttore, la grinta necessaria ad affrontare il virtuosismo spericolato del Capricho vasco di Pablo de Sarasate: dal ritmico tema della prima parte, nitido e brillante, al tema con variazioni della seconda, dove ha dimostrato assoluta padronanza tecnica dello strumento anche nei passaggi più difficili, che contemplavano sequenze di seste o di ottave o, ancora, di note sopracute, rese, le une e le altre, con perfetta intonazione, meritandosi il plauso anche della stessa sezione orchestrale degli archi, che battevano l’archetto sul leggio.
Un altro quattordicenne, Lorenzo Bagnati, poco più che un bambino, ha letteralmente impressionato il pubblico per l’impegno, la concentrazione, il vero e proprio rapimento con cui ha interpretato il Concerto per pianoforte e orchestra in do maggiore KV 246 Lützow di Wolfgang Amadeus Mozart, scritto nel aprile del 1776 e dedicato alla giovane Antonia, seconda moglie del conte Lützow, comandante della fortezza di Hohensalzburg, e raffinata pianista. Il giovanissimo interprete era perfettamente a suo agio nell’affrontare la parte solistica, la quale, se non è molto impegnativa tecnicamente, richiede pur sempre l’agilità, la freschezza, la leggerezza, che si confanno all’esecuzione di questo gioiellino creato da un Mozart ventenne. Dopo l’introduzione orchestrale, in cui spiccava il suono brillante dei violini e degli archi in genere, insieme a suggestivi contrasti dinamici, il dotatissimo allievo ha attaccato il tema che caratterizza l’Allegro aperto iniziale, con estrema sicurezza, sgranando note dal timbro rotondo e sottolineando adeguatamente i momenti brillanti e, rispettivamente, quelli lirici. Dopo il dolce pathos dell’Andante, ha espresso pienamente la grazia non priva di carattere del Rondeau: Tempo di menuetto. Ma il precoce interprete ha brillato in modo particolare nelle due cadenze, nel primo e nel secondo movimento, dando dimostrazione piena di padronanza dello strumento e grande sensibilità musicale, soprattutto se rapportate all’età.
Ormai maturo e scaltrito, il pianismo di Wanyi Zang ci ha consegnato un Concerto per pianoforte e orchestra di Robert Schumann, che può reggere il paragone con quelli tramandatici da ben più navigati interpreti, complice il maestro Dini Ciacci, che lo ha accompagnato con puntuale partecipazione in un’esecuzione intensa, eppure senza eccessi, con una cura tutta particolare del suono, un’agilità, una leggerezza, un nitore e, dove occorre, un’energia, che hanno messo in valore il carattere innovativo e peculiare di questo lavoro, cui Schumann si dedicò con prolungato impegno, dove il pianoforte non si atteggia mai a prima donna, come ad esempio avviene nei due concerti di Chopin, ma è nobilmente Primus inter pares, in un continuo, struggente dialogo con l’orchestra. Dopo la strappata iniziale di quest’ultima, Wanyi Zang ha fatto risuonare con gesto imperioso la cascata di accordi con cui il pianoforte solo interviene in questo primo movimento, caratterizzato da un latente monotematismo, essendo il secondo tema una variazione del primo. Veramente incantevole, a metà del movimento, il dialogo del pianoforte con l’orchestra, in particolare con i due flauti e il clarinetto, dopodiché si susseguono la ripresa, l’articolata cadenza, affrontata dal giovane pianista con provetta bravura e indipendenza delle mani, e, infine, la coda.
Nell’Andantino grazioso l’interprete ha saputo esprimere tutta la cantabilità di questa pagina, nella cui parte centrale gli hanno corrisposto con affiatato sentimento i violoncelli, e poi il clarinetto e le viole, interrotti da reiterate perorazioni del pianoforte. Il quale ha condotto con esemplare precisione e spigliatezza, attraverso una straordinaria successione armonica e timbrica, all’ultimo tempo, in buona parte tematicamente affine al primo: l’Allegro vivace, animato da grande varietà ritmica e audaci figure del pianoforte che, assecondato dall’orchestra, ha concluso degnamente il capolavoro schumanniano. Entusiastici i saluti del pubblico, rivolti a questi giovani musicisti, cui non si può che augurare una brillante carriera.